Avvenire di Calabria

Lo psicoterapeuta: «Prevenzione e presenza sono le armi principali»

Dipendenze, una sfida sempre aperta. Voce agli esperti.

Squillaci (Fict): «Il proibizionismo e l'antiproibizionismo hanno fallito»

di Francesco Chindemi e autori vari

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«Adulti attenti a non abdicare al vostro ruolo di genitori». L’arma più efficace di prevenzione contro le dipendenze tra i giovani è nel saper dare l’esempio. Lo afferma Marco Sirotti, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore dell’area dipendenze patologiche del Gruppo Ceis (Centro italiano di solidarietà) di Modena (Emilia Romagna), tra le più grandi e importanti realtà della rete delle comunità terapeutiche italiane.

Lo abbiamo intervistato su “vecchie” e “nuove” dipendenze «con e senza sostanza» in vista della 36esima Giornata mondiale di lotta alla droga che si celebra domani.

Dottore, partiamo da un dato: l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti è sempre più diffuso tra adolescenti e giovanissimi. C’è un perché?

Un primo perché trova spiegazione all’interno di una società che legittima il ricorso a “sostanze” per regolare l’emotività od ottenere prestazioni in tempi molto rapidi, fin dalla tenera età. È importante, invece, insegnare ai propri figli a saper convivere con frustrazioni e dolori, senza caricarli di attese tali da giustificare il ricorso a scorciatoie che rischiano di aprire la porta alla somministrazione di sostanze illegali.

L’altro motivo?

Un tempo le droghe erano meno accessibili. Si trovavano soprattutto in zone di devianza e malfamate e questo contribuiva a tenere lontani i più giovani. Oggi, invece, la droga - anche la cocaina - si acquista a buon mercato. E poi è dappertutto: dai bagni delle scuole medie, a quelli dei superiori, persino all’interno del gruppo scout. Tra i ragazzi non vi è nemmeno la percezione che la cessione e la condivisione di una sostanza stupefacente sia un reato. Così come si sottovalutano gli effetti sulla propria salute. Penso, ad esempio, ai cannabinoidi, dannosissimi per il Sistema nervoso centrale. Gli adolescenti di oggi, purtroppo, hanno molte più possibilità di sperimentare rispetto ai coetanei delle generazioni precedenti.

Giovani sempre più esposti a rischi, dunque. Ma oggi sembra che il pericolo sia legato anche alle cosiddette dipendenze “senza sostanza”…

Sono tutte quelle dipendenze che rientrano nella sfera comportamentale. Riguardano in particolare il gioco d’azzardo, le dipendenze affettive, quella da internet e dal gaming. La loro diffusione impone anche un approccio nuovo nella cura. La sanità pubblica, per come previsto dagli attuali Lea (Livelli essenziali di assistenza, ndr), al momento prevede cure gratuite solo per le dipendenze da gioco d’azzardo. Per le altre bisogno accedere purtroppo ai servizi privati a pagamento. Su questo c’è un grande dibattito in corso… Faceva riferimento a Internet. Oggi vediamo sempre più ragazzi, anche in tenera età, legati ad un device. Quando si può parlare di dipendenza? Si ha dipendenza quando vengono stravolti i quotidiani e normali ritmi della nostra vita. Quando rinuncio ad uscire con gli amici, quando salto i pasti, quando la mattina non mi alzo per andare a lavorare o a scuola perché devo terminare un partita, oppure perché devo guardare in maniera ossessiva una serie di filmati in rete. Quando si arriva al punto di rinunciare alle relazioni, poi, ci troviamo di fronte ad una dipendenza che si traduce, spesso, anche in astinenza o in crisi nel momento in cui, per esempio, non ho più il cellulare o uno strumento tecnologico a disposizione.

Quali sono le principali manifestazioni della “patologia” soprattutto tra i ragazzi?

Ritiro, depressione e apatia. Si arriva a questo livello dopo aver stimolato in maniera eccessiva la mia vita a tal punto da non riuscire a trovare più niente di paragonabile dal punto di vista della stimolazione cognitive. La conseguenza è un abbassamento del livello di interesse per le relazioni e tutto ciò che ruota attorno ad esse. Incontri e convegni, fuori e dentro le scuole. Tante soluzioni prospettate. Ma spesso non ci si rende conto che ormai siamo chiamati a convivere con le nuove tecnologie.

Le chiedo, però, se c’è una “cura”.

La cura è la presenza. Gli adulti, soprattutto per i ragazzi, non possono abdicare al loro ruolo di genitori. Anch’io sono d’accordo che non si può spegnere il telefono. Ma ci sono alcuni momenti in cui va fatto. Ecco che ritagliare spazi, durante la giornata, legati al dialogo è fondamentale. Penso all’ora di pranzo o a cena. L’importante è che la comunicazione non venga mediata dalla tecnologia. L’errore che non va fatto è “disabilitare”, al contrario, la capacità di stare in relazione che i ragazzi hanno tanto bisogno di allenare.

In che modo?

Più il genitore è autorevole e meno ha bisogno di imporsi. L’autorevolezza si costruisce però attraverso il dialogo e la coerenza… perché sappiamo come va a finire se un adulto che si accende una sigaretta dice di non fumare ad un adolescente. Insomma, l’esempio parte sempre dai più grandi. Esatto. Del resto i giovani non ci chiedono altro che essere coerenti. Il compito dell’adulto è creare un’atmosfera davvero familiare dove ci sia attenzione reciproca degli uni verso gli altri, cercando di tradurre ciò che vedo con le parole. Potrebbe parlare di alfabetizzazione emotiva. Anche se i nostri figli rispondo in “grugnese”, quasi borbottando, non fa niente. Importante è non stancarsi, non “abdicare”, perché in quanto genitori e non amici ci ascolteranno comunque.


PER APPROFONDIRE: Conferenza sulle dipendenze, Squillaci (Fict): «Una delusione»


Dipendenze, non solo droga. La vera sfida è quella educativa

di Luciano Squillaci*

Oggi ricorre la 36ma giornata mondiale di lotta alla droga, occasione per rimettere al centro del dibattito, almeno per un giorno, la questione delle dipendenze patologiche, troppo spesso dimenticata o, peggio, oggetto di spot elettorali e diatribe ideologiche. Eppure tante cose sono cambiate da quando, negli anni ‘70 ed ‘80, scoppiava anche in Italia l’emergenza droga, con centinaia di giovani riversi sui marciapiedi e con la siringa ancora al braccio.

L'invasione della cocaina e del Crack

Erano gli anni dell’eroina, quando ancora la cocaina sembrava una leggenda metropolitana, roba per ricchissimi industriali e per figli di papà. Nulla lasciava anche solo immaginare che a distanza di poco più di venticinque anni, la cocaina avrebbe imperversato sulle nostre strade al punto da avere quasi totalmente soppiantato l’eroina e le altre sostanze. Da qualche anno ormai, mentre a farla da padrone è sempre la cannabis, abbiamo assistito al preoccupante aumento del famigerato crack, un pericolosissimo derivato della cocaina, molto diffuso soprattutto in Sicilia e Calabria. Ma tutti i dati sono come sempre impietosi: un trend in drammatico aumento di abuso di sostanze illegali ma anche legali (consumo di alcol e psicofarmaci enormemente aumentato soprattutto in pandemia), così come le morti collegate all’abuso di sostanze, quasi due al giorno lo scorso anno, un dato che decuplica se si considerano le morti collegate (ad esempio gli incidenti stradali).

Accesso facile alle droghe sul dark web e in strada

Mercati in grande espansione, con lo sdoganamento accelerato durante il lockdown del dark web, l’area oscura di internet dove è possibile in pochi minuti acquistare di tutto, ma anche traffici internazionali che continuano ad ingrassare le ‘ndrine e le mafie di tutto il mondo (sono solo di qualche mese fa i sequestri record al porto di Gioia Tauro). Insomma un’emergenza della quale pare non accorgersi nessuno, o peggio che è più semplice dimenticare o nascondere sotto il tappeto come la polvere e rispetto la quale la cosa più seria, per celebrare questa giornata mondiale, è domandarsi in cosa abbiamo sbagliato. Sono passati solo pochi giorni da quando a Casal Palocco la nostra società di cartone, dell’immagine a tutti i costi, si è schiantata su una “insignificante” Smart provocando la morte ingiusta del piccolo Manuel. Ed i soliti immancabili test hanno rilevato tracce di cannabinoidi nel sangue dello youtuber che guidava. Sarebbe sin troppo facile ora scatenare l’ennesima crociata contro le sostanze, colpevoli di cotanto orrore. Ma sarebbe anche, come spesso è stato in passato, un modo inutile di lavarsi le coscienze.

Proibizionismo e antiproibizionismo, posizioni ideologiche e fallimentari

Anche coloro che, come chi scrive, sono da sempre poco inclini a percorsi che consentano il libero accesso alle droghe, sanno molto bene che ragionare di tossicodipendenza partendo solo dalle sostanze è come tentare di risolvere un problema partendo dal risultato. Lo scorso 10 giugno, proprio in Calabria a Cosenza, in preparazione a questa giornata mondiale, le reti principali di rappresentanza delle comunità terapeutiche, Fict, Cnca ed Intrcear, hanno costruito un momento di approfondimento, alla presenza delle maggiori cariche governative ed istituzionali, dal quale è emerso con limpida chiarezza il totale fallimento di politiche fondate esclusivamente sulle battaglie, spesso ideologiche, tra proibizionisti ed antiproibizionisti. Perché quella da vincere non è solo la sfida, pur importante, del contrasto e della repressione.

Dipendenze, una sfida educativa

Quella più difficile è la sfida educativa, che si colloca in un contesto che non può prescindere dalla concreta ed effettiva centralità delle persona. La complessità delle dipendenze, sia da sostanze che comportamentali (internet, azzardo, affettive), obbliga ad un approccio capace di abbracciare la multidisciplinarietà dell’intervento, sociale, sanitario, giuridico, lavorativo, e che non può limitarsi a ragionare “per categorie” ma che necessita di reale integrazione sui territori.

  • * presidente Federazione italiana
    comunità terapeutiche

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Sbornie digitali, tutti i modi per «disintossicarsi»

di Silvia Rossetti

Dopo la sospensione delle lezioni scolastiche la flemma estiva è pronta a spazzare via in un lampo la routine invernale dei nostri Stare insieme, cura per che previene le dipendenze La proposta Vacanze estive un’opportunità per aiutare i ragazzi a uscire dai propri recinti adolescenti.

Estate, saltano le routine e bisogna dare un senso alle giornate

Saltano i consueti orari della giornata, a cominciare dalla sveglia del mattino, che tende progressivamente a coincidere con l’ora del pranzo. Ai genitori occorreranno nervi saldi e determinazione per riuscire a invertire il ritmo sonnolento e pigro dei propri figli e tentare di dare un senso alle prossime torride giornate. In effetti tra giugno e settembre trascorrono tre mesi: un periodo troppo lungo per essere sprecato nella totale inattività!

Non si può solo "resistere" al richiamo del digitale

Per qualcuno dei nostri ragazzi ci saranno magari carenze da recuperare, quindi lo studio è previsto, in forma individuale o attraverso corsi di recupero. Certo tutti dovranno resistere agli assalti “a sciame” dei compagni di svago; alla riscossa di smartphone, tv e videogiochi; alle tentazioni della spiaggia, del parco e della piscina; alle gite in bicicletta o in motorino. Insomma la gestione del tempo estivo dei ragazzi si trasformerà per genitori e nonni in un’impresa ai confini dell’eroismo. Sarà il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera, quella sottile venatura di angoscia che funesterà i momenti di apparente spensieratezza, al largo di un magnifico mare o in alta quota. Qualcuno afferma che ormai si tratti di compiti “anacronistici” e privi di efficacia pedagogica e didattica.

Parola d'ordine: avere una vera alternativa al digitale

Il dibattito è aperto, ma allora al posto dei compiti occorrerebbe trovare dei metodi alternativi per rendere fruttuoso questo tempo di pausa, per preservarlo dalle “sbornie” digitali (o di altro tipo) e favorire la necessaria maturazione dei nostri adolescenti. Ben vengano, quindi, corsi estivi in cui si possa socializzare, oltre che imparare. Molte sono, tra l’altro, le scuole che aprono le sedi anche d’estate per consentire agli studenti di partecipare a laboratori di ampliamento dell’offerta formativa. Ben vengano anche i “lavoretti” veri e propri, riservati ai più volenterosi e audaci, a cominciare dalle opportunità offerte dai centri estivi, dove gli adolescenti possono fare da tutor ai bambini più piccoli e sperimentare il difficile “mestiere” dell’educatore, o dagli impieghi stagionali sulle riviere, o nelle città particolarmente affollate di turisti.

Nuove opportunità e competenze

Si tratta di opportunità che favoriscono l’acquisizione di nuove competenze e permettono di mettere in campo le proprie potenzialità, uscendo dal personale recinto. Ben vengano tutte quelle attività che permettono di lavorare sulla più grave carenza di questa generazione: l’autonomia (pratica e di pensiero). Assegniamo ai nostri ragazzi piccoli incarichi, o semplicemente chiediamo loro di accompagnarci a fare la spesa, coinvolgendoli nella scelta dei prodotti e anche nella definizione del budget a disposizione. Soprattutto di questo hanno bisogno i nostri giovani: confrontarsi con la realtà! Insomma, l’estate deve essere il tempo della crescita e delle scoperte: evitiamo che diventi il tempo del “nulla”!

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