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Dall’Aspromonte alla fascia costiera don Vincenzo Attisano ha una sola missione: coinvolgere con la gioia i ragazzi che abitano il centro e la periferia.
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Il sacerdote è riuscito a raccogliere i giovani del paese in pochissimo tempo. Diverse le iniziative portate avanti. Il successo della sua missione essere riuscito a coinvolgere la comunità rendendo ciascuno responsabile. Un impegno reso possibili anche grazie al sostegno ai sacerdoti. La sua storia l'abbiamo conosciuta domenica scorsa sulle pagine di Avvenire di Calabria, in edicola insieme al quotidiano nazionale Avvenire. Ve la riproponiamo.
Don Vincenzo Attisano è un giovane sacerdote, potremmo dire “vocato ai giovani”. Oltre a svolgere il proprio servizio pastorale nella parrocchia “periferica” di Santo Stefano in Aspromonte, è anche vice direttore dell’Ufficio Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova.
La nomina a vice direttore è arrivata nel bel mezzo di un’attività pastorale in parrocchia molto intensa. Quando l’arcivescovo, monsignor Fortunato Morrone, mi ha proposto questo incarico sono stato preso un attimo alla sprovvista e anche da una sana inquietudine. I primi sentimenti furono quelli di non sentirmi adeguato, ma la gioia di questa fiducia datami e di potermi mettere a servizio di tutti i giovani della diocesi ha prevalso. Conciliare le due cose non è poi così complicato, basta sapersi organizzare e non farsi prendere dall’affanno. Credo che il punto centrale sia quello di metterci la stessa passione in entrambi i servizi senza la pretesa di voler fare grandi cosi, ma con l’umiltà di fare quanto ci è stato chiesto, come servi in-utili.
Fare il parroco in “periferia” forse non è facile ma è bellissimo! Non voglio essere presuntuoso, in realtà “raccogliere” i giovani è stato semplice. Appena arrivato qui, poco più di un anno fa, sono stati i primi a cui ho rivolto l’attenzione. Ho organizzato una riunione per i giovani del paese, non della parrocchia, dal titolo chiAmati per nome. Li ho ascoltati, li ho guardati negli occhi per cercare di scorgere le loro attese, le loro delusioni, o almeno ci ho provato. Erano taciturni ma nei loro occhi brillava già la gioia di sentirsi cercati e ho visto tanta sete di incontro, di relazioni e oggi sono loro stessi a chiedere tutto questo. Dunque ho capito che non devo solo proporre “cose” per coinvolgerli, ma prima di tutto devo esserci.
Sono diverse, devo accennarne due. La prima è stata l’organizzazione de “La Passione di Cristo”. Centotrenta personaggi, tanti giovani “protagonisti” hanno messo in scena per le vie del centro storico dall’Ingresso a Gerusalemme alla Risurrezione di Cristo. L’evento è stato colossale, ma il percorso di preparazione spirituale, attraverso “catechesi animate”, è stata l’esperienza più bella. La seconda, che ha visto il pieno coinvolgimento dei giovani, è stata il GrEst, in cui per la prima volta hanno vissuto l’esperienza come animatori per quattro settimane.
Si, stare insieme! Sembra riduttivo ma è uno stare che progetta, pensa, crea e sogna. Stare insieme condividendo un percorso di fede, prima di tutto, a partire da una Parola che li metta in cammino come pellegrini sulla via dell’Amore. Da questo sta nascendo, materialmente, l’oratorio parrocchiale perché diventi una casa comune in cui i giovani possono prestare il loro servizio ai più piccoli con l’animazione, laboratori, volontariato.
Penso allo sport, al teatro, alla musica. Sono esperienze significative per i ragazzi perché tirano fuori il bello e si scoprono capaci di generare il bene. Soprattutto perché si sentono protagonisti del loro tempo, dei loro talenti. Certo, non possono farlo da soli ma con educatori attenti, che li aiutino ad uscire dall’individualismo per creare comunità, amicizie e senso di appartenenza. La catechesi più vera per i ragazzi è renderli parte di un progetto che li coinvolga per sentire che la vita cristiana non toglie nulla alla loro età ma la valorizza nell’incontro con l’altro.
Per donarsi a tempo pieno penso sia fondamentale, prima di tutto, risiedere in parrocchia e questo personalmente mi aiuta a comprendere, accompagnare e amare. Questo aiuto è importante perché senza non ci sarebbe una comunità, non ci sarebbe la possibilità di sentirsi parte di una grande famiglia, la parrocchia. Forse la “sfida” più grande è quella di far sentire la gente corresponsabile senza chiedere e senza pretendere. È importante il buon cuore perché aiuta ed educa a donare liberamente e per amore. È la pedagogia della gratuità, del Vangelo, di chi mette in circolo l’amore.
Al fianco dei tanti “don” che ogni giorno aprono la loro vita al prossimo. Torna anche nel mese di dicembre, la campagna di comunicazione di “Uniti nel dono” per le offerte deducibili, quelle destinate al sostentamento del clero diocesano, che sarà declinata su tv, web, social e stampa. Vedrete scorrere, sullo schermo della tv o del cellulare, oppure sfogliando le pagine di giornali e riviste, i volti di don Stefano, don Fabio e don Domenico, che ci hanno permesso di seguirli, per qualche ora del loro tempo, in modo da aprire una finestra sulla loro vita di ogni giorno.
Non un buco della serratura, o uno spioncino: no, proprio una finestra! Con l’invito, a tutti coloro che in qualche modo saranno raggiunti da questa campagna, ad affacciarsi e a soffermare lo sguardo dentro. Dentro la loro vita di ogni giorno, per scorgervi in trasparenza anche le vite degli altri 32.000 e oltre sacerdoti delle diocesi italiane, che ci vivono accanto dalle Alpi alle isole più sperdute, nei piccoli paesi dell’entroterra come nelle periferie delle grandi città. «Ogni offerta destinata al sostentamento dei sacerdoti è il segno tangibile della vicinanza dei fedeli, un mezzo per ringraziare tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro», sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni.
PER APPROFONDIRE: Uniti nel dono, parla l’incaricata della diocesi reggina: «Accanto a chi si dona per realizzare grandi cose»
Per sostenere i sacerdoti diocesani con le offerte Uniti nel dono, si hanno a disposizione diverse modalità. Vale la pena, inoltre, ricordare che il contributo è libero e anche deducibile. Per chi vuole, infatti, queste offerte sono deducibili dal proprio reddito complessivo, ai fini del calcolo dell’Irpef e delle relative addizionali, fino ad un massimo di 1032,91 euro annui.
Ma come donare e contribuire così a sostenere l’opera dei sacerdoti diocesani? Lo si può fare attraverso diverse modalità: carta di credito o Paypal, direttamente sul sito www.unitineldono.it oppure chiamando il numero verde 800 825 000.
Si può donare, inoltre, con un bonifico bancario sull’Iban IT 33 A 03069 03206 100000011384 a favore dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero, specificando nella causale «Erogazioni liberali art. 46 L.222/85», ai fini della deducibilità.
Si può utilizzare anche il contro corrente postale numero 57803009 per effettuare il versamento presso un qualunque ufficio postale. Accanto ad anziani ed ultimi, migliaia di sacerdoti ogni giorno aprono la loro vita ad altre vite, aiutando le comunità a crescere
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