«Va bene tutto, però quella corona di spine Fiorello e Achille Lauro se la potevano risparmiare... Per noi cristiani, specie ora che è tempo di Quaresima, quella corona di Gesù ha un significato spirituale importante che non può diventare un momento di banalissimo spettacolo... Appena li incontro glielo dirò». È l'osservazione di don Pasquale Traetta, per gli artisti e gli addetti ai lavori semplicemente "don Ariston".
Il vescovo di San Remo-Ventimiglia, monsignor Antonio Suetta, ha dal canto suo confermato di aver ricevuto "tante segnalazioni di giusto sdegno e di proteste riguardo alle ricorrenti occasioni di mancanza di rispetto, di derisione e di manifestazioni blasfeme nei confronti della fede cristiana, della Chiesa cattolica e dei credenti, esibite in forme volgari e offensive" nel corso del Festival. Così, sulla spinta delle segnalazioni, il presule esprime "riprovazione e dispiacere", ma in ogni caso vuole confortare la fede “dei piccoli” e "dare voce a tutte le persone credenti e non credenti offese da simili insulsaggini e volgarità".
Quanto al premio Città di Sanremo, attribuito dal sindaco a Fiorello, "trovo che non rappresenti gran parte di cittadinanza legata alla fede e dico semplicemente 'non in mio nome'.
Con il vescovo si schiera la rete di associazioni Polis Pro Persona: monsignor Suetta "ha dato voce al sentimento di dolore di tanti, credenti e non credenti, per lo svilimento di simboli cristiani e per l’ostentata reiterazione di messaggi che contrastano con il rispetto di tutte le posizioni culturali. Con buona pace del servizio pubblico".
I ricordi del cappellano del Festival
Lo storico cappellano del Festival, don Pasquale Traetta, dopo ventidue edizioni, causa Covid è stato costretto, «con grande dispiacere» a disertare Sanremo 2021.
Così, lo rintracciamo a Montecarlo dove è stato chiamato dall’arcivescovo del Principato per compiere la sua attività pastorale nella diocesi monegasca. Prima assenza dal 1998, quando il vescovo di San Remo-Ventimiglia monsignor Giacomo Barabino gli disse: «Don Pasquale tra sette giorni comincia il Festival, vai!». E lui obbedì. E mentre durante l’anno si divideva tra la parrocchie di Coldirodi («sono stato lì 25 anni) e quelle valligiane, che snocciola come un rap: «Trucco, Airole, Olivetta, Colabassa e Fanghetto asso pigliatutto!», il mese del Festival di Sanremo per don Pasquale è sempre stato "sacro", e dalla parte degli artisti.
«Dal mitico Baudo, insostituibile, fino ad Amadeus e Fiorello ho conosciuto tutti i conduttori e so quanto sia difficile quel ruolo. Così come ho toccato con mano la necessità degli artisti di confessarsi e l’urgenza di venire a cercare una figura come la mia». La tunica di don Pasquale, senza pass, si è aggirata dietro le quinte, intercettando gli umori, le paure e le gioie di questi personaggi dell’arte varia, e non solo. «Ebbi un confronto molto toccante con il rapper americano Eminem che arrivò sul palco sanremese da "scomunicato". Mi colpì invece la sua voglia di confrontarsi: con Eminem pochi di "confessioni" con l’interprete che mi traduceva i pensieri di questo rapper che altro non è se non la voce del disagio dei ghetti americani.
La stessa bella sensazione la provai con Russel Crowe, un dialogo lunghissimo. E poi ricordo l’incontro fortuito ma molto emozionante con l’ex presidente russo Gorbaciov che accertatosi che fossi un prete vero lasciando l’Ariston (ospite del Festival di Fabio Fazio) mi chiese la benedizione e alla fine ci abbracciammo». In questo Festival cominciato con il segno della croce di Amadeus e finito con le banali dissacrazioni del duo Achille Lauro e Fiorello (il "quadro" con la corona di spine), don Pasquale ha benedetto tutti a distanza.
Ma è sempre rimasto vicino al popolo di quel palcoscenico che «è da sempre lo specchio del Paese. Purtroppo ora viviamo in un tempo malato e confuso, un miscuglio di niente esteriore che ha generato solitudine e indifferenza. L’anima c’è, ma non è più educata ai valori. Si portano in scena stereotipi, come il bacio sul palco per combattere l’omofobia... È uno spiumamento che piuma dopo piuma lascia l’uomo nudo davanti a una realtà in cui anche la musica invece potrebbe unire e far riflettere le coscienze». Don Pasquale sta per assistere alla sua prima serata finale di Sanremo davanti alla tv, e confessa con un pizzico di nostalgia: «Mi ha appena chiamato una persona che salirà sul palco... Mi ha detto: don Pasquale, un Festival senza un padre come lei è un Festival senz’anima. Questo mi ha riempito di gioia e mi fa ben sperare per il 2022».
Sanremo 2021: Associazione internazionale esorcisti (Aie), “blasfemia e vilipendio della fede cattolica davvero inaccettabile”
“Mentre l’umanità sta attraversando un periodo caratterizzato dal dolore e dalla sofferenza a causa della pandemia, sul palco dell’Ariston si è raggiunto un livello di dissacrazione, di blasfemia e di vilipendio della fede cattolica davvero inaccettabile. Esibizioni che hanno leso la sensibilità e il credo di milioni di italiani e dei fedeli di tutto il mondo”. Lo scrive in una nota l’Associazione internazionale esorcisti (Aie) su alcune esibizioni al Festival della Canzone Italiana di San Remo 2021. Si è trattato di “una vera e propria escalation, dalla trasgressione estrema all’estremismo del ‘godimento’, il tutto veicolato da immagini, simboli e testi dove al sacro, e addirittura ad un ‘finto sentimento religioso’, si mischia il demoniaco”. “Il tutto con travestimenti dissacranti, scimmiottando contenuti, tra i più sacri della fede Cattolica; dalla corona di spine di Cristo, al suo Sacro Cuore, alla stessa Vergine Maria, poi diffuse e pubblicate sulle copertine delle più svariate riviste divulgative di mezzo mondo”, proseguono gli esorcisti: “Una modalità che non fa mistero del suo obbiettivo di offendere, ferire e oltraggiare volutamente il sentimento religioso di chi vive la sua fede senza ricorrere a strategie di odio e di offesa nel difenderla”. Per l’Aie, è “una modalità meschina, cinica, e crudele di strumentalizzare la fede cristiana con i suoi contenuti universali per fare spettacolo, ottenere successo, e sbancare in denaro. Il tutto su un palcoscenico nazional popolare, attraverso un canale televisivo pubblico, mantenuto con le tasse dei cittadini e tra questi non pochi credenti. Non è libertà di opinione, quella che ferisce la coscienza altrui, fatta con meditata consapevolezza ed efferata determinazione”.