Salute mentale, quando il lavoro fa bene: l’esperienza di Artinsieme
Elisa e Nuccio Vadalà co-fondatori di questa iniziativa: «Attraverso la creatività e l’occupazione è possibile offrire prospettive di vita. Il nostro è un modello replicabile»
Può una malattia tenere sotto scacco una famiglia? Ebbene sì, perché a tenere sotto assedio non sono soltanto le bollette da pagare, l’instabilità economica e lavorativa o le difficoltà scolastiche di un figlio ribelle. Ci sono famiglie che ogni giorno corrono affannosamente contro il tempo, alla ricerca di una cura che possa alleviare una malattia che non è mai solo di un membro ma coinvolge ed affligge tutto il suo nucleo. Stiamo parlando delle famiglie in cui viene diagnosticato un disturbo dello spettro autistico.
L’autismo si presenta come una malattia complessa, che si distingue per gravi difficoltà nella comunicazione, nel comportamento e nell’interazione con gli altri. Come mai allora queste famiglie, la loro fatica quotidiana e l’impatto che la malattia ha su di loro passano inosservate, isolate in una società spesso poco attenta ai bisogni sociali? Eppure sempre più si parla di autismo e di disabilità. Sempre più leggiamo di un forte aumento di questi casi, circa quattro bambini su mille ne vengono colpiti. Sempre più se ne parla in relazione all’inclusione scolastica e lavorativa.
I genitori si trovano a fronteggiare l’angoscia e la difficoltà nel comprendere e gestire i comportamenti insoliti tipici dell’autismo, e il senso di inadeguatezza e di impotenza spesso li spinge ad isolarsi. Privati di momenti di svago, di relax o di vacanza, inevitabilmente cadono all’interno di una spirale di stress cronico che mette a dura prova i legami, rendendo difficile la capacità di individuare forme di resilienza e di adattamento.
Così, se le terapie comportamentali sono considerate come le più efficaci ed hanno come obiettivo il miglioramento delle abilità sociali e lo sviluppo delle autonomie quotidiane, un intervento familiare di tipo psicoeducativo per il trattamento dei comportamenti problematici può migliorare notevolmente la qualità della vita della famiglia intera. Ciascuna terapia intrapresa, infatti, diventa inefficace se non condivisa con i genitori, definendo priorità educative adeguate allo stile di vita di quella famiglia. Non basta fornire informazioni dettagliate sull’autismo. È preferibile che i genitori vengano accompagnati nelle difficoltà quotidiane, nella gestione delle autonomie e nell’incremento degli interessi di gioco e di abilità del proprio figlio. È necessario prevedere la partecipazione attiva dei genitori ai programmi educativi, supportandoli dal punto di vista emotivo e pratico nella costruzione di obiettivi realistici ed efficaci.
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