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Fervono i preparativi a Santo Stefano in Aspromonte per la messa in scena di una rappresentazione giunta alla seconda edizione, capace in poco tempo di coinvolgere un intero paese e rafforzare lo spirito comunitario, grazie alla fede. Abbiamo incontrato il parroco e alcuni dei protagonisti della "Passione di Cristo" che ci raccontano di questa esperienza che ha segnato una svolta importante all'interno della comunità aspromontana.
Santo Stefano in Aspromonte si prepara a vivere con rinnovata partecipazione un momento che ha dato inizio a un nuovo percorso nella vita della comunità, attraverso la fede e la condivisione di valori cristiani, culturali e di corresponsabilità nel bene comune. La seconda edizione della “Passione di Cristo”, voluta dal parroco don Vincenzo Attisano (che è anche il regista), sarà messa in scena domenica 24 marzo alle 16:30.
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Nelle testimonianze dei protagonisti – attori, ma anche scenografi, costumisti e tutti coloro che lavorano dietro i riflettori – abbiamo cercato di cogliere l’essenza stessa del messaggio legato a questa rappresentazione «colossale» che coinvolge oltre 200 persone, tra personaggi (130) che reciteranno dal vivo e in costumi d’epoca tra le vie del suggestivo borgo aspromontano e coloro che lavoreranno dietro per consentire la buona riuscita della manifestazione. Quest’anno non mancheranno novità.
📹 guarda qui il video con alcuni protagonisti della "Passione" 2024👇
«Ci saranno nuovi personaggi e scenografie, ma soprattutto saranno coinvolti anche adulti e ragazzi dei comuni vicini di Sant’Alessio e Laganadi», spiega Rocco D’Agostino, che sarà ancora una volta il «personaggio cattivo» di Hanna. Massimo Franconeri, nel ruolo di Gesù, sottolinea, invece, il peso emotivo del suo ruolo già interpretato lo scorso anno: «È stata un’esperienza carica di emozioni, oltre la semplice rappresentazione teatrale.
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Reinterpretare Gesù è per me un onore, anche perché mi ha aiutato a rafforzare la mia fede». A sottolineare la funzione pedagogica della “Passione di Cristo” è, invece, Diego Coppola, lo «scomodo sommo sacerdote Zerat». «Vogliamo trasmettere un messaggio educativo soprattutto ai più giovani, spingendo tutti a riflettere sul valore universale della pace contro disvalori ancora oggi diffusi, come ipocrisia e egoismo».
Concetto ribadito anche da Antonio Laurendi, «che da spettatore colpito per la bravura dei miei concittadini», quest’anno debutta come attore nei panni di Caifa». Passato, invece, dal ruolo del “ladro buono” a quello di Simone di Cirene, Ninni Nucara evidenzia come «anche interpretando personaggi dalle tante fragilità e debolezze, ci si può arricchire come cristiani e come persone, all’interno di un cammino comunitario». Di «sfida nella fede» parla Samira Favasuli, che reinterpreterà il diavolo. «Partecipare a questo evento», aggiunge, «ha rafforzato la nostra fede e il nostro essere comunità».
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Clementina Poeta e Mimma Vitale, rispettivamente nelle vesti di Maria, madre di Gesù, e di una delle pie donne, condividono l’intensità emotiva e spirituale vissuta nel rappresentare figure così vicine al dolore di Cristo, sottolineando come la Passione sia stata «un’esperienza di crescita personale e collettiva».
C’è anche chi lavora dietro le quinte, come Rosa Vitale. «Anche grazie al lavoro di chi sta dietro i riflettori abbiamo riscoperto il gusto di condividere qualcosa di bello insieme». Non a caso, Giuseppe Zimbalatti, il “Giuseppe d’Arimatea” di questa “Passione”, parla di «passione e emozione condivise durante i preparativi. Sono un tesoro», dice, «che portiamo nel cuore. Un sentimento che speriamo di trasmettere a tutti i presenti alla rappresentazione del 24 marzo».
Don Vincenzo Attisano, parroco di Santo Stefano in Aspromonte, è entusiasta nell’annunciare la seconda edizione della “Passione di Cristo”. Un evento che, già lo scorso anno, ha segnato profondamente non solo a livello spirituale l’intera comunità.
Il sacerdote, che è l’ideatore e il regista, descrive la Passione di Cristo non solo come un evento, «ma come un’esperienza comunitaria di profonda riflessione e condivisione». La rappresentazione, inizialmente proposta «in punta di piedi» lo scorso anno, è stata una novità assoluta per la comunità, diventando un momento di aggregazione non solo per i parrocchiani, ma per l’intero paese. «Non era mai stato fatto niente del genere», ricorda don Vincenzo, evidenziando come l’evento abbia radici nelle sue passate esperienze da assessore comunale a Seminara.
«Quando l’ho riproposto nella comunità che attualmente guido, è stato subito accolto con entusiasmo». Nonostante le sfide, tra cui le avversità meteorologiche dell’anno scorso, la comunità ha dimostrato una resilienza e uno spirito di collaborazione che hanno reso l’evento un successo. Racconta don Vincenzo, nel ricordare un aneddoto legato alla rappresentazione dello scorso: «Quella mattina eravamo un po’ preoccupati perché pioveva, ma io ero sereno, consapevole del valore del percorso fin lì condiviso». Tutta la comunità era stata già coinvolta: dai costumi alle scenografie, ogni aspetto è stato curato dai parrocchiani, rivelando talenti nascosti e rafforzando il senso di appartenenza.
«Insomma, ci siamo tutti rimessi in gioco» afferma il parroco, evidenziando come l’idea di riproporre l’evento anche quest’anno abbia stimolato un «rinnovato entusiasmo comunitario».
Dalla prima rappresentazione ad oggi, è iniziato un nuovo cammino. Tra le “tappe” c’è il presepe vivente, ma «il sogno più bello, più vero, è stata la realizzazione dell’oratorio», divenuto punto di riferimento per l’intera comunità e luogo simbolo di questa «fiamma di amore e fede accesa insieme».
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L’invito di don Vincenzo è chiaro: vivere l’esperienza della “Passione di Cristo”, oltre l’aspetto scenico. «La passione di Cristo non è uno spettacolo, ma un’esperienza da vivere», afferma il giovane sacerdote, invitando tutti a partecipare «senza applaudire ma vivendo l’evento». L’appuntamento è fissato per il 24 marzo alle 16:30, un’occasione unica non solo per la comunità di Santo Stefano in Aspromonte ma per tutti coloro che «vorranno condividerla anche da spettatori e non farsela raccontare».
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