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L'ultima volta c'era stato a conclusione dell'anno scolastico 2022/2023 annunciando importanti novità, a partire proprio dal sud. C'è attesa per il ritorno in Calabria del ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara. Una visita, la sua, che coincide con un momento non facile per la scuola calabrese.
Se da un lato, infatti, lo stesso ministro ribadisce l'opportunità di realizzare nuovi istituti sui territori per «evitare, innanzitutto, che i ragazzi non vadano sulla strada», in Calabria sono pronti a chiudere ben 17 istituti per via delle nuove esigenze emerse dal piano di dimensionamento scolastico della Regione.
Chissà come Valditara affronterà la questione durante il suo tour, mercoledì 20 - «a testimoniare la presenza dello Stato» - in alcune scuole di territori emblematici della Calabria e del reggino in particolare: San Luca, Platì e Bovalino.
Proprio realtà periferiche della Calabria rischiano di perdere quello che in molti luoghi è rimasto, insieme alle parrocchie e alle stazioni dell'Arma dei Carabinieri, uno degli ultimi baluardi culturali e di legalità.
Accanto a queste nuove "gatte da pelare", però, non mancano le novità in questo anno scolastico da poco iniziato. In particolare due sono le "new entry" chiamati a dare ulteriori risposte ai bisogni educativi dei ragazzi: la figura del docente tutor che dovrà supportare gli studenti nella crescita personale e formativa e quella dell'orientatore che avrà il compito di favorire le attività di orientamento
Sono circa 50.000 i docenti che, secondo quanto previsto dal DM n. 328 del 22 dicembre 2022, nel corso dell’estate hanno partecipato ai moduli formativi per divenire tutor e orientatori per gli studenti di circa 70.000 classi dell’ultimo triennio della scuola secondaria di secondo grado.
La riforma dell’orientamento, prevista dal ministro Giuseppe Valditara, è in fase di avvio e in questi giorni sono al vaglio degli organi collegiali dei diversi istituti le modalità di applicazione e le strategie da impiegare.
Sullo sfondo del Decreto Valditara spiccano le indicazioni dell’Unione europea che sollecitano gli Stati membri a «ridurre la percentuale degli studenti che abbandonano precocemente la scuola a meno del 10%; diminuire la distanza tra scuola e realtà socio-economiche, il disallineamento (mismatch) tra formazione e lavoro e soprattutto contrastare il fenomeno dei Neet (Not in Education, Employment or Training – Popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione); rafforzare l’apprendimento e la formazione permanente lungo tutto l’arco della vita».
PER APPROFONDIRE: Istruzione, visita del ministro Valditara a San Luca e altre scuole della Locride
Si chiede inoltre di potenziare e investire sulla formazione tecnica e professionale dei giovani, «costituendola come filiera integrata, modulare, graduale e continua fino alla formazione terziaria (nel caso italiano gli Its Academy)» e di favorire l’acquisizione soft skills ormai imprescindibili nel mondo del lavoro, come il problem solving, le capacità comunicative, la flessibilità, lo spirito di iniziativa e il pensiero critico.
Secondo quanto indicato dal Decreto, i fondi previsti dal Pnrr (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza) dovrebbero consentire l’attivazione di percorsi e interventi dedicati all’acquisizione di nuove competenze e nuovi linguaggi, possibilmente ad alto contenuto innovativo nell’ambito delle discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), e di iniziative tese a favorire lo sviluppo del sistema di formazione terziaria degli Its Academy per il conseguimento di qualifiche innovative ad alto contenuto tecnologico e con importanti esiti occupazionali.
Insomma, le piste tracciate sono molteplici e sembrano ricche di opportunità. La riforma è ispirata da buoni propositi, non sarà semplice però restare in equilibrio tra le “reali attitudini”, le “legittime aspirazioni” dei nostri studenti e le “esigenze” del mercato del lavoro.
Mentre la società “tecnologica” spinge primariamente verso la formazione scientifica e professionale per colmare il cosiddetto mismatch tra formazione e lavoro, sarà riservata la dovuta attenzione all’essere umano, alla sua identità, al suo percorso ontologico e al suo codice etico? Il modello di homo faber, proattivo e creativo, si salverà dagli agguati del suo antagonista, l’animal laborans, fagocitato e asservito alle logiche del mercato?
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