Avvenire di Calabria

Affettività e sessualità, l’antropologia tecno-digitale, la delusione delle istituzioni, la cultura dell’indecisione: questi i temi

Bignardi: «Ecco le sfide cruciali dei giovani tra valori e fede»

Paola Bignardi *

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Chi sono i giovani di oggi? Tutti pensano di sapere quasi tutto di loro, eppure gli stereotipi e i pregiudizi che corrono su di loro sono più numerosi delle conoscenze rispondenti alla realtà. Sono stati detti sdraiati, schizzinosi, indifferenti, sfigati…; etichette tutte negative, non certo utili a svegliare nei giovani la fiducia in se stessi e la voglia di mostrare quanto valgono. Spesso si chiudono nel loro mondo, fatto di precarietà, desideri frustrati, progetti negati. Bisogna mettersi in ascolto delle loro idee ed esperienze, per capirli. È quello che ha fatto Papa Francesco nel percorso di preparazione al prossimo Sinodo, nella convinzione che ciò che essi portano nel cuore è molto più di quello che si vede, soprattutto di ciò che riescono a vedere gli adulti. Ascoltare i giovani è quello che sta facendo anche l’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica, con il suo Osservatorio Giovani che ogni anno pubblica un Rapporto sulla condizione giovanile. Il Rapporto 2018 mette in luce come i giovani sentano di essere una generazione di valore, un valore poco riconosciuto e ancora meno considerato è richiesto per la vita della società di oggi e di domani. I giovani stanno vivendo la più profonda trasformazione che sta investendo la società occidentale e le sue espressioni culturali. L’Instrumentum Laboris in preparazione al Sinodo, reso noto il 19 giugno, mette in evidenza come i giovani siano gli interpreti più sensibili di quelle sfide che segnano le culture del nostro tempo; e cita alcune delle più significative: la concezione del corpo, dell’affettività e della sessualità, gli effetti antropologici del mondo digitale, la delusione delle istituzioni, la “cultura dell’indecisione” a fronte della sovrabbondanza delle proposte… Anche la dimensione religiosa è interessata a questo cambiamento. Essa si sta manifestando come ricerca di un modo personale di vivere il rapporto con Dio. Il processo di personalizzazione assume spesso caratteri così esasperati da rendere la ricerca religiosa dei giovani individualistica, soggettiva, privata. È significativo che a proposito della chiesa si chiedano che cosa c’entri con il loro rapporto con Dio. Vivono la loro ricerca religiosa come domanda di senso e soprattutto come ricerca di relazioni. In genere pensano che sia bello credere, perché chi crede non è mai solo. Hanno un brutto ricordo del periodo in cui hanno frequentato il catechismo: hanno desiderato soprattutto che finisse e in effetti hanno abbandonato la comunità cristiana e la pratica religiosa appena dopo la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione. Alcuni di loro, nella seconda fase della giovinezza, hanno ripreso i contatti con il mondo religioso, non riuscendo spesso a ricollegarsi con la comunità cristiana. La dimensione religiosa è come se fosse brace sepolta sotto la cenere: non si vede, ma c’è. Solo un’azione educativa lungimirante, paziente, capace di novità sarà capace di soffiar via la cenere e di risvegliare luce, calore, vita. Il modo inedito con cui i giovani vivono la loro ricerca di Dio e tutto il loro percorso verso la maturità mette in luce la necessità di adulti significativi capaci di star loro vicini, disposti ad accompagnarli nella loro ricerca, ad aprire loro prospettive, a far intravedere grandi orizzonti e ad accogliere il loro bisogno di crescere e di realizzarsi secondo un progetto di vita di valore. Ha bisogno di adulti veramente tali, disponibili a giocarsi in una relazione educativa generosa, in cui parola e silenzio, proposta e ascolto, vicinanza e rispetto parlino di fiducia e facciano vedere il profilo di un’umanità che valga la pena di essere vissuta.

* coordinatrice Forum internazionale di Ac e componente del comitato per il Progetto culturale Cei

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