Michele Di Bari ha un compito gravoso: quello di rappresentare lo Stato in un territorio che storicamente si sente tradito da esso. «Un territorio – afferma il prefetto di Reggio Calabria – si riscatta se in parallelo noi abbiamo due leve che possono creare i presupposti di sviluppo e di crescita. Queste due leve sono il lavoro e la cultura».
Il lavoro. Eppure c’è chi sostiene che la Prefettura crea disoccupazione con le interdittive antimafia, ad esempio.
«È un falso problema: le concorrenze leali sono frutto di sforzi di onesti imprenditori che affrontano il mercato pagando i tributi».
Ma le ricadute sono tangibili.
«Voglio sfatare un mito. Se c’è un contratto di un’opera pubblica da completare, secondo il decreto legge 90 del 2014, è previsto che una volta adottata l’interdittiva antimafia il Prefetto – di concerto con l’Anac – nomina il commissario straordinario».
Quando avviene questo?
«Quando sussistono determinate condizioni, quali il completamento dei lavori iniziati, la tutela di una situazione occupazionale particolare e non arrecare aggravi alla finanza pubblica. Questa norma ha già diverse “buone pratiche” in tutto il Paese con società portate in bonis».
Anche perché – dalle ultime attività degli uffici giudiziari – spesso “appalto pubblico” è sinonimo di malaffare.
«Su questo versante abbiamo attivato iniziative stringenti. Anzitutto il protocollo di vigilanza collaborativa siglato dalla Prefettura, dall’Anac, dalla Procura e dal Comune di Reggio Calabria che è un esempio per tutto il Paese, grazie alla grande disponibilità di Federico Cafiero de Raho e di Raffaele Cantone. Un intervento circostanziato già nella fase iniziale dell’appalto».
Un primo passo verso la trasparenza.
«A cui si aggiungono altri: pochi giorni fa si è stipulato un ulteriore protocollo tra la Prefettura e il Comune di Reggio Calabria che si incarica di vigilare sull’esecuzione dei lavori. Come? Partendo dai cantieri e dalle assunzioni. È la prima volta che si monitoreranno i flussi finanziari delle imprese impegnate negli appalti pubblici».
Come sostenenva Giovanni Falcone: “seguire la scia dei soldi...”
«Non solo: stiamo predisponendo l’accesso antimafia ai cantieri; un gruppo interforze coordinato dal Prefetto visiterà personalmente i luoghi di lavoro delle opere finanziate coi soldi pubblici».
Azioni per arginare lo strapotere mafioso.
«C’è uno Stato che non lesina né uomini né mezzi. Qui abbiamo il più alto indice di strutture al servizio della collettività. Fa male quindi, quando si sentono linee distoniche su questa vicenda. Lo Stato crea l’humus perché cultura e lavoro possano germogliare».
Anche attraverso l’intervento sulla politica, penso agli scioglimenti dei consigli comunali.
«Sono attività repressive che io ritengo necessarie perché lo Stato deve mettere un diaframma tra ciò che è legalmente fattibile e ciò che non lo è. Altrimenti avremo una generica confusione di ruoli da parte di tutti e uno sconfinamento anche di carattere pedagogico nei confronti delle nuove generazioni che si sentiranno di dire: “possiamo fare quello che vogliamo”».
Uno Stato che è dovuta intervenire anche su “temi sponosi” come l’Aeroporto dello Stretto.
«È un nodo che è venuto al pettine. Perché vi sono tanti dipendenti? Non sta a me dirlo, però registriamo che il soggetto gestore dell’aeroporto (la Sogas Spa, ndr) ha avuto una dichiarazione di fallimento. Grazie ai curatori fallimentari si sta tentando di evitare la chiusura dello scalo».
Una situazione analoga al Porto di Gioia Tauro.
«Bisogna fare chiarezza: il Governo nazionale ha trovato la soluzione di ricollocare i quattrocento esuberi nell’Agenzia del lavoro gestita dall’Autorità portuale di Gioia Tauro. Ma dall’ultimo incontro sembrerebbe che quel fatidico numero di quattrocento, probabilmente scenderà».
Quale sarà la direzione che intraprenderà il suo Ufficio nei prossimi mesi?
«Lo Stato deve stare vicino alle povertà; c’è bisogno di una visione diretta dei fenomeni, anche al fine di adottare strategie più incisive. Se le devo segnalare due cose che mi stanno a cuore sono la tendopoli di San Ferdinando e i comuni della Locride».