Editoriale di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, stamane sulla crisi politica dell'Italia. «C’è solo una spiegazione per la mancata nascita del governo gialloverde del professor avvocato Giuseppe Conte: i due leader politici che ne avevano costruito a tavolino programma e compagine ministeriale, cioè Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non l’hanno voluto più. O, almeno, non l’hanno più voluto così come l’avevano ufficialmente presentato e congegnato. Non c’è altra spiegazione. Ma può esserci, e infatti c’è, un motivo per una simile squassante decisione». Questa la chiave di lettura del direttore del quotidiano dei vescovi italiani che argomenta la sua tesi.
Dall'alto della sua esperienza trentennale di cronaca politica, Tarquinio cerca di superare i bagliori della crisi divampata, per comprenderne i reali "carboni ardenti" che covavano tra il Quirinale e l'asse M5s-Lega. «Appare semplicemente insensato - prosegue Tarquinio nel suo editoriale oggi in edicola - che due capi politici mandino all’aria un difficilissimo lavoro di cucitura fatto ormai al 99 per cento per l’impuntatura sul nome di un ministro, sia pure per una casella assai importante come quella del titolare della politica economica e fiscale».
E sul ruolo terzo di Mattarella, il direttore di Avvenire sottolinea come «sia sotto gli occhi dell’intera opinione pubblica, anche di quella ora eccitata all’insulto e persino alla vergognosa minaccia paramafiosa oltre che alla "marcia su Roma" il 2 giugno, che per consentire il risultato della nascita di un «governo politico», il governo gialloverde appunto, Mattarella ha concesso ai giocatori pentastellati e leghisti tutti i "tempi supplementari" che essi gli hanno via via richiesto, dilatando a livelli record la durata della crisi di avvio della XVIII Legislatura».
Un'attesa che, però, non prevedeva in alcun modo la paventata "uscita dall'euro". «Purtroppo, invece, si tratta di un attentato all’intelligenza degli italiani e, forse, anche ai loro portafogli. Perché in ballo - spiega Tarquinio - dietro slogan e facilonerie sull’Unione Europea (che siamo anche noi) e sulla moneta comune (che è anche nostra) e sul debito pubblico (che è affar nostro, ma che la scelta europea ha reso più sostenibile anche se non meno pesante) ci sono davvero i risparmi delle famiglie, l’esistenza e lo sviluppo di imprese grandi e piccole, il lavoro e i servizi essenziali per noi e i nostri figli».
Una crisi pilotata, insomma, secondo Tarquinio: «Si è cercato un pretesto per far saltare in aria la XVIII legislatura e, a tutti i costi, lo si è voluto trovare». «L’Italia e gli italiani meritano più trasparenza, più linearità, più verità. Il presidente Mattarella, con l’incarico di servizio al professor Carlo Cottarelli, ha aperto una via «neutrale» all’uscita dalla più paradossale delle crisi. Sino all’ultimo - conclude il direttore di Avvenire - la speranza sarà che i signori della politica sappiano usarla al meglio. Nonostante tutto».