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Ai tempi del renzismo, si sa, un tweet non fa primavera. Eppure, in riva allo Stretto, il sindaco Giuseppe Falcomatà non perde occasione di alzare i decibel dello scontro dialettico con il governo Gentiloni. Un cambio di ritmo inatteso, (in verità) solo per alcuni. Se per ventiquattro mesi Falcomatà ha mostrato orgoglioso la spilla nella sua giacca del renziano doc, oggi quella “medaglia” probabilmente lo punge più del dovuto. Eppure nell'esecutivo romano, oggi più che mai, la Città – sponda Pd – ha un suo eminente rappresentante nel super-ministro dell'Interno (il reggino doc), Marco Minniti.
Allora perché questo Governo è diventato «meno amico» della città? Così pare leggendo le recentissime sortite pubbliche del sindaco. Infatti, Giuseppe Falcomatà ha ripescato nel mazzo degli hashtag la parola «scippo» riferendosi al paventato spostamento della sede nazionale dell'Agenzia dei Beni Confiscati. Eppure fu uno degli scopellitiani di ferro, Oreste Romeo, nel novembre 2015 a parlare di «ennesima spoliazione del nostro territorio» biasimando l'allora ministro dell'Interno, Angelino Alfano, capo-partito dello stesso Scopelliti nell'Ncd. Nel gioco delle parti, oggi, Falcomatà sembra attaccare il suo dante causa presso il governo romano, Marco Minniti, a difesa di un diritto acquisito da parte della città di Reggio Calabria proprio sotto i governi di centrodestra.
Una presa di posizione nettissima che è stata seguita da un'altra nota stampa al vetriolo. Questa volta il destinatario è il presidente dell'Enac, Vito Riggio, reo secondo Falcomatà di aver dichiarato la possibilità della chiusura dell'aeroporto dello Stretto definendolo «inutile». «Più che Reggio, quello inutile è Riggio» ha titolato il sindaco della Città dei Bronzi. Un attacco diretto, senza fronzoli. Nemmeno il criticatissimo (dallo stesso Falcomatà) Giuseppe Raffa si era mai spinto a tanto, quando - all'epoca azionista di maggioranza della fallita Sogas in qualità di presidente della Provincia – fece addirittura una raccolta firme per il “Tito Minniti”: «Giù le mani dall’aeroporto. Nessuno si azzardi, - diceva Raffa nell'agosto 2012 - a mettere in discussione l’esistenza del nostro scalo aereo». Dal Governo Monti a quello Gentiloni: è passato un lustro, ma i temi sono sempre gli stessi.
Ma dove sono finiti i toni «belli e gentili» del giovane Falcomatà? All'aggressività verbale del centrodestra, il sindaco, eletto nel 2014 dopo la gestione commissariale, aveva sempre preferito la sobrietà. Una scelta - spiegava - contro l'insipienza politica dei suoi predecessori. In effetti, ai silenzi ricevuti da Raffa, il sindaco Falcomatà ha aggiunto un nuovo risultato: la risposta polemica di Riggio. «Ho solo proposto una riflessione. Capisco – ha affermato il numero uno degli aeroporti italiani - che per qualcuno questa attività, il riflettere, è uno sforzo molto difficile, ma bisogna farlo».
Eppure Falcomatà non può essere definito assolutamente uno sprovveduto. Riggio rappresenta il Governo (e lo fa con una continuità “straordinaria” da Prima Repubblica). La sensazione è che Falcomatà si senta improvvisamente “estraneo” a casa sua, in quel Partito Democratico che ha scelto e votato Matteo Renzi come grande capo. Un brusco risveglio per l'enfant prodige della politica calabrese, uno spettro che ha un nome e un cognome: Angela Marcianò. L'azzeccato assessore tecnico ai Lavori Pubblici (di cui va riconosciuta la paternità politica allo stesso Falcomatà) è entrata nei magici dodici della segreteria nazionale del Pd. Un ruolo che Falcomatà si era cucito addosso, con tanto di passeggiate invernali con l'ex premier sul lungomare intitolato al padre, l'indimenticato Italo. Una scelta certamente non condivisa quella sulla Marcianò, come confermano i ben informati, che ha fatto svanire l'idillio tra Renzi e Falcomatà.
La fase-due dell'amministrazione Falcomatà, quindi, riparte dalla difesa dei simboli di Reggio Calabria (aeroporto e Agenzia nazionale dei beni confiscati). Una scelta partitica prima di tutto, di primogenitura sulla corrente renziana in riva allo Stretto. Così la politica cittadina rischia di diventare “ostaggio” (dopo un lungo e ingiustificato letargo) della torrida estate elettorale per le prossime elezioni politiche previste per il prossimo ottobre. Se una volta si gareggiava per un posto al sole in Calabria, adesso si sgomita per un posto nel listino verso Roma.
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