Avvenire di Calabria

Quattro anni fa la nascita al cielo della religiosa che ha creduto al Vangelo e lo ha praticato per tutta la sua vita

Suor Maria Salemi, donna di fede e cultura

Don Cannizzaro: «Donna di fede e cultura è stata davvero un esempio di santità per le consorelle e generazioni di giovani»

di Antonio Concetto Cannizzaro

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Ripensare la figura di Suor Maria Salemi a quattro anni della sua scomparsa è quanto mai doveroso sia per quelli che hanno avuto la sorte di conoscerla e soprattutto per quelli che non l’hanno conosciuta. La Direttrice è stata una donna e una religiosa che ha creduto al Vangelo e lo ha praticato nella sua vita.


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Lei era un vangelo vivente, tutto il suo operato, le sue scelte, i suoi pensieri erano orientati evangelicamente. La sua persona attraeva perché era diversa, emanava un fascino unico, non solo per la sua cultura o la sua raffinatezza d’animo, ma soprattutto per la sua semplicità disarmante e coinvolgente.

La Direttrice donna di fede

Raccontare la Direttrice come donna di fede è nello stesso tempo facile e difficile. E’ facile perché la sua vita di fede traspariva dai suoi gesti concreti. Dal prendersi cura di un bambino bisognoso, a quello di curare un anziano sacerdote e preparalo all’incontro con il Signore. La sua fede era un “prendersi cura” di tutti e di ciascuno. Dava l’impressione che la tua persona era al centro delle sue premure e delle sue attenzioni materne, ti sentivi “attenzionato” dalla sua carità come fossi unico. Mentre faceva così con tutti quelli che erano affidati alla sua cura materna. Aveva una pazienza infinita a stare dietro le crisi di ognuno, proponendo, indicando, suggerendo strade di virtù e di vita evangelica. Ma nello stesso tempo la sua era una fede concreta e severa, non ammetteva discussioni sulle virtù e sui comportamenti. La sua era una fede salda e profonda perché era passata attraverso la “notte oscura” della croce e del dolore. Prima nel distacco dalla sua casa paterna, quando i suoi non condividendo la scelta religiosa, l’osteggiavano e la facevano soffrire. Poi quando assieme a P. Vittorio Dante Forno fondano la comunità religiosa e assieme alla nascita della comunità, subito si presentano ostacoli, impedimenti di ogni tipo che si prefiggono lo scopo di minare la vita della nascente comunità religiosa.

La Direttrice ha saputo soffrire e offrire al Signore la sua vita e quella delle sue consorelle perché l’ideale religioso che le aveva accomunate potesse crescere e affermarsi. Per questo fu necessario il secondo strappo, il secondo distacco e il nuovo esodo, da Catania a Reggio, dove c’era un vescovo santo che aveva capito l’anima del padre Forno e quello della Direttrice e si offrì di accoglierli nella sua diocesi, si chiamava Mons. Giovanni Ferro. I santi tra loro si annusano, e si conosco dall’odore di santità che emanano. Guardandola mentre pregava, si leggeva la profonda unione con Dio, quell’unione mistica che solo i santi sanno di possedere.

La Direttrice mi ha insegnato a curare il dolore dell’anima, dolore sordo, impalpabile e sibillino, che attraversa il cuore e lo lascia sanguinante come abbandonato su un selciato sotto un sole d’estate. Lei curava il suo dolore facendo ricorso alla sua cultura. E’ vero, i santi sanno curare il dolore quando lo vivono dentro una cultura.                           

Suor Maria Salemi, la Direttrice donna di cultura

Eccoci così giunti all’altro aspetto che ha caratterizzato la vita di Maria Salemi, la cultura. La Direttrice era laureata in lettere classiche all’Università di Messina, quindi possedeva un grosso bagaglio di conoscenze classiche e linguistiche che facevano di lei una persona colta, con un linguaggio elegante e assai competente in tanti settori della conoscenza. Gli interlocutori con i quali si trovava a parlare, comprendevano bene che avevano davanti una donna di grande cultura e nello stesso tempo di profonda eleganza e gusto estetico. Ci ha insegnato che la fede per restare patrimonio della persona, deve farsi cultura, deve cioè diventare espressione del sapere della persona e deve informare gli atti quotidiani della vita.

Così facendo la fede diventa un patrimonio esperienziale unico della persona, una espressione originale, così come unico e originale è ogni uomo o donna che viene al mondo. Questa sua originalità, la Direttrice l’ha espressa negli svariati campi del sapere. La sua vocazione non è stata mai disgiunta dalla ricerca della conoscenza, la più profonda possibile. Per questo motivo ha voluto che le religiose della sua comunità possedessero tutte un titolo di studio superiore. Ripeteva spesso che una religiosa non può restare ignorante, dovendo confrontarsi con il mondo contemporaneo ed essere in grado di rendere adeguata testimonianza della sua vocazione a chiunque. Per questo motivo ha voluto creare una biblioteca che fosse fornita di volumi non solo in materia religiosa, ma anche di letteratura, di arte, di storia. Infatti, la Biblioteca dell’Istituto, intitolata al fondatore padre Forno, possiede una ricca collezione di volumi tutti scelti e selezionati personalmente dalla Direttrice.

Ci rendiamo conto così come la Direttrice avesse un innato senso della bellezza e dell’estetica, coniugando nella sua ricerca non solo il sapere, ma anche il bisogno di esprimerlo dentro un progetto di bellezza. Tutto nella sua vita è stato espressione e ricerca della bellezza.

Per quanto le era possibile voleva che ogni cosa, anche la più banale, fosse espressione di una ricerca estetica. Ci insegnava a cercare il bello anche in un tovagliolo, in un semplice attrezzo da cucina. Ha insegnato a generazioni di suore, ragazzi e ragazze che la cultura e la bellezza avvicinano a Dio, somma bellezza. Fu sorprendente e nello stesso tempo dirompente per la mentalità del tempo, vedere come la Direttrice trattava le ragazze e i ragazzi che ospitava nelle varie case. Tutto era ordinato e bello attorno a loro, cosicché dall’ordine esteriore si poteva più facilmente risalire all’ordine interiore. La Venerabile Rosella Staltari è una testimone autorevole ed autentica di questo progetto educativo.

Ma la cultura della Direttrice e i suoi interessi artistico-culturali sono stati talmente vasti che ci vorrebbe un trattato per esporli convenientemente. Oggi sono quattro anni che è tornata alla casa del Padre, questo tempo è trascorso velocemente e nello stesso tempo si è cristallizzato.

Vorremmo che Reggio imparasse a conoscerla non solo per il bene immenso che ha fatto a generazioni di ragazzi e ragazze, ma per la traccia di civiltà, di cultura che con la sua vita e la sua testimonianza ha lasciato. Da siciliana si è fatta reggina, ha amato questa terra, questi luoghi, ha costruito non solo case per i poveri e gli orfani, ma soprattutto ha costruito persone che hanno speso la loro vita e la spendono ancora per servire il corpo di Cristo malato ed emarginato. Ma sopra ogni cosa, Maria Salemi, la Direttrice, ci ha indicato un cammino verso la santità, la sua vita è stata un esempio di come si può e si deve essere santi, amando i piccoli con lo stesso cuore di Cristo, fino a dare la vita, fino a farsi vittime d’amore.

Si è lentamente consumata la Direttrice, scavata dalla malattia e dal dolore, ma la sua persona è quanto mai viva in tutti noi che l’abbiamo conosciuta e amata. E’ viva nell’opera che continua la sua missione, è viva in tutti i ragazzi e ragazze che oggi hanno una famiglia grazie a lei. E’ viva nella storia della Chiesa Reggina per il bene fatto a tanti sacerdoti accolti da lei e accompagnati sulla soglia dell’eternità. E’ viva perché è la madre del nostro sacerdozio, del mio e degli altri confratelli che lei ha cresciuto.


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E’ viva perché è davanti a Dio somma bellezza e da quella dimora senza spazio e senza tempo è presente nella nostra vita e ci accompagna nel nostro pellegrinaggio, e noi la sentiamo vicina, sempre accanto a noi, lungo la via che porta al cielo, li ci incontreremo ancora e questa volta per sempre.

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