Avvenire di Calabria

L'esperienza del rapper reggino Kento nel carcere minorile. Da un decennio tiene laboratori di scrittura coi ragazzi dietro le sbarre

Carcere minorile e rap, l’artista reggino Kento racconta l’esperienza dietro alle sbarre

E ancora: tutti i dati dal circuito penale minorile di Reggio Calabria snocciolati dal Procuratore del Tribunale per i minorenni, Di Palma

di Francesco Creazzo e Federico Minniti

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L'esperienza del rapper reggino Kento nel carcere minorile. Da un decennio tiene laboratori di scrittura coi ragazzi dietro le sbarre: una storia di ascolto di giovani che desiderano una vita straordinariamente normale.

Kento racconta come il rap aiuti i ragazzi del carcere minorile

Rapper e scrittore di Reggio Calabria con all’attivo 3 libri, 10 dischi e più di 1.000 concerti. Da oltre 10 anni tiene laboratori di scrittura in carceri, scuole e comunità di recupero. È stato ospite speciale del Premio Tenco al Teatro Ariston di Sanremo e sul main stage di Umbria Jazz. Premiato da ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, Cultura Contro le Mafie. Autore e interprete di serie trasmesse su Rai Gulp (Entra Nel Cerchio, 2020) e Repubblica TV (Barre Aperte, 2022).

Quando e perché Kento entra la prima volta in un carcere minorile?

Succede quasi per caso, un'associazione mi chiama per un primo laboratorio (che fu un vero disastro!). Da quel momento in poi mi rendo conto che posso lasciare qualcosa ai ragazzi detenuti e prendermi qualcosa da loro. Così è iniziato un percorso bello lungo - e che continua ancora adesso - da cui sono venute fuori tante canzoni, un libro e tanta creatività e stimoli.

Cosa significa per te varcare quella soglia?

In realtà il momento più segnante per me non è mai l'ingresso in carcere, bensì l'uscita cioè quando il blindo ti si chiude alle spalle e capisci che sei libero. La prima cosa che fai è tirare un sospiro di sollievo, subito dopo, però, arriva il dispiacere, a volte il senso di colpa, e tante domande su quei ragazzi che rimangono dentro. La tua vita va avanti, mentre loro restano dietro le sbarre.

Quante storie in questi anni.

La cosa che mi sorprende è la quasi banalità dei loro desideri, dei loro sogni, dei loro progetti. Se chiedi loro: "Cosa vorresti dal domani?". Le loro risposte sono quasi sempre le stesse: avere una famiglia, stare insieme alla donna che amo, avere un buon lavoro. Questo desiderio di normalità è una cosa pazzesca. E, in controluce, è facile pensare che probabilmente è la normalità che è mancata nella loro infanzia.

Provi ad ascoltarli e a farli esprimere attraverso il rap. Un passaggio immediato?

I laboratori sono incentrati sulla scrittura. Per loro il rap è qualcosa che c'è sempre stato. Il punto cruciale non è farli diventare rapper di mestiere, ma far mettere loro la penna sul foglio e aiutarli a interrogarsi. Questi ragazzi sono quasi sempre i destinatari delle comunicazioni, ma raramente sono coloro che vengono ascoltati.

Infine, una nota dolente. Si moltiplicano i cantanti trap che inneggiano alla mafia. Perché accade?

È evidente che ci sono tanti disvalori nella musica che sono gli stessi che ci sono nella società. Personalmente sono assolutamente contrario a qualsiasi forma di censura. Il vero punto è l'educazione all'ascolto consapevole, non è mai troppo presto di parlare ai nostri ragazzi: sono loro che decidono o meno il successo di un'artista. Bisogna aiutarli a "sfruttare" il loro potere nel pensare col proprio cervello.


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Roberto Di Palma è a capo della Procura presso il Tribunale dei minori di Reggio Calabria dal marzo del 2021. Per il secondo anno consecutivo, lo scorso 30 dicembre, ha voluto presentare alla stampa un report completo delle attività svolte dal proprio ufficio. Prima di approdare negli uffici di via Marsala, il magistrato è stato una delle figure di riferimento della Dda reggina: suoi moltissimi dei processi mossi negli ultimi 20 anni contro le cosche della fascia tirrenica e della Piana di Gioia Tauro.

La relazione sulla Giustizia minorile a Reggio Calabria

«Il faro della giustizia minorile è esaltare il principio guida dettato dalla nostra Costituzione: la funzione di recupero, riportare il ragazzo che ha sbagliato in società, fargli cambiare strada». Non può essere più semplice - o più difficile - la missione della giustizia minorile, specie a Reggio Calabria, e il procuratore Roberto Di Palma ci tiene a ribadirlo, in apertura della conferenza stampa del 30 dicembre, con cui lo stesso magistrato reggino ha voluto annunciare numeri, sfide e risultati che si sono succeduti nel corso del 2022.

Più che rappresentare cifre isolate e fredde, il valore numerico, nel discorso di Di Palma, ha valore introduttivo per presentare un tema più ampio, sia per ciò che riguarda le sfide, che per quanto concerne gli strumenti di cui la procura minorile reggina è orgogliosa, come l’ampio ricorso all’istituto della “messa alla prova”. «È uno strumento importantissimo di cui ci siamo avvalsi in modo costante». Un percorso, quello della cosiddetta “Map”, che da un’opportunità seria di reinserimento al ragazzo che ha violato la legge ma che - avverte Di Palma - «si fa in due: lo Stato fornisce un sentiero, il giovane deve percorrerlo».

Ma attenzione a pensare che le deviazioni dal comportamento socialmente accettabile siano legate esclusivamente all’estrazione sociale o al disagio familiare, che pure gioca una componente decisiva. Secondo il procuratore infatti «queste problematiche si manifestano anche in famiglie che potrebbero, ad un primo sguardo, sembrare perfette ma che non dedicano ascolto ai propri figli.

È la mancanza di attenzione, il mancato riconoscimento della dignità del ragazzo a creare il problema».Una meccanica, questa, che favorisce la criminalità organizzata: «La ‘ndrangheta - analizza Di Palma - è in grado di millantare questo riconoscimento di dignità, di far sentire un ragazzo, che magari si sente una nullità, importante. Basta una pacca sulla spalla, un caffè». Tutto questo avviene al di fuori delle famiglie che appartengono ai clan, per quelle è attivo da anni il protocollo “Liberi di scegliere", ma è per i centinaia di ragazzi di famiglie “normali” che vengono avvicinati che deve scattare quella che Di Palma chiama «la mano tesa» di uno Stato che «non deve lasciare indietro nessuno».

E per includere, per offrire queste seconde chances, la procura e il tribunale dei minori hanno attivato protocolli con la Reggina, l’Università per stranieri e stanno tentando di farlo con le scuole per combattere una piaga devastante: la dispersione scolastica.

Inquietante anche l’allarme lanciato al termine della conferenza stampa da Di Palma, stimolato dalle domande dei cronisti su due fenomeni in apparenza assenti sul territorio: baby gang e prostituzione minorile. «Le Baby gang effettivamente non esistono sul nostro territorio - ha affermato il procuratore - ma è invece inquietante il fenomeno della pedopornografia autoprodotta. Sono le stesse ragazzine a filmarsi e a immettere questi video nei circuiti. I cellulari dei coetanei ne sono tragicamente pieni».

La fotografia del disagio

Sono stati 195, perfettamente in linea con i 197 del 2021, i fascicoli aperti dalla magistratura inquirente nei confronti di minori (noti) quest’anno. Ecco i numeri snocciolati in conferenza stampa dal procuratore per i minorenni Roberto Di Palma nella conferenza di fine anno. Numeri che restituiscono uno spaccato complesso del disagio giovanile in città. In linea anche il dato dei fascicoli contro ignoti (41 nel 2021 contro i 49 del 2022), in crescita invece i cosiddetti “atti relativi”, quelli che non sono qualificati come reato ma che ad esso sono normalmente prodromici: nel 2022 ben 312 contro i 249 del 2021. Crescono anche i fascicoli civili del 25% in un solo anno.


PER APPROFONDIRE: ”Mare fuori”, successo per la fiction sul carcere minorile


Minori non accompagnati: tra i migranti sono oltre il 12% i ragazzi che arrivano soli

F ino ad oggi sono stati 12.687 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto il nostro Paese via mare. Il dato è aggiornato allo scorso 27 dicembre. I minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane lungo tutto il 2021 sono stati 10.053, 4.687 nel 2020, 1.680 nel 2019, 3.536 nel 2018 e 15.779 nel 2017. Proporzionalmente, i ragazzi arrivati autonomamente e senza accompagnatori in Italia sono in linea con gli anni scorsi, in rapporto con il totale degli arrivi.

Un’emergenza che, da anni e anni, non accenna a placarsi. Migliaia di ragazzi senza genitori o adulti di riferimento che arrivano in Italia via terra e a bordo di barconi sui quali rischiano la vita, in cerca di una vita migliore. I numeri dicono poco delle loro storie che, a prescindere dal paese di provenienza e dunque dai motivi che li hanno inizialmente spinti a partire, hanno un inferno in comune: le indicibili sofferenze cui i migranti sono sottoposti nei centri di detenzione libici.

Torture, violenze sessuali, estorsioni e riduzione in schiavitù sono solo alcune delle terribili esperienze che questi minori devono sopportare prima di approdare sulle sponde del continente europeo. Sono invece finora 101.922 le persone migranti sbarcate sulle coste da inizio anno.

Nello stesso periodo, lo scorso anno furono 64.476 mentre nel 2020 furono 34.134. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina. Negli ultimi giorni sono state 799 (108 venerdì, 85 sabato, 82 domenica, 485 ieri e 39 oggi) le persone registrate in arrivo sulle nostre coste che hanno fatto salire a 7.581 il totale delle persone arrivate via mare in Italia da inizio mese.

L’anno scorso, in tutto dicembre, furono 4.534, mentre nel 2020 furono 1.591. Dei quasi 102mila migranti sbarcati in Italia nel 2022, 20.490 sono di nazionalità egiziana (20%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Tunisia (18.018, 18%), Bangladesh (14.583, 14%), Siria (8.582, 9%), Afghanistan (7.241, 7%), Costa d’Avorio (5.783, 6%), Guinea (4.343, 4%), Pakistan (3.110, 3%), Iran (2.326, 2%), Eritrea (2.099, 2%) a cui si aggiungono 15.347 persone (15%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Quella dei minori non accompagnati è una vera e propria emergenza che riguarda soprattutto il mondo dell’immigrazione.

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