
Una firma che vale carità speranza e accoglienza
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Il vicario episcopale alla Cultura analizza i primi passi dell’arcidiocesi di Reggio - Bova conclusi ieri dopo le relazioni della biblista Manes e dell'arcivescovo Maniago.
Il 26 agosto scorso si è tenuta nella Sala Stampa Vaticana la conferenza stampa che ha presentato e dato avvio alla seconda fase del Sinodo sulla sinodalità, cioè dell’evento nuovo che ha interrogato, incuriosito, forse disorientato e indispettito tanti nell’anno pastorale appena trascorso, ma che innegabilmente ha introdotto una novità, proponendo un cambiamento di prospettiva e intendendo educare all’atteggiamento dell’ascolto, mediante quelle parole che descrivono la natura stessa di una Chiesa che vuole essere tale: “comunione, partecipazione, missione”.
Il cardinal Grech, segretario generale del Sinodo, così ha descritto il cammino fin qui fatto: conclusi i due momenti decisivi, la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari ed il discernimento dei Pastori, sono state raccolte le sintesi delle Conferenze episcopali. La Segreteria del Sinodo, con un gruppo qualificato di esperti, si riunirà a breve per redigere un Documento di sintesi, che avvierà la cosiddetta fase continentale.
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La consultazione e l’ascolto dei membri del Popolo di Dio ha solo iniziato un processo permanente, che innesca quella virtuosa circolarità di profezia e discernimento necessaria per scorgere dentro le voci umane la Voce dello Spirito che sostiene e guida la Chiesa. Grech ha specificato che la certezza di ciò che lo Spirito dice alla Chiesa si ha nel “sentire insieme”, “nel con-sentire”, e fruttifica nello spettacolo dell’unità, evitando il rischio, per i singoli, per i gruppi o addirittura per la Chiese nazionali, di concepirsi come gli unici interpreti di Dio.
Così, il documento che ne risulterà costituirà l’Instrumentum laboris per la fase assembleare che si terrà a Roma nel 2023. Il cammino che la nostra comunità diocesana si appresta a vivere nel nuovo anno pastorale, si colloca in questo contesto, ed è commovente pensarlo dentro il grande Corpo della Chiesa universale, di cui fanno parte comunità grandi e piccole di Paesi martoriati come Nicaragua, Ucraina, Haiti, Myanmar, Libano, Repubblica Centrafricana, che tra mille difficoltà umilmente seguono, tra innumerevoli ostacoli e sofferenze noti a tutto il mondo.
Allora, come proseguirà il cammino nella nostra Chiesa diocesana? Accogliendo i suggerimenti della Conferenza episcopale italiana, che ha invitato le comunità a confrontarsi con l’icona evangelica della Casa di Marta, Maria e Lazzaro, attraverso un documento dal titolo “I cantieri di Betania”, la nostra diocesi si fermerà ad ascoltare la Parola nel primo mercoledì di ogni mese, nelle zone pastorali, e proseguirà con l’ascolto dei fratelli nelle comunità locali, cercando altresì di intercettare coloro che vivono al di fuori delle comunità stesse.
Nel lavoro di ascolto reciproco che si è svolto a Cucullaro alla fine di luglio tra il vescovo, gli organismi di partecipazione, i direttori degli Uffici di Curia e i membri della Consulta delle Aggregazioni Laicali sono emerse due priorità: la cura della dimensione spirituale (stare con Gesù) e l’attenzione alla dimensione comunionale – fraterna (Chiesa – famiglia).
PER APPROFONDIRE: Cammino sinodale, la riflessione di Maniago apre la seconda fase diocesana
Così si è pensato di rileggere il cammino già compiuto e di progettare quello futuro alla luce di tre relazioni: nella Casa di Betania la relazione di Gesù con Lazzaro (risurrezione), la relazione con Maria (ascolto e formazione), infine quella con Marta (operosità organica e a carità). In quest’ultimo ambito la nostra Chiesa diocesana è chiamata a prendersi a cuore, alla luce dell’appartenenza a Cristo, le concrete situazioni dei fratelli uomini, attraverso l’esercizio accogliente e propositivo di uno stile nuovo negli spazi della società civile e della politica, spazi che aspettano dai Cristiani una parola nuova e una presenza libera e fattiva che motivino la speranza e rendano possibile il cambiamento. Per questo, consapevoli che «nessun dono di grazia più ci manca», riprendiamo il cammino con docilità ed entusiasmo, uniti «in solo corpo, con un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione».
* vicario episcopale per la Cultura dell'arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova
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