Genitorialità in carcere, in Calabria ancora troppi limiti
La tutela dei diritti delle persone detenute, con particolare riguardo alla genitorialità e alla condizione
L’Associazione degli ex consiglieri regionali della Calabria apre uno spazio di riflessione sulla sanità in uscita, ultima frontiera per garantire un diritto equo alla salute. Tanti gli spunti di riflessione offerti in esclusiva da Rubens Curia, Ubaldo Schifino e Enzo Pisano ai lettori di Avvenire di Calabria.
Sanità in Calabria, idee per il riordino-rilancio di un settore vitale in assoluto, quindi più a cuore ai cittadini, che assorbe il 70% del bilancio della Regione. L’obiettivo è mettere in evidenza non tanto la sua “desertificazione”, ma le sue “buone pratiche” che alimentano la speranza di una Calabria all’avanguardia, in primis nella Medicina del Territorio (MdT).
Per capirne di più rivolgiamo alcune domande al dottor Rubens Curia, portavoce regionale di “Comunità competente” di pazienti, operatori sanitari e familiari, con sede a Lamezia Terme, che coinvolge circa cento realtà pubbliche e private del settore impegnata, dal 2019, a valorizzare la MdT, non trascurando le strutture sanitarie intermedie e la rete ospedaliera.
Curia è medico e scrittore, con alle spalle una carriera di medico di medicina generale, ospedaliero e dirigente della prevenzione per la Regione Calabria, a riposo dal 2013.
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Dopo più di dieci anni di commissariamento sanitario, la politica calabrese ha ancora voce per trasformare la desertificazione della Sanità regionale?
Credo che la politica e le classi dirigenti siano in gran parte responsabili della grave situazione in cui si trova il Servizio sanitario regionale perché si sono attardate a difendere un “sistema salute” che fino agli anni ‘80 aveva dato discrete risposte ai bisogni dei calabresi non rendendosi conto che aumentava l’aspettativa di vita delle persone, si affermava una nuova sensibilità verso prevenzione in special modo tra le donne e tra gli anziani.
Quanto ancora la Sanità calabrese resterà commissariata ed è necessario elaborare un nuovo PSR?
Nel mio ultimo libro “Per una sanità partecipata” nel commentare la puntuale sentenza 168/2021 della Corte Costituzionale in merito al Commissariamento della sanità calabrese, sottolineo che è la stessa Corte Costituzionale ad affermare che il Commissariamento deve cessare nel 2023 anche perché “il funzionario dello Stato” ha fallito il suo mandato in quanto, applicando la visione economicistica imposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha relegato la sanità calabrese negli ultimi posti nell’attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), incrementando, inoltre, l’IRAP e l’IRPEF fino ad oltre 100 milioni di euro l’anno a danno dei calabresi.
Per quanto riguarda la necessità di un nuovo Piano Sanitario Regionale (PSR), intanto abbiamo i compiti a casa assegnatici dal “Programma Operativo 2022/25” dove è importante implementare la “Rete Ospedaliera” e la “Rete Territoriale” sulle quali si è perduto troppo tempo nell’elaborazione.
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Quali scenari presenti e futuri della MdT e il loro peso nel nuovo PSR?
La Medicina territoriale è il primo nodo fondamentale di una filiera virtuosa che, tra i suoi nodi, vede le Strutture Sanitarie Territoriali Intermedie. Sono protagonisti i “Percorsi Assistenziali” che potevano essere attivati da ben 11 anni con le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) h 12 e le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) h 24 che favoriscono un nuovo protagonismo dei Medici di Medicina Generale (MMG), dei Pediatri di libera scelta (PLS), degli Specialisti Ambulatoriali Interni, degli Infermieri di Comunità, degli Assistenti Sociali, dei Fisioterapisti, delle Ostetriche.
La mancata attivazione di questi “Percorsi” ha comportato l’insufficiente sviluppo dell’Assistenza domiciliare integrata (ADI), per cui siamo inadempienti a questo LEA, lo spropositato accesso ai Pronto Soccorsi con oltre l’80% degli accessi inappropriati, il debole contrasto alle fragilità. È tempo di una “sanità in uscita” riprendendo l’affermazione di papa Francesco che parla di una Chiesa in uscita.
Crede nella “telemedicina”?
La medicina digitale, la telemedicina, l’assistenza da stazione remota, il teleconsulto sono finanziati da alcuni anni dagli “Obiettivi di PSN” e, adesso, anche il Pnrr li sosterrà economicamente. La telemedicina sarà un valido supporto per i MMG, i PLS e gli infermieri di comunità che dovranno essere validamente formati, come previsto dal Pnrr, tenuto conto di una medicina olistica che pone al centro la persona prima della malattia.
Quali sono le azioni da intraprendere per realizzare una complessiva fertilizzazione della Sanità calabrese?
Occorre un salto culturale dove si affermi un nuovo modello che pon- ga al centro prima la persona della malattia. La tutela della salute è trasversale a molti ambiti della politica, infatti è ormai acclarato da tempo che un ruolo fondamentale è svolto dai “determinanti sociali di salute”, che hanno posto la nostra Calabria tra le prime per pazienti con disabilità grave, per accessi ai Centri di salute mentale, per mobilità passiva e tanto altro.
Con il Pnrr e i finanziamenti vigenti cosa si può fare per migliorare il sistema sanitario?
Giustamente alcune Regioni, tra cui la Calabria, da molti anni chiedono di modificare il meccanismo di riparto del Fsn inserendo il parametro della deprivazione sociale che colpisce, soprattutto quelle del Sud, ma sono inascoltate. Alla Calabria sono stati assegnati importanti finanziamenti per la Sanità, che non sono stati spesi come nel settore dell’edilizia sanitaria dove oltre un miliardo di euro finalizzati alla costruzione di nuovi ospedali, di Case della salute, del restyling di poliambulatori e di ospedali sono ancora immobili.
Alcuni di questi finanziamenti risalgono al 1998, come è il caso del Presidio Ospedaliero di Locri. Ricordo, inoltre, gli 86 milioni di euro del 2019 finalizzati all’acquisto di apparecchiature medicali di cui ad oggi ne sono stati impegnati 21 milioni 677 mila euro, i Fondi annuali degli “Obbiettivi di PNS” e, ancora, i Fondi europei.
Si va un po’ lenti, tenuto conto che oltre il 70% delle apparecchiature è obsoleto. Qualcosa si è mosso in quest’ultimo anno, ma è necessario accelerare le procedure se vogliamo ridurre le “Liste d’attesa” e sostituire le tecnologie datate.
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È fiducioso sul futuro della salute dei calabresi l’ex assessore regionale alla Sanità Ubaldo Schifino. Dalla sua esperienza di consigliere regionale e di ex presidente dell’ASL di Crotone, è convinto che «una volta varato il nuovo Piano Sanitario Regionale (PSR) i calabresi non saranno più costretti a fuggire in altre regioni per curarsi. È indispensabile dare alla Calabria un nuovo PSR, perché è lo strumento ufficiale per il “governo” della Sanità, senza il quale regna il caos, lo spreco di risorse e prevale la malasanità».
A Schifino, non va dimentico, si deve l’approvazione della prima legge regionale di riordino delle ASL e il varo del primo PSR in Calabria. «È necessario un PSR serio, credibile, all’avan- guardia – prosegue l’ex assessore – per risolvere tutte le gravi criticità del si- stema, progettato da persone qualificate con esperienze nazionali che facciano “squadra” con i politici, per poi essere dibattuto in Consiglio regionale ed approvato, mi auguro, all’unanimità o quasi».
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Questo avvenne dopo l’approvazione della legge regionale che ha ridotto le 31 ASL a 11, nel rispetto della legge 833/78, e dopo redatto, in sei mesi, e da me presentato in Giunta e approvato dal Consiglio il PSR 1995/97, con la sola astensione dei due consiglieri del MSI.
«Le ASL furono ridotte per garantire aree funzionali omogenee e maggiori servizi più efficienti e con meno spese, così da fermare la mobilità al nord dei nostri cittadini per curarsi. Era un PSR in cui il rapporto pubblico-privato doveva essere competitivo ed equilibrato, dotandosi di un Osservatorio regionale per la verifica della sua stessa attuazione». «Il Piano del ’95 – precisa Schifino – fu redatto sulla base istituzionale ed organizzativa sanitaria di equità sociale e di distribuzione delle risorse in maniera equa».
Schifino non è un “nostalgico” ma pragmatico nel dire: «Bisogna coinvolgere gli organi del Consiglio regionale, le Commissioni nelle proprie funzioni, i Sindaci, i Sindacati e le espressioni della società. Il piano presentato sulle ipotesi di una nuova rete ospedaliera non può essere calato dall’alto. Deve rispondere a criteri che tengono conto delle popolazioni di arie omogenee e dei dati epidemiologici dei territori, che in questo piano non c’è: tre Hub-Dea di secondo livello e otto spole-dea e cinque ospedali. A cominciare della localizzazione delle Tre-Dea collocati tutti nell’area tirrenica e nell’area Jonica nulla».
«Si dimentica - puntualizza - che la Calabria e attraversata dalle montagne, che rendono difficile l’accesso delle urgenze. È giusto pensare al potenziamento degli ospedali, ma dev’essere equilibrato per aere e raggiungibili in breve tempo. Bene il ripristino di alcuni ospedali di zona dismessi con il reclutamento di nuovo personale, ma ciò va studiato, progettato da esperti e non solo da politici spesso con scarse esperienze. In Calabria abbiamo valide figure come il dottor Rubens Curia e il gruppo di “Comunità competente”, ed anche in Consiglio regionale queste non mancano, come la scienziata Amalia Bruni, vice presidente del- la Commissione, e Ferdinando Laghi, promotore di una recente proposta di riorganizzazione del SSR con finalità il riordino dell’assetto territoriale delle ASL. Perché non coinvolgerli nel nuovo riassetto della Sanità in modo da essere più condiviso e partecipato come lo fu il PSR del ‘95?».
L’ex assessore apprezza in parte gli sforzi dell’attuale governance regionale, ma non comprende, ad esempio, «la strategia dell’“Azienda Zero” con un bilancio da 3,2 milioni di euro solo per sei mesi di operatività nella gestione delle prenotazioni di visite specialistiche e del 118 accentrato a Cosenza, come anche l’immobilismo per contenere la fuga dei pazienti dalla Calabria, in particolare quelli oncologici. Basti pensare al 33% del debito complessivo della sola ASP di Cosenza dovuto alla “fuga per cure”, contratto con altre Regioni. Dati e circostanze che riempiono periodicamente le pagine dei giornali».
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di Enzo Pisano * - Dare alla Calabria un SSR adeguato alle necessità dei calabresi è così difficile ed emblematico da renderlo quasi impossibile? Molti sono gli anni passati invano durante i quali il sistema si è logorato e involuto con inefficienze, disservizi e disagi continui, causando una ulteriore migrazione sanitaria con tutti i danni conseguenti.
Se si analizza obiettivamente il “trascorso”, valutandolo serenamente e senza pregiudizi, emergono tutte le criticità. Gestioni sregolate, narcisistiche e dispendiose; incapacità evidenti, favoritismi e consolidamento di privilegi, abusi e storture. Spese folli e inutili, un malaffare diffuso in una giungla di approfittatori e speculatori.
Un disastro finanziario, organizzativo e gestionale inevitabile, tollerato e/o avallato da una burocrazia comunque agnostica rispetto alla funzione propria nel contesto specifico del settore (sanità). Un apparato amministrativo antiquato, metodologicamente perverso. Molti gli anni di commissariamento dei presunti tecnici-esperti (esterni alla Regione).
Una logica più di potere che di servizio, con una costellazione di figure intermedie votate alla difesa e consolidamento dei propri privilegi più che di un razionale e ordinato servizio. Il caos organizzativo dell’intero sistema ha vanificato lo sforzo di quanti (medici e operatori sanitari) hanno tentato di operare con impegno, coscienza e notevole qualità delle prestazioni.
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È partendo da quest’ultimo elemento che si può sperare e credere possibile recuperare tutto il tempo perduto, impiantando un sistema sanitario adeguato e funzionale alle necessità e ai bisogni dei calabresi.
Un servizio di alto livello qualitativo, mettendo a frutto tutte le eccellenze presenti nelle varie strutture pubbliche e private della regione, facendo emergere la professionalità e la competenza di tanti professionisti di valore. Cardiologia–Urologia nel crotonese; Neurochirurgia (Cosenza), Cardiologia, Cardiochirurgia e Polo Oncologico (Catanzaro), Centro Trapianti, Cure Leucemie Infantili e Ortopedia (Reggio Calabria) e tanti altri punti di servizi specialistici nei vari ospedali vantano esperienze e professionalità esplicite e consolidate con personale indigeno che vanno valorizzate, incentivate e sostenute.
Non manca la qualità endogena, quindi, né le opportunità finanziarie offerte anche dal PNRR. Considerato che la Sanità è un servizio per definizione e, come tale, non può parametrarsi a un’azienda in ordine al bilancio e alla razionalizzazione della spesa, che va comunque rapportata alle necessità reali del settore: riqualificazione e potenziamento strutturale in tutte le articolazioni del sistema con la dotazione completa di tutta la strumentazione e attrezzatura adeguata.
Sono questi elementi basilari per la pianificazione di un nuovo e moderno Servizio sanitario regionale. Si dice che «quello che accadrà in tutti gli altri giorni che verranno può dipendere da quello che farai tu oggi».
È un monito da considerare nel programmare con coscienza, senza manicheismi, avendo contezza delle negatività, smantellando un sistema perverso, sostenendo e incentivando le “eccellenze” e positività esistenti. Il sostegno finanziario straordinario va rapportato alle esigenze particolari di una regione come la Calabria, con una condizione geo-orografica, economica e sociale del tutto singolare che impone un solidarismo differenziato.
Nessuna limitazione programmatica. Implementare la “rete ospedaliera” e la “rete territoriale” con tutte le strutture di servizio, messe in atto contestualmente; dotazione completa di strumentazione e apparecchiature di avanguardia. Giusto e doveroso fare questo per i calabresi che meritano un servizio sanitario al pari degli altri.
* già presidente Commissione consiliare regionale antimafia
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