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«Ogni amico che se ne va ci insegna qualcosa su noi stessi. Ogni conflitto superato ci rende più forti. Ogni riconciliazione ci conferma il valore dell’amore che perdona»
Dopo aver esplorato le dinamiche dell’amicizia nell’era digitale e il ruolo dei genitori come osservatori e porto sicuro, approfondiamo uno degli aspetti più complessi della genitorialità: come accompagnare i figli a fare a meno di noi nelle loro relazioni. Quando il silenzio diventa linguaggio. «Mamma, va tutto bene». Quante volte abbiamo sentito questa frase pronunciata con un tono che dice esattamente il contrario? I nostri figli, crescendo, imparano a comunicare in modo indiretto. Quello che non dicono non è meno importante di ciò che affermano. Anzi.

Se vogliamo essere genitori consapevoli, dobbiamo allenarci a leggere anche i loro silenzi: quando smettono di raccontare la giornata, evitano di nominare un amico, il telefono suona meno del solito. Il silenzio dei ragazzi non è vuoto: è pieno di emozioni che spesso non sanno esprimere, paure che non osano confessare, delusioni che sperano di superare da soli o con l’aiuto di chi considerano amico. Il potere delle domande giuste. La tentazione è bombardarli di domande dirette: «Cos’è successo? Avete litigato?». Ma le domande dirette spesso ottengono risposte di circostanza o, peggio, il muro del silenzio. «Come ti sei sentito oggi?» invece di «Com’è andata?» «C’è qualcosa che ti preoccupa?» piuttosto di «Hai problemi?» «Ti va di raccontarmi cos’hai in mente?» anziché «Dimmi cosa è successo».
Queste domande non mettono pressione, né giudicano, non danno per scontato che ci sia un problema. Semplicemente aprono una porta che i nostri figli possono scegliere se attraversare. Proteggere senza soffocare. Vedere nostro figlio soffrire per un’amicizia finita ci fa star male. Lo vorremmo proteggere, intervenire direttamente. Stiamo attenti però, proteggere non è soffocare. Proteggere significa essere presenti quando ci cercano, offrire il nostro punto di vista se ce lo chiedono. Soffocare, invece, significa decidere noi chi sono i buoni amici, risolvere i conflitti al posto loro. La crescita emotiva passa attraverso le esperienze dirette, anche dolorose. Il nostro compito non consiste nell’evitargli il dolore, ma aiutare a dargli senso. Quando l’amicizia diventa dipendenza.
A volte i figli sviluppano rapporti che assomigliano a dipendenze emotive. Quel compagno che diventa l’unico riferimento, quell’amica senza cui il mondo sembra crollare. Ecco i segnali da considerare: quando non riesce a decidere senza consultare quell’amico o modifica drasticamente il comportamento per non dispiacergli oppure vive in ansia costante per paura di perderlo. Il nostro intervento deve essere delicato ma fermo. Non demonizzare l’altro, ma aiutare nostro figlio a riconquistare la propria identità. «Questo sei tu o stai cercando di essere qualcun altro?» può essere più efficace di mille divieti. La forza del gruppo famiglia. I fratelli rappresentano il primo laboratorio di relazioni orizzontali. Fra loro imparano a condividere, negoziare, gestire conflitti. Il modo in cui gestiamo i conflitti tra fratelli diventa modello per come affronteranno i conflitti con gli amici.
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Se sovente cerchiamo un colpevole, insegneremo che c’è sempre un vincitore e un perdente. Se li aiutiamo a trovare soluzioni efficaci, diamo loro strumenti preziosi per la vita. Il coraggio di sbagliare. Ascolto genitori che hanno il terrore di sbagliare mentre bisognerebbe avere il coraggio di commettere errori. Non esistono ricette perfette per gestire i figli nelle loro relazioni. Ammettiamolo, con i nostri figli sbagliamo. L’importante è rimanere in dialogo, essere pronti a rivedere le posizioni, chiedere scusa quando è dovuto. Il regalo più grande che possiamo far loro non è proteggerli dalle delusioni dell’amicizia, ma insegnare che ogni relazione, anche quelle che finiscono male, ci lascia qualcosa di prezioso.
Ogni amico che se ne va ci insegna qualcosa su noi stessi. Ogni conflitto superato ci rende più forti. Ogni riconciliazione ci conferma il valore dell’amore che perdona. Per informazioni, sollecitazioni o domande scrivere a giannitrudupsicologo@gmail.com

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