Avvenire di Calabria

Lorenzo, Matteo e Ferdinand raccontano la propria esperienza estiva presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo di Biella

Una «vacanza» all’insegna del servizio agli anziani

Redazione Web

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“Impegno”, “Tempo” e “Essenziale”: sono queste le parole che hanno accompagnato la nostra esperienza presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo di Biella. Siamo Lorenzo, Matteo e Ferdinand, tre seminaristi del Seminario Arcivescovile “Pio XI” di Reggio Calabria che a Settembre inizieranno rispettivamente il secondo, il terzo e il quinto anno. Quando, al termine dell’anno formativo, il Rettore ci ha proposto quest’esperienza estiva, ognuno di noi, pur cercando di non farsi pregiudizi, ha cercato quantomeno di immaginarsi cosa avrebbe fatto durante le due settimane al servizio degli ospiti della struttura e quali sensazioni ci avrebbero riaccompagnato a casa alla fine. Ad oggi ci appare chiaro che sarebbe stato impossibile, anche con un grande sforzo di immaginazione, aspettarsi di tornare con il cuore così positivamente sconvolto. All’inizio, appena assegnati ognuno al proprio reparto, ci siamo limitati a seguire le istruzioni degli operatori, che a secondo dei reparti assegnavano “compiti” più o meno semplici: dal lavare le stoviglie all’imboccare un ospite, dallo sbucciare la frutta al reggere un malato mentre un operatore lo pulisce, ecc.
Con il passare dei giorni, conoscendo gli ospiti, i loro nomi, le loro storie, quei “compiti”, inizialmente svolti certamente con impegno, nonostante l’inesperienza, ma anche con un certo distacco, sono ogni giorno di più diventati “servizio” e “offerta”. E, paradossalmente, andando avanti il servizio è diventato sempre più difficile: se prima era un anziano quello che imboccavi, dopo qualche giorno era Dario; se prima era una vecchietta di 100 anni quella a cui passavi i biscotti, dopo un po’ era “nonna” Geolinda; se prima era una signora malata quella che aiutavi a pulire, alla fine era Lillí, una moglie innamoratissima del marito, che non smetteva mai di chiamare…
Il tempo trascorso con gli ospiti, insomma ha trasformato il nostro modo di metterci in gioco per essere d’aiuto non più ad anziani o ammalati, ma a fratelli e sorelle, a nonni e nonne, a madri e padri.
Il più grande servizio, tuttavia, non lo abbiamo reso noi agli ospiti, ma loro a noi, facendoci ricordare il valore enorme delle cose di tutti i giorni che diamo per scontate, ma che non lo sono affatto: di un bicchiere d’acqua quando hai sete, di mangiare ciò che vuoi e quando lo vuoi (o anche solo di poter mangiare), di un sorriso che diventa ossigeno quando ti senti sprofondare nella solitudine.
Per tutto questo, le uniche parole da dire sono anche tra le più care a San Giuseppe Cottolengo e che tanto ci hanno accompagnato in questo tempo meraviglioso: Deo Gratias!

Lorenzo, Matteo e Ferdinand

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