Avvenire di Calabria

Donna e madre vittima di ripetute malversazioni consumate tra le mura domestiche oggi si sente una donna rinata e ha deciso di raccontare la sua esperienza

Violenza di genere, la mamma ferita: «Così sono rinata»

Il dramma della signora Rita, dalle minacce alla rinascita: «Oggi mi sento finalmente donna, grazie al Centro antiviolenza "Morabito" di Reggio Calabria e all'amore di mia figlia»

di Francesco Chindemi

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Una storia di violenza con protagonista una donna che, purtroppo, continua a consumarsi tra molte mura domestiche. Il racconto che vi proponiamo è reso unico dal disagio vissuto in prima persona dalla vittima e dalla sua reazione. Rita (nome di fantasia), oggi, ci dice che è «una donna rinata».


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Un percorso di rinascita non semplice e per nulla veloce, ma reso possibile grazie al consiglio di un’amica e all’incontro con specialisti dalla grande sensibilità del Centro antiviolenza “Angela Morabito” dell’Associazione Piccola Opera Papa Giovanni onlus di Reggio Calabria.

Come ha avuto inizio il suo percorso di donna desiderosa di liberarsi dalla morsa della violenza?

Grazie a delle amiche che considero vere e proprie sorelle. Non si sono girate dall’altra parte. Una, in particolare, mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: «non posso provare pena per te, voglio esserti davvero amica, ma da sola io non posso aiutarti. C’è bisogno di gente competente». Così mi ha indicato il Centro “Angela Morabito”, in un momento della mia vita in cui non riuscivo più a riconoscere me stessa e ad accettarmi.

Si sentiva annullata come persona?

Mi ero ridotta a una sorta di zerbino. Ad accettare la violenza come qualcosa di normale. Chi mi ha seguito in questo cammino, invece, mi ha aiutata non solo ad accettarmi come sono ma anche a comprendere che chiudersi nel silenzio non aiuta. Che bisogna avere il coraggio di ragionare con la propria testa e saper dire: «no, tutto questo non lo posso più accettare». Quando ha detto: «finalmente mi sento una donna rinata»? Quando sono riuscita ad avere la mia casa, quando mi sono riscoperta, come donna e come persona. Quando ho cominciato a fare le mie scelte senza farmi condizionare. Quando sei donna vittima di violenza anche decidere di lavarsi la faccia o farsi una doccia non è così automatico. Anche la cosa più banale diventa una sofferenza.

La sua commozione nel raccontare queste cose, non è un segnale di debolezza, ma di coraggio. Cosa si sente di dire alle donne che continuano a subire violenza?

Che è possibile liberarsi dalla morsa della violenza e riconoscersi finalmente come donne. È necessario, però, che siamo innanzitutto noi a rispettarci, ad avere autostima e a non ritenerci fragili o sbagliate. Il primo passo è la vittima a doverlo compiere. Bisogna crederci ed avere pazienza, anche nel denunciare. La denuncia è anch’essa frutto di un percorso di accompagnamento a cui io, personalmente, mi sono affidata proprio presso il centro gestito dalla Piccola Opera Papa Giovanni.

In che modo?

Innanzitutto, non è che una donna si rivolge al Centro antiviolenza e subito scatta la denuncia. Il Centro, semmai, ti aiuta a riconoscere che quanto stai subendo è violenza. Impari, insomma, a riconoscerla, mettendo tassello sopra tassello. Una volta acquisita la consapevolezza e dopo adeguato sostegno psicologico e alla persona, ecco che allora scatta la denuncia presso le forze dell’ordine e della magistratura.


PER APPROFONDIRE: Violenza sulle donne, la proposta: «Fare formazione a scuola»


Certo, c’è ancora tanto da fare, soprattutto sul fronte giudiziario. La rigidità di alcune norme, nonostante i passi avanti fatti negli ultimi anni, non sempre agevola il cammino. Tuttavia incontri veri amici, capaci di sostenerti nel tuo percorso di emancipazione dalla violenza. Mi hanno aiutata a tornare ad essere una persona completa: come donna, lavoratrice e mamma.

C’è qualcun altro che le ha dato la forza di liberarsi dal giogo della violenza?

Mia figlia. Pensi che, prima di venire qui, qualcuno mi aveva suggerito di abortire. Io, invece, mi sono rivolta al Signore accettando la sua volontà. Ed oggi mi posso ritenere una mamma felice, soprattutto perché, grazie a mia figlia, ho riscoperto il vero significato di “amore”: puro e sincero.

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