di Patrizia Caiffa* - In quindici anni gli italiani nel mondo sono aumentati del 76,6%, raggiungendo la cifra di 5,5 milioni di persone. Un esodo - che comprende però anche le nuove nascite e le acquisizioni di cittadinanza - pari a quello avvenuto nel secondo dopoguerra. Migranti, quindi, siamo anche noi: nel solo 2009 hanno lasciato l'Italia ben 131.000 italiani. E non sono solo "cervelli in fuga" molto qualificati, come la narrazione attuale racconta. Dal 2006 ad oggi è aumentato certamente il livello di studi di chi parte (+193,3% di laureati) ma la crescita più alta è stata tra i diplomati (+292,5%) disposti a cercare qualsiasi lavoro. Con una sorpresa: si consolida il trend verso le Americhe e l'Europa, ma oltre ai classici Paesi che offrono impiego (Germania, Regno Unito, Svizzera, Francia) ora gli italiani scelgono anche altre mete per una vita migliore: Malta, Portogallo, Irlanda, Norvegia, Finlandia.
È un movimento che spopola i piccoli centri e i territori più abbandonati e non solo dal Sud verso Nord, anche all'interno delle regioni settentrionali. È questa, in sintesi, la fotografia dell'emigrazione italiana che emerge dal Rapporto Italiani nel mondo 2020 diffuso oggi dalla Fondazione Migrantes. Una edizione speciale a 15 anni dal primo volume, che vede oggi alla presentazione ufficiale on line anche la presenza del premier Giuseppe Conte e del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve.
All'estero aumentano le donne e i giovani. Nel 2006 gli italiani regolarmente iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) erano 3.106.251, nel 2020 hanno raggiunto quasi i 5,5 milioni. Le donne sono passate dal 46,2% sul totale iscritti 2006 al 48,0% del 2020. Una collettività che, rispetto al 2006, si sta ringiovanendo grazie alle nascite all’estero (+150,1%) e alla nuova mobilità costituita sia da nuclei familiari con minori al seguito (+84,3% della classe di età 0-18 anni) sia dai giovani e giovani adulti da inserire nel mercato del lavoro (+78,4% di aumento rispetto al 2006 nella classe 19-40 anni).
131 mila nel 2019 verso 186 Paesi. Nel 2019 hanno lasciato l’Italia ufficialmente 131 mila cittadini verso 186 destinazioni del mondo, da ogni provincia italiana. Contrariamente a quanto si pensa non sono solo i “cervelli” italiani in fuga. La maggioranza di chi si sposta è in possesso di un diploma e va alla ricerca di un lavoro “generico” all’estero. Complessivamente, le nuove iscrizioni all’Aire nel 2019 sono state 257.812 (di cui il 50,8% per espatrio, il 35,5% per nascita, il 3,6% per acquisizione cittadinanza). Secondo le analisi del rapporto nel 2006 il 68,4% dei residenti ufficiali all’estero aveva solo licenza media o elementare o addirittura nessun titolo, mentre il 31,6% era in possesso di un titolo medio alto (diploma, laurea o dottorato). Dal 2006 al 2018 cambia il trend: nel 2018, infatti, il 29,4% è laureato o dottorato e il 29,5% è diplomato mentre il 41,5% è ancora in possesso di un titolo di studio basso o non ha titolo. Se, però, rispetto al 2006 la percentuale di chi si è spostato all’estero con titolo alto (laurea o dottorato) è cresciuta del +193,3%, per chi lo ha fatto con in tasca un diploma l’aumento è stato di ben 100 punti decimali in più (+292,5%). “Viene così svelato – si legge nel report - un costante errore nella narrazione della mobilità recente raccontata come quasi esclusivamente composta da altamente qualificati occupati in nicchie di lavoro prestigiose e specialistiche quando, invece, a crescere sempre più è la componente dei diplomati alla ricerca all’estero di lavori generici”.
Verso “nuove frontiere”. Sono le Americhe e l’Europa, negli ultimi 15 anni (2006-2020, le principali mete della presenza degli italiani all’estero. Anche in Paesi meno consueti:
le “nuove frontiere” della mobilità sono infatti Malta (+632,8%), Portogallo (+399,4%), Irlanda (+332,1%), Norvegia (+277,9%) e Finlandia (+206,2%).
Il continente americano, soprattutto l’area latino-americana è cresciuta grazie alle acquisizioni di cittadinanza (+123,4% dal 2006) coinvolgendo soprattutto il Brasile (+221,3%), il Cile (+123,1%), l’Argentina (+114,9%) e, solo in parte in quanto la crisi è sicuramente più recente, il Venezuela (+47,4%). Oltre il 70% (+793.876) delle iscrizioni totali avute in America dal 2006 ha riguardato soltanto l’Argentina (+464.670) e il Brasile (+329.206).
In Europa 3 milioni di italiani. L’Europa, invece, negli ultimi quindici anni, è cresciuta maggiormente grazie alla nuova mobilità (+1.119.432 di presenze, per un totale, a inizio 2020, di quasi 3 milioni di residenti totali). I valori assoluti fanno risaltare i Paesi di vecchia mobilità come la Germania (oltre 252 mila nuove iscrizioni, +47,2%), il Regno Unito (quasi 215 mila), la Svizzera (più di 174 mila, +38%), la Francia (quasi 109 mila, +33,4%) e il Belgio (circa 59 mila, +27,3%). Per il Regno Unito, invece, e soprattutto per la Spagna, gli aumenti sono stati molto più consistenti, rispettivamente +147,9% e +242,1%. Gli italiani si sono spostati poi anche a Oriente, soprattutto Emirati Arabi e Cina.
*Agensir