Avvenire di Calabria

Tra i capolavori d'arte del Museo, l’Annunciazione della scuola di Pietro Negroni

Un modo per scoprire la città

Redazione Web

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È il punto di partenza ideale per scoprire la città e conoscere il territorio diocesano. Il Museo diocesano di Cosenza ha la sua sede tra il Palazzo arcivescovile e la Chiesa Cattedrale, in locali un tempo parte del Seminario diocesano. La prima sala ospita, tra le altre opere, il bellissimo polittico dell’Annunciazione (1545) della scuola di Pietro Negroni appartenente alla chiesa di Turzano, oggi Borgo Partenope. Segue la sala delle committenze che riunisce tele, argenterie, paramenti commissionati dagli arcivescovi cosentini nella storia plurisecolare: opere degne di menzione, tra le altre, sono il Calice del Papa, grande opera in argento e filigrana proveniente da Marano Marchesato, due statuette eburnee attribuite alla scuola di Michelangelo e il Calice vitreo di Celico del XVI secolo.

La sala dei paramenti, con significativi manufatti del Seicento in buon stato di conservazione, immette nel lungo corridoio ove sono collocate cinque statuette lignee del tesoro della Cattedrale e un Crocifisso cinquecentesco. Si giunge, così, al cuore del Museo. In una sala semicircolare è custodita la preziosissima stauroteca, opera unica in oro sbalzato, filigrana, smalto e cristallo di rocca, del XII secolo: la tradizione vuole sia stata donata da Federico II di Svevia in occasione della consacrazione della Cattedrale nel 1222.

Nella grande sala che segue si può ammirare il Calice Torquemada del XV secolo e cogliere la profonda devozione mariana cosentina con icone del Cinquecento, tele del Sei e Settecento, e parte del ricco Tesoro della Madonna del Pilerio, protettrice della città e dell’Arcidiocesi, con corone d’oro, monili, pietre preziose e gioielli. L’ultimo ambiente, la Pinacoteca, custodisce la splendida tela dell’Immacolata di Luca Giordano (XVII secolo), il prezioso San Gennaro di Andrea Vaccaro (XVII secolo), proveniente da Luzzi, e le suggestive tele mariane di Guseppe Pascaletti (XVIII secolo).

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