
Portoghesi, architetto del dialogo: la sua ultima opera è in Calabria
C’è più di un legame tra la Calabria e il grande architetto e progettista scomparso il 30 maggio. Ben due i progetti realizzarti nella nostra regione negli ultimi vent’anni.
Passano i mesi, gli anni, i lustri e i decenni, ma la “Questione meridionale” rimane immutata. Le chiacchiere, gli articoli, i contributi più o meno scientifici si moltiplicano e si accumulano, ma l’unico risultato è che il divario economico e sociale non solo non accenna a diminuire, ma addirittura aumenta esponenzialmente con il trascorrere del tempo. Verrebbe da dire: complimenti!
Senza alcuna pretesa di completezza, mi permetterei di evidenziare qualche punto fermo, forse utile per il dibattito scientifico e culturale. In primo luogo, al di là della oggettiva conquista e colonizzazione della Magna Grecia da parte dei Savoia, ultimi tra i conquistatori, dopo Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Borbone (sì, anche loro erano dei dominatori stranieri, mentre non lo erano i bizantini autoctoni, altrimenti a casa mia è in atto la “dominazione Castriziana”), c’è da dire che i Meridionali non hanno mai fatto sufficiente autocritica riguardo al comportamento tenuto dalla propria classe dirigente, che si è sempre “venduta” ai nuovi padroni, lasciando allo sbando il popolo, pur di conservare i propri privilegi. Nessuno se ne abbia a male, ma il cancro della ‘ndrangheta è figlio dell’identico comportamento tenuto dalla maggioranza della cosiddetta classe dirigente, che ha digerito tutte le angherie e i soprusi dei “signori” che si sono presi il Sud con la violenza. Fenomeni come la massoneria deviata, strutturale alla malavita, non sono certo moderni, ma hanno caratterizzato tutti i secoli da quel maledetto 1059, quando Roberto il Guiscardo distrusse la libertà e le aspirazioni di Reggio. Da allora, il genocidio culturale dei Greci di Calabria è stato perpetrato con maggiori risultati rispetto a quanto capitato ai fratelli greci con i Turchi: loro almeno hanno conservato la loro lingua e la loro cultura, e non conoscono la andrangheta!
La seconda considerazione è che viviamo una oppressione culturale e mediatica
insopportabile. La Calabria e il Sud non hanno più voce, soffocati da un mare di pregiudizi e veri e propri insulti, il cui unico scopo è quello di coprire e giustificare il continuo furto di risorse, ormai operato palesemente: “prima i Lombardi”, “la Lombardia è la locomotiva d’Italia”, “i vaccini vengano distribuiti in base al PIL delle regioni”. Le uniche Università di eccellenza sono al nord, i mezzi di comunicazione guardano solo il Settentrione, mentre, a sud della “linea gotica”, tutto quello che si muove, socialmente o culturalmente, viene soffocato con il silenzio. Noi continuiamo a parlarci addosso, ma solo a livello cittadino, locale. La nostra voce non emerge, e i luoghi comuni, che ci vogliono “brutti, sporchi e cattivi”, continuano a rimbombare nel mainstream italico. La battaglia che ci attende è prima di tutto culturale: uno sforzo per ridisegnare la nostra identità e pretendere i nostri diritti.
Un terzo capitolo riguarda l’emigrazione giovanile, che non è frutto del caso, ma determinata e guidata dai padroni del vapore: la Magna Grecia si spoglia delle migliori intelligenze, attirate da quello stesso nord, che invece respinge l’arrivo di forza lavoro poco qualificata (i “migranti”). Fa comodo ai Longobardi di staccare dalle loro radici i nostri figli, per farli produrre a loro vantaggio. Il Sud investe sull’educazione di queste risorse fino all’Università, poi tutto l’investimento si perde e i frutti vanno solo ai “signori dell’Italia”. La prossima battaglia sarà culturale, o non sarà. L’avevo già detto?
* Docente universitario
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