Avvenire di Calabria

Non ci voleva particolare acume politico per capire quanto e come l'Autonomia differenziata potesse essere la pietra tombale per lo sviluppo della Calabria

L’Autonomia differenziata ora fa paura anche alla Regione Calabria?

La Regione, capeggiata da Occhiuto, per molti mesi ne ha sostenuto lo sviluppo salvo adesso collocarsi tra i "malpancisti" della maggioranza di Governo.

di Redazione Web

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Non ci voleva particolare acume politico per capire quanto e come l'Autonomia differenziata potesse essere la pietra tombale per lo sviluppo della Calabria e del Mezzogiorno. Eppure la Regione, capeggiata da Occhiuto, per molti mesi ne ha sostenuto lo sviluppo salvo adesso collocarsi tra i "malpancisti" della maggioranza di Governo.

La Calabria fa dietrofront sull'Autonomia differenziata

Il percorso che Calderoli propone per l'Autonomia differenziata «non è quello che avevamo pattuito». Lo afferma Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, in un'intervista a "La Stampa".

Il ministro leghista vorrebbe prima approvare la legge sull'Autonomia, poi garantire le risorse per finanziare i Lep, «ma è un approccio sbagliato. Le due cose devono viaggiare insieme, altrimenti - dice il governatore azzurro - per il Sud l'Autonomia rischia di diventare una trappola».

«Temo che il primo vagone del treno, quello con la legge sull'Autonomia, arrivi puntuale in stazione mentre gli altri vagoni, che contengono il finanziamento dei Lep e il meccanismo di perequazione, finiscano su un binario morto. Senza il finanziamento dei Lep e senza il fondo perequativo (destinato ai territori con minore capacità fiscale pro-capite, ndr), i vantaggi per il Mezzogiorno sarebbero pochi. L'effetto finale, in altre parole, sarebbe quello di avere un aumento del divario tra Sud e Nord. Esattamente il contrario di quello che potremmo ottenere».


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«Il disegno di legge sull’‘autonomia differenziata’ rivela una politica che persegue obiettivi diametralmente opposti a quelli del bene comune. Una politica che, invece di unire, divide, che invece di garantire l’universalità dei diritti sociali e civili trasforma quei diritti in beni di mercato, in privilegi economici». Così don Luigi Ciotti in un articolo pubblicato sull’edizione di ottobre di Vita pastorale, anticipata al Sir.

«Tradendo così i princìpi costituzionali, base di quel progetto ideato dai ‘padri’ della Repubblica per eliminare le disuguaglianze sociali ed economiche e per garantire a tutti i cittadini i diritti che rendono tale una democrazia: il diritto al lavoro, alla casa, allo studio, all’assistenza sanitaria. Tradimento che, nella presente circostanza, non ha peraltro nemmeno il coraggio di dichiararsi tale, ricorrendo a un uso manipolato e manipolatorio delle parole», aggiunge.


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«Il percorso parlamentare si è appena avviato, ma c’è preoccupazione che questo meccanismo finisca per aggravare le disuguaglianze». Mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, ha risposto in questi termini alle domande dei giornalisti sull’autonomia differenziata, durante la conferenza stampa di chiusura del Consiglio permanente dei vescovi italiani.

Secondo il vescovo, «occorre tenere conto dell’incidenza territoriale sui diritti fondamentali dell’uomo: già in Italia siamo in presenza di quella che si definisce una salute diseguale. La nascita su un territorio piuttosto che in un altro incide sulla possibilità di avere o meno accesso alle cure». L’auspicio della Chiesa italiana, invece, è «che ci sia una differenziazione nell’aiuto, in modo da venire incontro ad eventuali lacune e disuguaglianze».

Per la Cei, quindi, c’è «grossa preoccupazione» che l’autonomia differenziata «possa allargare eventualmente le disuguaglianze tra le parti del nostro Paese, il quale ha una naturale vocazione all’unità pur nella diversità. La stessa Costituzione, del resto, esorta a rimuovere gli ostacoli per una uguaglianza sostanziale tra i cittadini, in modo che a tutti sia dato il necessario per usufruire dei propri diritti».


PER APPROFONDIRE: Autonomia differenziata, l’arcivescovo Battaglia: «rompe concetto di unità, lacera senso di solidarietà e divide il Paese»


«L'Autonomia differenziata? È il tema cui ho dedicato una lunga relazione. Io penso che, per come l'hanno immaginata e si punta a realizzarla, questo progetto sia un enorme macigno gettato sulle spalle di generazioni presenti e future. Ma sia chiaro: non ci interessa orientare voti, parlare dei partiti. A noi interessa solo il destino dei fratelli. Quelli che stanno ai margini, innanzitutto». A dichiararlo è monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Cei ai taccuni di Repubblica.

Queste riflessioni, all'interno della Cei, appartengono storicamente alla Chiesa meridionale. «Sì, intanto riprendiamo il discorso iniziato dodici mesi fa su aree spopolate e dimenticate, e anche sulle vite di chi resta ai margini pur abitando nelle città. È vero che le disuguaglianze territoriali hanno sempre sollecitato l'attenzione della Chiesa. In uno studio di Matteo Prodi , sono raccolte tre lettere dei vescovi italiani sul Mezzogiorno: datate 1948, poi '89 e 2010. Ora è anche più complesso il tema del divario Nord -Sud, che rischia di aggravarsi. Ma vedo che se ne parla proprio poco... »

Pensa che il regionalismo non si possa applicare senza riequilibrare la "spesa storica"? «Certo, andrebbero prima correttequeste disuguaglianze, molto evidenti sull'asse Nord-Sud, ma presenti un po' in tutto il territorio. In fondo, basterebbe tenere a mente quello che diceva don Milani, una domanda limpida, che tutti capiscono : "Si può dividere in parti eguali, tra diseguali?».

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