Avvenire di Calabria

Torniamo a occuparci di Zes a Reggio Calabria e lo facciamo confrontandoci col mondo dell'imprenditoria e dell'insegnamento accademico

Zes a Reggio Calabria e l’inconcepibile miopia della politica sullo sviluppo possibile

Nel nostro dossier abbiamo ascoltato l'opinione di Pino Falduto, Mimmo Gattuso e Domenico Marino: ad unirli un comune sentimento, scopri quale

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Torniamo a occuparci di Zes a Reggio Calabria e lo facciamo confrontandoci col mondo dell'imprenditoria e dell'insegnamento accademico. Nel nostro dossier abbiamo ascoltato l'opinione di Pino Falduto, Mimmo Gattuso e Domenico Marino: ad unirli un comune sentimento, scopri quale.

Reggio Calabria aspetta ancora gli effetti benefici della Zes

di Davide Imeneo - Giuseppe Falduto è un imprenditore reggino con un passato foriero di esperienze in politica (fu assessore all’epoca della sindacatura di Italo Falcomatà e ricandidato recentemente anche in quota Pd).

Nel suo identikit, però, è ben saldo il principio di indipendenza e, spesso, si fa portavoce - quasi in solitaria - delle opportunità “sfumate” di sviluppo del territorio di Reggio Calabria. Lo abbiamo intervistato parlando di imprenditoria e Zes, la Zona economica speciale.

Nei giorni scorsi, insieme ad altri imprenditori, ha indirizzato una missiva al Governo chiedendo di modificare le aree previste per la Zes di Reggio Calabria. Perché?

Il Governo centrale con proprio Decreto del 2017 e con successivo DPCM 12/2018, poi convertito in Legge, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone economiche speciali (Zes) all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possano beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.

La Regione Calabria con propria delibera di Giunta n. 100 del 29/03/2018 ha individuato le aree produttive all’interno delle quali operare, utilizzando le incentivazioni fiscali di legge. Per tali finalità, le aree industriali e produttive dei diversi ambiti provinciali, dovevano costituire gli ambiti naturali per insediare o rilanciare le attività economiche in regime Zes.

È ragionevole pensare che le aree interne all’aeroporto dello Stretto, così come individuate per la Zes di San Gregorio, sono il frutto di un marchiano errore materiale, mentre è altrettanto ragionevole considerare la vicina area industriale di Reggio Calabria - San Gregorio, il reale luogo di destinazione in cui si sarebbero dovuti far operare e crescere i nuovi insediamenti ad incentivazione Zes.


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Quali vantaggi porterebbe il trasferimento delle aree Zes che lei ha previsto?

Consentire alle aziende già operanti, compresa Alival, di poter mantenere i livelli occupazionali e programmare nuove iniziative imprenditoriali.

Perché è così importante collegare aeroporto, porto e ferrovie sulla stessa linea?

In tutto il mondo si tende a rendere intermodale tutto il sistema del trasporto pubblico e privato per ottimizzare i costi e rendere attrattivi le infrastrutture aeroportuali, nel nostro caso è stato evidenziato già da molti decenni che il problema principale del nostro Aeroporto era ed è il difficile collegamento con il mare e la ferroviaria, per superare queste difficoltà, negli anni passati sono state realizzate la fermata ferroviaria “Aeroporto” e il pontile, ma purtroppo sono rimaste scollegate con l’aerostazione e lasciate all’abbandono. Collocare l’aerostazione in corrispondenza della fermata ferroviaria, consente di realizzare immediatamente intermodalita necessaria per avere tutto in “rete”.

È da tanti anni che lei propone questa trasformazione dell’area portoareoportuale…ma viene sostanzialmente ignorato. Perché secondo lei?

La classe politica e dirigente pensa esclusivamente al loro quotidiano e non si pone il problema del futuro dei propri figli nella città di Reggio, anche perché, la quasi totalità viene indirizzata a studiare fuori per poi essere raggiunta dai genitori. Basta fare un giro nel centro storico e si capisce immediatamente, dai cartelli “vendesi” chi è che sta abbandonando la città.

La nostra città ha vissuto un periodo molto lungo, in cui la legalità era in mano al sistema mafioso, rovinando il nostro territorio quasi in modo irreversibile. L’unica possibilità che abbiamo è legata alla redazione di un Piano strutturale comunale che cerchi di rendere economicamente vantaggioso la demolizione di una grande quantità di costruzioni realizzate abusivamente e puntare sulla rigenerazione urbana e alla valorizzazione della costa e dei torrenti eliminando tutti i vincoli ambientali che di fatto tutelano l’esistente (degrado e spezzatura).

Non le sembra che in questa città manchi una visione? Più che le occasioni di sviluppo manca la volontà di sviluppare il territorio: lei che ne pensa?

Si parla di turismo senza avere una cultura turistica, si parla di università e di cultura senza avere la capacità di fare ricerca e produzione culturale, si parla di agricoltura e si parla solo di bergamotto, sinceramente mi sembra che i risultati smentiscono il racconto che viene fatto dai

soliti noti. La nostra posizione è centrale nel mare Mediterraneo, attraversano lo Stretto tra Reggio e Messina migliaia di imbarcazioni turistiche e commerciali, bisogna affiancare alla “stazione di servizio” commerciale, “il porto di Gioia Tauro”, la stazione di servizio per il turismo nautico, non esiste in Europa una città che può contare su un Aeroporto collegabile direttamente alla ferrovia e al mare.


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Sistema dei trasporti locali? Gattuso: «Di modestissima qualità»

Zes e infrastrutture, nodo cruciale. Ne abbiamo parlato col professor Domenico Gattuso, ordinario di Pianificazione e Ingegneria dei Trasporti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria.

Come giudica i risultati dell’infrastrutturazione legati alla Zes di Gioia Tauro?

In origine la Zes doveva essere circoscritta al territorio attorno al porto di Gioia Tauro. Prevedeva l’adozione di misure di detassazione e di sostegno ad iniziative imprenditoriali nel campo della logistica, sulla scia di altre esperienze internazionali, per rendere più competitiva Gioia Tauro su scala internazionale.

La Zes non comportava la realizzazione di infrastrutture. Si è assistito poi ad una degenerazione dell’iniziativa. Inizialmente con l’estensione incauta ad ampie aree del territorio calabrese lontane dal porto, poi con la nascita di Zes per altri porti italiani, infine con il moltiplicarsi di soluzioni assimilabili; nei fatti si è pervenuti ad un appiattimento dello strumento originario.

Quali sono le criticità più importanti che secondo lei dovrebbero essere affrontate presto e bene?

Il sistema di trasporto è di modestissima qualità. Occorre assicurare standard ordinari di mobilità, attraverso: il potenziamento della ferrovia ionica e dei servizi, recuperando i fondi destinati da un APQ Stato–Regione (500 milioni di euro) spariti; flotta di treni a media e lunga percorrenza, tipo Frecciarossa, per servizi di qualità sulle direttrici tirrenica e ionico-adriatica; messa in sicurezza della rete viaria regionale a cominciare dalla SS 106 e dalla viabilità delle aree interne; adeguamento delle dotazioni infrastrutturali e di trasporto pubblico nelle città, con particolare attenzione alla mobilità attiva e alle PMR; autonomia gestionale e rilancio dell’aeroporto dello Stretto; raccordo dei porti alle reti primarie; servizi portuali e marittimi adeguati; abbattimento delle tariffe di traghettamento sullo Stretto in ragione del diritto alla continuità territoriale; piano regionale della logistica con nodi di scambio merci strutturati e priorità alla ferrovia sull’itinerario ionico-adriatico, attraverso l’istmo Lamezia-Catanzaro Lido.

Il Ponte sullo Stretto sarebbe effettivamente utile o rischierebbe di rimanere una cattedrale nel deserto?

È un’opera che non ha senso, dato che i traffici di attraversamento dello Stretto continuano a ridursi negli anni. Vi sono seri dubbi circa la sua fattibilità legati a problematiche geologiche, strutturali, di traffico e di natura finanziaria. I collegamenti aerei e marittimi merci da e per la Sicilia non passanti per lo Stretto sono in continua crescita ed hanno ancora ampi margini di sviluppo. Il costo del ponte è enorme (23 Miliardi); le risorse potrebbe essere meglio destinate allo sviluppo equilibrato del sistema dei trasporti dell’intero Mezzogiorno.

Porto, Aeroporto di Reggio e Zes: qual è la sua visione?

Il porto di Reggio può giocare un ruolo significativo per la mobilità passeggeri sullo Stretto, nel campo della crocieristica e del turismo, in parte anche sul comparto commerciale. Va adeguata l’infrastruttura e vanno attivati servizi oggi assenti.

L’aeroporto dello Stretto ha un potenziale di 1 milione di passeggeri all’anno, esso è stato mortificato da politiche sbagliate e interessi lobbistici. In passato aveva toccato punte di 700 mila utenti. Esso può rappresentare un nodo primario per l’intera area metropolitana, anche attraverso l’attivazione di servizi utili e voli low cost e charter facendo leva sulla continuità territoriale, mai adoperata (a differenza di altre regioni meridionali e mediterranee europee che godono di finanziamenti rilevanti), la cooperazione con l’aeroporto di Catania che è ormai in saturazione.

Occorre comunque una società di gestione nuova, autonoma e con manager di elevato profilo; nonché un passo indietro di certa politica distruttiva. La Zes non serve su Reggio a meno che il porto non rientri sotto la giurisdizione dell’Autorità portuale di sistema di Gioia Tauro, com’era previsto nella legge iniziale. (D.I.)


PER APPROFONDIRE: Zes in Calabria, dalla giunta via libera al piano di rilancio


Marino: «Un decennio di annunci ma di risultati concreti neanche l’ombra»

di Domenico Marino * - I l 2022 è stato un anno molto positivo per Gioia Tauro. La pandemia che ha sconvolto l’economia della maggior parte dei paesi del mondo negli ultimi tre anni, non solo non ha inciso negativamente sui traffici del porto di Gioia Tauro, ma ha al contrario avuto un effetto positivo.

Infatti, il porto di Gioia Tauro ha raggiunto nel 2022 il suo massimo storico in termini di traffici con circa tre milioni e mezzo di teus. Nel 2020 era stato reso operativo il gateway ferroviario che permetterà il trasferimento diretto delle merci da nave a ferrovia e sono state rese operative tre gru del tipo gantry cranes capaci idi operare con navi da 22000 teus, che comportano un aumento di produttività consistente pe rle movimentazioni anche in correlazione con il fatto che il porto ospita settimanalmente navi del tipo ULCS (Ultra-Large Container Ship) navi con capacità di più di 18.000 teus.

Il tempo sembra volgere al bello per Gioia Tauro e c’è da augurarsi che il trend positivo possa continuare. Tuttavia non si possono nascondere i rischi per il Porto di Gioia Tauro, rischi che sono sempre presenti nel settore del transhipment. Il mercato del transhipment è un mercato fortemente oligopolistico, con un tasso di concentrazione in poche compagnie che si è accresciuto negli ultimi anni.

Mentre venti anni fa secolo le prime tre alleanze controllavano il quaranta per cento circa del traffico, oggi le prime tre alleanze (2M, The Alliance e Ocean Alliance) controllano circa il novanta per cento del mercato. Questo fatto costituisce un primo elemento di debolezza per i porti che, di fatto, sono costretti a subire le decisioni strategiche di queste alleanze. Gioia Tauro ha in questo quadro un ulteriore elemento di debolezza perché dipende solo ed esclusivamente dall’alleanza 2M.

In questo scenario si inserisce, poi, l’inizio dell’operatività dello scalo di Vado Ligure che sarà l’unico altro porto oltre Gioia Tauro a poter gestire in Italia le Ultra-Large Container Ship. In uno scenario sempre più competitivo e con il varo di navi con capacità di più di 24.000 teus non è detto che in Italia ci sia posto per più di un porto di transhipment e gli investimenti fatti rischiano di non essere sufficienti a essere competitivi in questo scenario.

La Zes, presentata come panacea di tutti mali di Gioia Tauro, si sta rivelando, un rimedio veramente blando e incapace di costituire un fattore di successo nel settore del transhipment, anche ipotizzando che poi effettivamente decolli.

Sono ormai quasi 10 anni che si parla di Zes, ma i risultati latitano e all’orizzonte non si scorge nulla di significativo. Due a mio avviso sono i nodi critici ancora non risolti della Zes.

Il primo nodo è il rapporto fra Zes e programmazione regionale. Lo sviluppo della Zes impone una riscrittura integrale dei documenti di programmazione, mettendo questa idea al centro di tutta la programmazione e puntando principalmente su di essa.

Se volete è un’idea strategica, da riempire di contenuti, che offre una opportunità unica di sostituire la “vecchia logica dei programmi operativi con una idea nuova e più efficace. Questa riscrittura è una scommessa, sulla quale bisognerebbe necessariamente puntare.

La Zes è un’idea strategica, una strategia dell’innovazione, che può essere vincente, se opportunamente governata e finanziata. Ma non basta cambiare i nomi alle cose per far cambiare il sapore della minestra!

Bisogna cambiare i contenuti dei programmi di politica regionale e, soprattutto, gli uomini che pensano e attuano questi programmi, altrimenti, come spesso è avvenuto in passato, avremo nomi e sigle altisonanti ed evocativi, che però, se si prescinde dal nome o dall’acronimo, nella realtà altro non sono che il tentativo, fallito in partenza, di una riproposizione di vecchie e obsolete idee di sviluppo, senza alcun coordinamento logico e senza alcun costrutto.

Cosa bisogna, dunque, fare? Dare un’anima alla Zes puntando su innovazione e creazione di reti; agire subito per rompere il monopolio di Contship su Gioia Tauro, aprendo ad accordi con altre alleanze; continuare ad investire sulle infrastrutture ferroviarie, sull’intermodalità e sull‘innovazione di processo e aprire il Porto di Gioia Tauro alla polifunzionalità.

* Università Mediterranea - Rc

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