Avvenire di Calabria

“Una nuova chiesa per una nuova comunità” è il titolo dell'incontro organizzato nella chiesa dell'Immacolata alla presenza dell'arcivescovo Morosini

Una nuova chiesa a S. Elia di Ravagnese, «un sogno condiviso»

Tatiana Muraca

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Un percorso e un sogno condiviso, quello della comunità di San Giovanni Bosco, che ieri si è riunita per l’incontro informativo finale di un cammino intrapreso il 22 febbraio: la costituzione della chiesa dell’Immacolata in località Sant’Elia di Ravagnese.
Un nuovo edificio di culto: ma perché e come costruirlo? A queste domande hanno provato a rispondere i relatori dell’incontro intitolato “Una nuova chiesa per una nuova comunità”, avvenuto proprio all’interno della chiesa dell’Immacolata per presentare i risultati delle attività di partecipazione in vista del bando di concorso. Ad esordire, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, che ha parlato dei fondi messi a disposizione dalla Cei e dall’8 per Mille per costruire le chiese: «È un dare e avere – parole del vescovo – dal basso all’alto e viceversa».
A seguire, l’intervento di don Valerio Pennasso, direttore dell’Ufficio nazionale per i Beni culturali ecclesiastici e per l’edilizia di culto, che ha relazionato sul tema “La costruzione di una nuova chiesa: orientamenti e processi”.
«Noi cerchiamo di gestire al meglio i fondi che arrivano dall’8 per Mille sulla base delle indicazioni date dai vescovi – parole di don Valerio - In base alle nuove disposizioni, le linee di intervento dell’8 per Mille si muovono attraverso la conoscenza, per i musei, gli archivi, le biblioteche diocesane, gli antifurti, gli organi a canne, gli edifici esistenti, i nuovi edifici, per l’acquisto di aree o edifici o case canoniche». L’intervento di don Valerio si è mosso sostanzialmente sul concetto basilare di comunità, che partendo da alcune delle frasi simbolo di papa Francesco, trasmette ai presenti: «Il Pontefice pone come obiettivo fondamentale nell’evangelizzazione, la chiesa che serve per costruire il popolo di Dio, ed è per questo che la stessa chiesa possiede dei beni». Ma il tutto, seguendo il ragionamento di don Valerio, deve guardare al futuro, per avviare processi più che realizzare prodotti, sempre ponendo al centro le esigenze della comunità. «Per diventare popolo di Dio – prosegue – il conflitto non può essere ignorato, deve essere accettato, risolto e trasformato. Il conflitto non è guerra, ma confronto, anche in maniera decisa. Occorre fare comunione delle differenze. Ci vuole collaborazione e integrazione nella comunità, che avanza proposte e idee, stando comunque al passo con la realtà delle cose. È importante, perciò, avviare processi dal basso, che poi passeranno dal parroco, dal vescovo, dal responsabile dell’Ufficio tecnico e così via».
«Non come (facciamo la chiesa) ma per chi (la comunità)», questo il diktat tramite cui ci si ispira alle parole di papa Francesco, che nella Laudato Si’ evidenzia il fatto che bisogna partire dalle persone e non dalle cose. «Solo in questo modo la comunità potrà stare bene nel luogo in cui vive».
«Il fine ultimo di tutto – prosegue don Valerio - deve essere il bene comune all’interno di una crescita di fede, altrimenti si farebbe solo una mera attività imprenditoriale».
Tutto ciò è stato portato avanti in 13 comunità d’Italia, tra cui Reggio Calabria, che ieri si è ritrovata ancora una volta a confrontarsi sul processo che porta alla costruzione di una nuova chiesa.
In merito a quest’ultimo aspetto, tema centrale dell’incontro, è intervenuto don Domenico Morabito, sacerdote reggino e direttore dell’Ufficio diocesano “Edilizia di culto” dell’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova e responsabile del procedimento inerente la nuova Chiesa dell’Immacolata in località Sant’Elia di Ravagnese. “Il percorso a scala diocesana: attese e prossimi sviluppi”, è il titolo dato alla presentazione di don Morabito, il quale ha sviscerato il percorso tortuoso, fatto di alti e bassi, rinunce e speranze, di 34 anni di storia della parrocchia di San Giovanni Bosco, nata con decreto arcivescovile emesso da monsignor Aurelio Sorrentino; dal 1993, sono state avviate poi diverse procedure per l’individuazione dell’area della chiesa. «Si spera adesso che il sogno possa diventare finalmente realtà», ha concluso don Morabito.
Ampio spazio è stato dato alle istanze della comunità che vedrà sorgere il nuovo edificio di culto: don Severino Kyalondawa, parroco di San Giovanni Bosco ha tenuto un intervento corale con la partecipazione di una componente del consiglio pastorale della stessa parrocchia sul tema “Il punto di vista della comunità: l’esperienza delle attività di partecipazione”.
«La tanto attesa chiesa di Sant’Elia finalmente comincia a diventare realtà, anche perché il terreno che la ospiterà è vasto e si potrà pensare a tante cose. La comunità tutta è stata chiamata ad esprimere idee nel corso di diversi incontri in questi mesi, alla presenza anche di esperti. L’ingegnere Luca Chiappetta ha guidato tutti gli incontri. È stato possibile esprimersi sia a voce che tramite la compilazione di diversi questionari su vari ambiti: si sono avanzate idee su materiali, luce, sul tipo di emozione che si sarebbe piaciuta provare entrando in chiesa. Tutte informazioni provenienti dal basso, anche dai bambini, che hanno realizzato “la chiesa dei loro sogni”». Il materiale elaborato adesso verrà vagliato da chi di competenza, affinché all’interno del progetto possano trovare posto le idee della comunità.
«Trasmettiamo il simbolo di una chiesa e di una comunità – parole di don Severino - che si è riunita per portare avanti il sogno di un nuovo edificio di culto».
A concludere i lavori della giornata, l’ingegnere Luca Chiappetta, con una relazione dal titolo “Il processo e i risultati delle attività condotte con le comunità”. Tramite una serie di slide, l’ingegnere ha illustrato il percorso intrapreso con la comunità, che si è voluta «consapevolizzare» sull’intero iter che porta alla costruzione della nuova chiesa. Luca Chiappetta ha riassunto gli incontri avviati il 22 febbraio, poi bloccati e rimodulati a causa dell’emergenza Covid, fino ad arrivare ad oggi, nella parte finale del percorso. «Da ciò che emerso, in base alle esigenze della comunità – chiosa l’ingegnere – si ha voglia di edificare una chiesa moderna, accogliente, luminosa, ma soprattutto aperta verso i giovani e bisognosi del territorio».

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