Avvenire di Calabria

Un padre assente, immerso in una specie di letargo genitoriale, si sveglia bruscamente nel ruolo di estraneo nella vita del proprio figlio

Adolescenti, ecco perché è importante la figura del padre

Laddove il padre si è trasformato in un “mammo”, dopo gli immediati benefici pratici,ci si è imbattuti nei danni del lungo termine

Silvia Rossetti

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Nei momenti di sconforto per qualche genitore l’azione educativa è quasi una tela di Penelope: così faticosa da tessere e drammaticamente esposta ai danni dei “guastatori” che, a turno, sono incarnati dalle mitologiche “cattive compagnie” (ormai di collodiana memoria) o dai disturbi con i quali la tecnologia e le tendenze contemporanee, lambiscono (e in alcuni casi devastano) la nostra quotidianità.

E volendo restare nella bella metafora della tela, due fili grossi soprattutto sono stati tenaci a intrecciarsi, sfidando faticosamente i disegni complessi o le resistenze del tessuto. Forti dell’ostinazione dell’amore padre e madre, i due fili grossi appunto, hanno creduto nella visione generale del disegno che ora, sulle soglie dell’adolescenza del figlio cresciuto in fretta, inizia a mostrarsi con qualche imperfezione e anche qualche variante imprevista. L’adolescenza è infatti quel momento in cui la percezione di sé, l’autocoscienza si trasforma in identità. E per avere identità bisogna che nel disegno abbiano trovato posto i contenuti, i valori e i principi, così rari da individuare e difficili da far “germogliare” oggi nel processo educativo. E se nella prima età il processo si è snodato tutto intorno all’accudimento e alla trasmissione “affettiva” dei contenuti, ora è il momento in cui l’individuo giunga ai confini del proprio essere e, esplorandoli, familiarizzi coi propri limiti e si confronti con le altrui identità per costruire assieme a loro la propria esistenza relazionale.

Nella fase primordiale della tessitura il filo grosso dominante è stato, per sua natura, quello materno. A questo punto quindi il testimone dovrebbe passare al padre, figura che gli psicologi definiscono “normativa” e più idonea al percorso che porta all’emancipazione dal nucleo familiare stesso. Attenzione però a non confondere le due distinte fasi (accudimento materno/emancipazione paterna) rigidamente con le figure genitoriali di riferimento. Entrambi i genitori potrebbero assolvere alla funzione di accudimento e a quella cosiddetta normativa, anche a parti invertite. Il problema si presenta quando nel nucleo familiare la figura normativa è completamente assente e ci sono due doppioni dediti entrambi all’accudimento o, nei casi peggiori, assenti.

Proprio in questo passaggio pare che scricchioli il nostro sistema; tra l’infanzia e l’adolescenza si spalanca una sorta di baratro educativo.
Come accade che la presenza, in alcuni momenti perfino asfittica, dei genitori si trasformi di colpo in latitanza? Nella migliore delle ipotesi le figure sono entrambe presenti, ma l’una è fotocopia dell’altra. Laddove il padre si è trasformato in un “mammo”, dopo gli immediati benefici pratici,ci si è imbattuti nei danni del lungo termine.

Poi ci sono casi in cui il padre è proprio assente, o “evanescente”. Un padre assente, immerso in una specie di letargo genitoriale, si sveglia bruscamente nel ruolo di estraneo nella vita del proprio figlio. Lo psicologo Pietropolli-Charmet spiega che “dietro la rabbia adolescenziale c’è sempre la voglia di padre”.

Oggi più che mai, quindi, occorrono i padri o serve qualcuno che si faccia carico della funzione genitoriale “normativa”, che un tempo portava al ben noto “scontro generazionale”. L’orizzontalizzazione delle relazioni della famiglia e la scomparsa dell’assetto gerarchico ha scommesso incautamente sul principio di co-genitorialità che, per avere fondamento deve basarsi sulla reciproca stima, il buon accordo e una fondamentale unità di vedute da parte dei genitori. Requisiti oggi per nulla scontati nel panorama generale delle famiglie (e degli individui) in crisi.

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