Avvenire di Calabria

Come vincere le dipendenze: da sostanza a persona

L'analisi del presidente nazionale della Federazione italiana delle comunità terapeutiche, Luciano Squillaci: ''Fallimento di un sistema di cura e contrasto''

Luciano Squillaci

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Ci troviamo di fronte ad uno Stato colpevolmente ignavo, in vergognoso silenzio, ormai assuefatto al grido di dolore di migliaia di persone e delle loro famiglie. La ricorrenza della giornata mondiale di lotta alla droga che si celebra martedì, dovrebbe essere un’utile occasione per fare il punto sul lavoro fatto e per programmare gli obiettivi futuri.

E invece, anche quest’anno, possiamo solo testimoniare il fallimento di un sistema di cura e di contrasto, che un tempo rappresentava un modello per l’intera Europa, e che oggi si manifesta in tutta la sua inadeguatezza, arretrato, ingessato, disegnato da una normativa di quasi 30 anni fa, incapace di rispondere alle necessità di un fenomeno in rapida e costante evoluzione.

Circa 460mila italiani, nella relazione al Parlamento, vengono definiti bisognosi di un trattamento terapeutico per dipendenza patologica, ma di questi solo 140mila vengono intercettati dal sistema di servizi per la riabilitazione. Solo un italiano su 3 trova risposta ai propri bisogni di cura!

Negli ultimi 10 anni nessuna forma di patologia ha avuto un’evoluzione così rapida e letale come quella legata alle dipendenze. Un fenomeno che si modifica quasi quotidianamente non solo negli stili di consumo o nelle sostanze abusate, ma negli stessi presupposti degenerativi che lo determinano. Nonostante questa costante evoluzione, il sistema italiano di contrasto e cura è rimasto fermo al modello classico, pensato e costruito per l’eroina, disegnato da una normativa, il Dpr 309/90, di quasi 30 anni fa. Non è un caso che sui 140mila tossicodipendenti in trattamento, 120mila abusano di eroina quale sostanza primaria. Il nostro modello di cura, ormai vetusto e ancora fondato sulla sostanza, invece che sulla persona, non è più capace di rispondere con efficacia ad un’epidemia in preoccupante e costante aumento.

Strategie politiche inesistenti, problemi di budget che rendono difficoltoso il diritto alla cura, investimenti nella prevenzione ridotti zero. Tutti segnali inequivocabili di un sorta di resa generalizzata: oggi delle dipendenze non importa più niente a nessuno.

E in Calabria, se possibile, la situazione è persino peggiore. Su una stima di 15mila cittadini calabresi che avrebbero bisogno di interventi terapeutici, i dati dell’Osservatorio regionale ci parlano nel 2016 di meno di 4.000 tossicodipendenti presi in carico dal sistema di cura, di cui solo 365 inviati dai Ser.D. in una delle 21 comunità calabresi. E per quanto riguarda gli investimenti, basti pensare che la spesa per le dipendenze patologiche non supera lo 0,3% dell’intero bilancio sanitario regionale, a fronte di un minimo indispensabile pari all’1%.

Insomma un buco nero all’interno del quale, ormai da anni, si dibatte il sistema di cura per le dipendenze in Italia e in Calabria, per uscire dal quale non è più possibile procedere con azioni estemporanee o inventarsi servizi improvvisati. Occorre fermarsi e ridisegnare il modello: è necessario che il Governo nazionale e regionale si prendano realmente carico del problema, con investimenti adeguati al reale fabbisogno, a cominciare dai percorsi di prevenzione strutturati all’interno delle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanili. Occorre farlo subito, per evitare, il prossimo 26 giugno, di tornare a certificare un fallimento annunciato.

* presidente Federazione italiana comunità terapeutiche

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