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Quarta tappa del Sinodo, nuova lectio di padre Sergio Sala. La riflessione di ieri è incentrata sull’incontro tra Pietro e Cornelio: un episodio di «straordinaria importanza» che segna una svolta nelle prime comunità cristiane.
Dopo aver concluso anche il terzo mese di lavori, il cammino sinodale dell’arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova è ripartito, mercoledì scorso, dalla quarta tappa diocesana. Presso la Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, padre Sergio Sala della Compagnia di Gesù ha animato anche questo momento di incontro con i rappresentanti delle comunità parrocchiali della comunità diocesana. In particolare, il gesuita ha impostato la sua riflessione sull’incontro a Cesarea tra l’apostolo Pietro e il centurione romano Cornelio, primo fra i pagani a convertirsi al Cristianesimo.
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L’episodio narrato nel capitolo 10 e nella prima parte del capitolo 11 del libro degli Atti degli apostoli è un evento di «straordinaria importanza». Non solo per la sua lunghezza, «ma soprattutto – ha ribadito il religioso gesuita – per il fatto di essere ripetuto tre volte». E questo, nella Bibbia, è appunto «indice di straordinaria importanza». Altro elemento di similitudine con una altra grande conversione di cui racconta l’autore degli Atti degli apostoli, quella di san Paolo sulla via di Damasco. C’è una doppia prospettiva che emerge da queste vicende e che caratterizzerà da lì in avanti tutta la Chiesa. Se da un lato si registra la conversione al cristianesimo di Paolo e Cornelio, dall’altra si può parlare di «conversione al paganesimo di Pietro». Quella conversione all’uomo di cui parla Enzo Gatti, per cui «Dio ama tutti allo stesso modo». Non fu un processo semplice, accogliere i pagani nella Chiesa delle origini, come lascia intendere del resto lo stesso Luca nel suo racconto.
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Non mancarono resistenze da parte dello stesso Pietro che ancora oggi, ha aggiunto il gesuita, «sono un monito per la Chiesa: esistono ed esisteranno sempre, ma vanno superate. Anche noi dovremmo dire medamós, guai a noi, se ci chiudiamo nelle nostre idee teologiche, nei nostri riti e nelle nostre norme». Come per Pietro ed i primi cristiani si è trattato di una svolta radicale di prospettiva («cambiava la visione delle cose»), a parere di Sala, il Sinodo dovrebbe servire proprio a questo: «discutere di un cambio di prospettiva, più che affrontare problemi singoli che vanno trattati nelle sedi opportune». Alla base di tutto, c’è sempre la volontà di Dio «che non fa differenze di persone». È il termine “scandalo” ad accompagnare la fine della riflessione. Pietro «che prima era rimasto scandalizzato dalla voce di Dio», ricorda Sala, «ora scandalizza i suoi fratelli tradizionalisti che lo contestano». Dal passato al presente, ha detto ancora il gesuita, «nemmeno papa Francesco sembra preoccupato di scandalizzare gli ipercredenti, i tradizionalisti. Se la Chiesa fosse preoccupata di non scandalizzare i potenti e quelli che si ritengono nel giusto, tradirebbe il Vangelo».
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