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È stato presentato a Palazzo Grazioli, a Roma, l'ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia: una fotografia dettagliata della minaccia criminale nel Paese e delle sue ramificazioni globali, con un focus allarmante sulla capacità della ’ndrangheta di infiltrare l’economia legale e stringere alleanze trasversali.
La relazione 2024 della Direzione investigativa antimafia (DIA), presentata dal suo direttore, generale Michele Carbone, rappresenta un importante aggiornamento sull'evoluzione delle organizzazioni mafiose italiane. Tra queste, è la ’ndrangheta calabrese a emergere per la sua straordinaria adattabilità e la forte vocazione imprenditoriale. Definita “proteiforme”, la ’ndrangheta si è confermata protagonista indiscussa nel narcotraffico internazionale e nelle operazioni di riciclaggio su vasta scala, consolidando la propria presenza non solo in Calabria ma anche nel Centro-Nord Italia e all’estero.
Il modello operativo delle cosche prevede l’acquisizione silenziosa di imprese in crisi, attraverso iniezioni di liquidità finalizzate a subentrare nella governance e negli asset proprietari. Questo consente il riciclo dei proventi illeciti e l'espansione in settori legali, intaccando le dinamiche sane dell’economia.
Il generale Carbone ha sottolineato un fenomeno inquietante: la complicità di alcuni imprenditori che, pur consapevoli delle infiltrazioni mafiose, scelgono di ignorarle per convenienza, in una sorta di “cecità volontaria”. Le tangenti vengono coperte da fatture fittizie, trasformando le vittime in complici del sistema.
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Parallelamente, si registra una crescente capacità delle mafie di stringere patti con funzionari pubblici infedeli, rafforzando la penetrazione criminale nei gangli dell’amministrazione e negli appalti pubblici.
La relazione documenta anche l’espansione globale della ’ndrangheta, favorita in passato da una sottovalutazione internazionale del fenomeno. Le cosche si sono stabilite in Europa, America e Australia, mantenendo relazioni con mafie straniere e sviluppando modelli di business criminale su scala internazionale, come dimostrano le recenti inchieste Assedio, Hydra e URA.
Il documento pone l’attenzione su una dinamica preoccupante: il reclutamento giovanile attraverso la fascinazione esercitata dai social network, che veicolano modelli devianti di successo, lusso e potere mafioso. Le cosiddette “baby gang”, sempre più presenti in città come Napoli, rappresentano una minaccia concreta al tessuto sociale.
La DIA evidenzia l’uso persistente del denaro contante, che garantisce anonimato e potere nei territori. Parallelamente, le mafie si servono di strumenti digitali avanzati, come criptovalute, piattaforme cifrate e intelligenza artificiale, per eludere i controlli e rafforzare i propri traffici illeciti.
La prevenzione amministrativa è uno dei capisaldi dell’azione della DIA. Nel 2024 sono state emesse 764 interdittive antimafia, con un aumento del 13% rispetto al 2023. Ben 1/3 di questi provvedimenti ha riguardato la ’ndrangheta, a conferma della sua capacità di infiltrarsi nell’economia legale, soprattutto nelle regioni del Nord.
Il documento evidenzia anche l’uso crescente della prevenzione collaborativa, uno strumento che consente, in caso di collaborazione e discontinuità rispetto al passato, il reinserimento delle imprese nel circuito sano.
Il generale Carbone ha offerto una lettura d’insieme delle dinamiche mafiose, affermando che «le mafie cambiano colore ma non DNA: il loro volto imprenditoriale è solo un nuovo abito per una violenza antica». In questo contesto, la ’ndrangheta si conferma come la più dinamica, pervasiva e globalizzata tra le organizzazioni mafiose italiane.
Una sfida che, come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, va affrontata con continuità e determinazione, cogliendone le metamorfosi e le nuove zone grigie in cui si annida la criminalità organizzata.
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