
A Camini il laboratorio sulla lavorazione della ginestra
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Le origini della tessitura a Longobucco sono antichissime e comuni ad altre realtà calabresi: la Ginestra è pienamente inserita nelle tradizione dell'intera area silana in cui ricade il borgo.
Il paese di Longobucco, in provincia di Cosenza, sorge ai margini del Parco Nazionale della Sila Greca. Lo circondano monti, fiumi e laghi ricchi di varietà animali e vegetali. Qui, tra il fitto dei boschi e le minacciose spaccature dei monti, a tarda primavera fiorisce la ginestra, in una distesa di macchie gialle dal profumo intenso.
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Le origini della tessitura a Longobucco sono antichissime e comuni ad altre realtà calabresi. Si racconta che i pirati turchi durante le scorrerie prendevano prigionieri gli abitanti delle coste calabre. Alcune donne, dopo un lungo periodo trascorso nei paesi orientali, riuscirono a ritornare al luogo di origine e a portare l'arte della tessitura, in particolare l'arte del decoro della tela.
Sin qui la leggenda, ma a Longobucco tutto ciò è storia documentata. Vari poeti, fra i quali Padula, De Giacomo e Corso, avventurandosi nel piccolo borgo silano, lasciano preziose tracce dello splendore della tessitura longobucchese dei tempi remoti, lodando disegni e colori che contraddistinguono una forma d’artigianato tessile assolutamente singolare.
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Già i Greci e Romani la utilizzavano come pianta da fibra per la produzione di reti da pesca e manufatti vari. Con la ginestra, gli abitanti di Pompei creavano abiti, come testimoniano le tracce dell’arbusto trovate negli scavi. Plinio il Grande nella sua De rerum natura racconta come nel I secolo A. C. la ginestra fosse utilizzata per la creazione di lenzuola e tovaglie.
Nella prima metà del novecento, in Italia operavano oltre sesssanta ginestrifici di cui quindici in Calabria. Le donne si recavano di buon mattino nei boschi per raccogliere i rami di ginestra che venivano poi macerati, sfibrati, filati e tessuti a mano per realizzare corde, sacchi e tela per confezionare camicie e biancheria.
Il tessuto per eccellenza dell’Arte tessile longobucchese è la coperta. La lavorazione delle coperte è antichissima e non si può stabilire un'epoca precisa di inizio di tali lavori tessili, poiché non se ne ha memoria né scritta né orale.
Certo è che tale lavorazione non è stata importata da fuori, ma è un perfezionamento della lavorazione della lana e della seta. Di sicuro, le prime coperte furono lavorate in modo rudimentale e con poca perfezione a causa della mancanza di disegni che, con il tempo, l'operosità e l'ingegno delle massaie longobucchesi portò a grande sviluppo.
Una coperta longobucchese completa è formata da cinque disegni concentrici: al centro abbiamo “u sìattu”, disegno di fondo che si espande per circa due terzi del tessuto al quale fanno da cornice altri quattro tipi di disegno: “u parafilu”, “a guardiédda”, “a greca” e infine “u pizzìattu”. Inoltre alla bordura della coperta viene cucita la “francia”, realizzata sempre a mano e al telaio.
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Oggi, a Longobucco e San Giovanni in Fiore laboratori tessili come quelli di Eugenio Celestino e Domenico Caruso cercano di tenere viva la tradizione tessile della regione: filati di ginestra, seta e lino vengono utilizzati per creare preziose coperte e arazzi dai temi decorativi inesauribili e dalla ricca policromia, testimonianza di una cultura ricca di contaminazioni greche, arabe, bizantine e armene. Tuttavia, non è facile oggi innestare una filiera produttiva su larga scala di materiali come la ginestra: per estrarre la fibra tessile occorre sviluppare impianti industriali efficienti, che al momento sono in fase di sperimentazione.
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È il settimanale cattolico ‘Albo reggino’ nel 1865 a narrarne minuziosamente la ritualità: «Lo spettacolo religioso offerto nel Giovedì Santo». La Chiesa di Gesù e Maria fu eretta nel 1520. L’ampliamento a fine ’800 da mons. Mariano Ricciardi.