Avvenire di Calabria

La Giunta approva il nuovo modello per i servizi ai cittadini, frutto di un lavoro sinergico

Calabria, la rivoluzione del welfare

Luciano Squillaci

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È stato necessario un po’ di tempo, ma sembra che la tanto attesa riforma delle politiche sociali abbia ormai intrapreso la via giusta. Ormai da quasi due anni la Regione Calabria, ed in particolare l’Assessorato alle Politiche Sociali, ha lavorato per rendere finalmente una realtà l’applicazione della Legge 328 del 2000. La Calabria è infatti l’unica regione italiana rimasta ancora priva di una concreta programmazione partecipata e territoriale dei servizi. Un percorso di riforma partecipato, quello portato a compimento dalla Regione, che ha visto la collaborazione delle principali sigle di rappresentanza del modo associativo e del Terzo Settore, dei sindacati e dell’Anci in rappresentanza dei comuni. E certamente va riconosciuto all’Assessore Federica Roccisano il coraggio di aver voluto portare avanti il percorso, pur rischiando di scontentare molti. Non vi è dubbio infatti che la riforma è vissuta con profondo sgomento da parte di molti Comuni che, non senza ragione, temono di trovarsi addosso nuove e gravose responsabilità. Timori che i Comuni capofila degli ambiti territoriali, sui quali ricade la responsabilità più importante della programmazione, hanno espresso con chiarezza più volte e che ha determinato un accordo tra la Regione e Federsanità Anci, teso proprio al sostegno ed all’accompagnamento dei comuni nella fase di start up della riforma. Certamente, al di là delle paure, sarà determinante, affinché la riforma rappresenti davvero un passo avanti, la capacità di progettare che saranno in grado di mettere in campo i Comuni nella costruzione dei Piani di Zona che nei prossimi anni andranno a ridisegnare il nostro sistema di welfare. Così come la capacità di rinvenire e riunire tutte le risorse all’interno di una sorta di “interfondo” per ogni ambito territoriale, finalizzandole verso una programmazione unica ed intersettoriale che renderà sostenibile economicamente il sistema stesso. Perché tut-È to ciò accada i diversi ambiti dovranno essere disponibili a portare avanti processi di programmazione realmente partecipati, attraverso il coinvolgimento degli attori sociali, istituzionali e del terzo settore, degli stessi portatori di interesse e delle famiglie, nonché in senso lato dei cittadini e delle comunità territoriali. Solo l’attivazione di processi di tale portata, infatti, potrà consentire la dovuta qualità alla programmazione, evitando le derive meramente “spartitorie” tra comuni, che hanno purtroppo funestato negli anni passati i tentativi di programmazione già realizzati. Senza dubbio la riforma costituirà un banco di prova fondamentale, sia per le istituzioni che per il mondo del Terzo Settore. Una prova che potrà dirsi superata solo se tutto questo percorso sarà vissuto come una reale opportunità, avendo tutti il coraggio di mettere qualcosa da parte in vista del più importante bene.

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