
Reggio Calabria, il 27 aprile concerto in onore di San Giorgio e Papa Francesco
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Un incontro di grande spessore culturale e spirituale, promosso dal Serra Club, ha animato la Sala Blu del Seminario arcivescovile Pio XI di Reggio Calabria, dove il professor Domenico Benoci ha approfondito la figura di san Fantino il Vecchio, uno dei santi più antichi della Calabria. Un viaggio tra storia, agiografia e devozione popolare.
Nella sala blu del Seminario arcivescovile Pio XI di Reggio Calabria, sabato 8 marzo, si è svolto il terzo incontro di formazione mensile del Serra Club di Reggio Calabria. Il reggino professor Domenico Benoci, ricercatore di archeologia cristiana presso la Pontificia Università Regina Apostolorum di Roma, ha tenuto una magistrale relazione su «san Fantino il Vecchio tra archeologia, agiografia e tradizioni popolari».
La discussione è stata moderata dal professor Giuseppe Livoti, giornalista e critico d'arte. Don Simone Gatto, rettore del Seminario arcivescovile, ha aperto i lavori complimentandosi con il Serra Club reggino per aver dato, in questo ultimo anno, un respiro molto alto alla formazione al suo interno, ma soprattutto come offerta al Seminario.
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«Siamo nell’importante anniversario del Concilio di Nicea e ci interroghiamo su quello che potrebbe essere la riscoperta anche nella storia di quest’altro polmone della Chiesa orientale. Questa presa di coscienza storica – continua don Gatto – ci permette di ricordare che siamo dentro un progetto di santità ch’è possibile vivere se, da una parte, evangelicamente siamo radicati in Cristo come tralci nella vite e, soprattutto, riqualifichiamo tutta la nostra storia».
Il rettore conclude con un messaggio: «Il Seminario è un luogo di mediazione, un punto d’incontro, di dialogo e di confronto e ognuno può comunicare ciò che sente nel cuore. Il Seminario è un luogo di discernimento e non soltanto verso la vocazione al ministero ordinato, ma anche alla vocazione umana e quindi cristiana».
La presidente del Serra Club reggino, Anna Nucera, ha ringraziato gli intervenuti invitandoli a diventare serrani ed essere testimoni e stimolo alle vocazioni sacerdotali. «Sostenere il Seminario e stare accanto ai seminaristi, i nostri futuri sacerdoti, è una cosa bellissima che fa bene al cuore».
Il professor Domenico Benoci spiega subito che di san Fantino ne sono esistiti solo due: san Fantino il Vecchio e san Fantino il Giovane. La presenza errata di un terzo san Fantino è stata generata da un’iscrizione rinvenuta nell’area di Tropea di un abate chiamato Fantinus.
San Fantino il Vecchio è venerato come taumaturgo, cioè operatore di miracoli, e il suo culto affonda nella tarda antichità e nel primo medioevo. Come per molti santi legati al monachesimo italo-greco, anche per san Fantino la fonte più affidabile è il βίος, cioè la fonte che racconta la vita dei santi. Secondo una narrazione errata, Fantino nacque a Siracusa, battezzato e portato alla conversione da genitori che seguivano la religione tradizionale romana. Fantino, dopo la morte martiriale dei genitori, scappò dal carcere, si recò a Messina e da qui approdò infine a Taureana. Invece, secondo il vescovo Pietro, prelato colto di Taureana, san Fantino il Vecchio è nato in questa patria, cioè a Taureana. Pur provenendo da una condizione servile, il santo è nostro. «Lo amiamo e spiritualmente lo abbracciamo perché è una gloria nostra».
San Fantino pare che sia il santo più antico della Calabria. La sua vita è da collocare tra la seconda metà del III e gli inizi del IV secolo d.C. Sembra che Fantino non fosse monaco, ma che comunque fosse conosciuto per la perfezione di vita, specchio di virtù, e che avesse una spiccata sollecitudine verso i poveri e i bisognosi. La sua condizione sociale era servile. Schiavo, svolgeva la mansione di guardiano di cavalli, da qui deriverebbe l’epiteto di san Fantino il Cavallaro. Sempre il vescovo Pietro ci dice che nel Palmese san Fantino è famoso, già ai suoi tempi; il suo sepolcro è conosciuto e da esso scaturiscono numerose guarigioni a quanti, con amore e con fede, vi si apprestano. Solo un martire, testimone di Cristo, poteva effondere tanta grazia per mezzo dello Spirito Santo.
Il professor Benoci conclude con un’ampia descrizione del sito archeologico di Taureana, dove risiede il sacro recinto, e indica il sito dove giace la tomba con i resti mortali del santo, posto sotto l’altare maggiore della chiesa di un complesso monastico femminile. Numerosi sono i miracoli compiuti dal santo taureanese, tramandati nei secoli da padre in figlio e giunti fino ai giorni nostri. Il 24 luglio, festa di san Fantino, caratteristica è la processione dei cavalli.
Tra gli altri sono intervenuti don Antonino Denisi, decano, e il diacono greco-ortodosso Mario Casile. Padre Benedetto Colucci, vicario per la Calabria della diocesi greco-ortodossa d'Italia, parroco e abate del Sacro monastero greco-ortodosso dei santi Elia il Nuovo e Filarete l'Ortolano di Seminare (RC), ha chiuso la serata.
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