Avvenire di Calabria

La donna che aveva subito umiliazioni da ragazza a causa del carattere ribelle morì a soli 23 anni appena presi i voti

Rosella Staltari, la donna emarginata che Cristo chiamò

Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Inizio d’anno all’insegna della commemorazione della figura di Rosella Staltari, religiosa originaria di Antonimina, in provincia di Reggio, appartenente all’ordine delle Figlie di Maria SS. Corredentrice. Orfana di madre, Rosella viene accolta in un collegio dove frequenta le scuole fino alla licenza professionale. Trasferitasi a Reggio Calabria presso l’Istituto “Maria Mater Divinae Gratiae” ottiene il diploma per segretaria di azienda e l’abilitazione alla scuola materna. Nel 1973, Rosella emette i voti temporanei presso le Figlie di Maria SS. Corredentrice.

Il 4 gennaio 1974, a soli 23 anni, muore improvvisamente a Palermo dove era stata inviata come insegnante alla scuola materna. Alla chiesa di Gesù e Maria a Reggio, celebrando il giorno della sua nascita al cielo, don Nuccio Cannizzaro, parroco della chiesa di San Giorgio al Corso, durante l’omelia ha offerto ai fedeli uno spaccato della vita di Rosella: «Prima, riconosciuta con un numero, poi, essere chiamata per nome. Questo passaggio è coinciso con quello della sua vocazione. Persona si diventa perché Dio ti chiama per nome, davanti a lui, nessuno è un numero, un oggetto». Don Cannizzaro ha voluto ricordare che «Rosella, chiamata per nome, riconosce il Signore e lo segue nella via della consacrazione religiosa che è contemporaneamente via di martirio e di santità.Nel recente passato abbiamo riflettuto su ciò che è significato per Rosella essere donna del Sud.
 
Essere cioè una persona che deve lottare contro l’emarginazione, il pregiudizio, la maldicenza che sono habitus mentali di noi calabresi». «La sua condizione di ragazza orfana e povera, la poneva in una situazione di oggettiva emarginazione, la faceva vivere in una sorta di sudditanza psicologica ed affettiva – ha ribadito don Cannizzaro –. Solitudine, incomprensioni maltrattamenti, sono stati il suo inferno per molti anni. Ha vissuto, forse senza saperlo, la condizione e la vita delle donne del Sud degli anni a ridosso della fine della seconda guerra mondiale. Donne senza volto, donne senza diritti e dignità, “donne–numero” e basta. Si, perché nel collegio di Locri Rosella era solo un numero e niente più. Come ad Auschwitz, come in tanti campi di detenzione e di tortura. Solo che allo Scannapiego di Locri non c’erano torture e violenze, ma quella sottile e impalpabile ingiustizia che avvolge i deboli e i poveri e che li fa essere solo numeri e nulla più» ha spiegato il sacerdote nella sua omelia. Il suo percorso spirituale, a distanza di tanti anni, può essere anche di esempio per tanti giovani che sono alla ricerca del senso della loro vita. «Rosella aveva avuto dalla vita solo delusioni, emarginazioni e disprezzo – aggiunge il parroco di San Giorgio al Corso –. Aveva motivi per ribellarsi, di rifugiarsi nella droga, o nella prostituzione come atto estremo di contestazione di quella società che la emarginava e non le dava alcuna speranza. Non lo ha fatto. L’incontro con Dio le ha cambiato la vita». Esempio di donna che soffre con Cristo accanto, come tante ancora oggi maltrattate e violate.

Articoli Correlati