Avvenire di Calabria

Dopo i Consigli (metropolitano e comunale) congiunti e aperti di ieri rimangono tante riflessioni, ma poche azioni intraprese

Dissesto Asp, Reggio prova a muoversi. Ma verso quale direzione?

Federico Minniti

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«Non si può commissariare la dignità degli ammalati». Il pugno allo stomaco arriva a metà dei 21 interventi programmati nei lavori dei Consigli, comunale e metropolitano, congiunti e aperti alla cittadinanza, celebrati a Piazza Italia tra i due palazzi istituzionali degli Enti Locali di Reggio Calabria e indetti all'indomani dalla proposta di dissesto finanziario dell'Azienda provinciale sanitaria da parte della triade commissariale che attualmente la gestisce. A parlare è Silvana Ruggero in rappresentanza dei genitori di ragazzi disabili. A 2500 famiglie, dall'inizio di luglio, sarà revocata l'assistenza domiciliare integrata: un colpo ferale per la serenità domestica. «Non potrò più lavorare e chissà a che ora potrò fare una doccia», confessa sconsolata. 

L'intervento della Ruggero "rianima" una serata che, seppur ispirata da intenti democraticamente nobilissimi e con molti interessanti spunti di riflessione, rischiava di trascinarsi in un'autocommiserazione di piazza. «A Roma hanno ormai deciso che questo territorio non si sa più autogovernare», commenta Salvatore Fuda, consigliere metropolitano e sindaco di Gioiosa Jonica, il cui intervento - cadenzato con serenità al posto di alcune arringhe di altri esponenti politici - è passato inosservato nonostante il raro acume politico. 

Più che la caccia alle streghe, Reggio Calabria avrebbe bisogno di recuperare la doppia dimensione indicata da Ruggero e Fuda (che, guardacaso, provengono da esperienze di associazionismo autentico): da un lato comprendere chi sono le vere "vittime" di questo sistema, ossia i cittadini più fragili e deboli, dall'altro evidenziare la necessaria riforma del "pensiero romano" sulla Calabria e i calabresi. 

In quest'ottica le parole del sindaco, Falcomatà, e del direttore dell'Istituto clinico "De Blasi", Lamberti Castronuovo, assumono la loro valenza. Per il primo cittadino, l'obiettivo primario è ridiscutere il maxi-decreto sulla Sanità «calato dall'alto senza alcuna condivisione col territorio», mentre per il responsabile della struttura sanitaria privata va sottolineato come «in Calabria non siamo tutti mafiosi, ci sono delle grandi eccellenze».

Tutto vero, però, occorre fare una scelta di campo. Chiara, netta e precisa. Dice bene Gianni Pensabene, portavoce del Forum regionale del Terzo Settore, che spiega come riunioni istituzionali come quelle di ieri in Piazza Italia siano un fatto ordinario nei paesi più evoluti nell'ambito del Welfare State. L'ex assessore alle Politiche sociali all'epoca della giunta di Italo Falcomatà invita a guardare alle sfide insormontabili del passato, vinte grazie alla coesione sociale, per trovare la forza e la capacità per affrontare un vero e proprio «punto di non ritorno per i diritti dei cittadini reggini».

In tanti, correttamente, si lamentavano dell'assenza dei commissari dell'Asp. Un convitato di pietra, è vero. Certo, resta da chiedersi perché (e non è la prima volta che capita, si veda la questione Aeroporto) lo strumento massimo della partecipazione popolare venga utilizzato soltanto nel novero della protesta. Se è vero che da un lato c'è una cittadinanza poco attiva (ieri si aspettavano più presenze), dall'altro viene poco e male stimolata.

L'ultimo invito, in ordine di tempo, è quello di scendere in strada per marciare lungo le vie principali della Città dello Stretto. L'occasione è data dalla manifestazione nazionale della triplice sindacale di sabato prossimo, 22 giugno, proprio a Reggio Calabria. Un fatto unico - era dal 1972 che non accadeva - in cui il grande tema sarà il rilancio del Mezzogiorno alla presenza dei segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil. Sigle che erano in Piazza Italia e che hanno espresso il loro pensiero negli interventi di Veraldi, Perrone e Azzarà. Proprio quest'ultimo ha acceso la piazza: «Di chi è la responsabilità questo buco da 700 milioni di euro? Dei cittadini? Chi nominava i direttore generali?»

Eppure dai sindacati ci si attendeva un altro atteggiamento. Perché? Basta tornare alle parole, poco ascoltate forse perché troppo scomode, di Salvatore Fuda. Nel suo breve intervento, il sindaco di Gioiosa Jonica ha poi affrontato un altro tema centrale, quello «dell'etica del lavoro». Un tema ampliato anche dalle parole di Giuseppe Idà, fascia tricolore di Rosarno e presidente dell'assemblea dei sindaci metropolitani: «La politica è ancora la forma più alta della Carità? Quì stiamo dimenticando che le governance della sanità calabrese e reggina sono stati nominati dai partiti». Sì, perché il vero problema della mala gestio ventennale dell'Asp va rintracciato nella paralisi voluta di alcuni comparti per avvantaggiarne altri. «La mafia va arginata valorizzando il merito - sottolinea Marco Tescione in rappresentanza dell'Ordine dei Medici di Reggio Calabria - perché accanto alla corruzione, c'è stata tanta incompetenza. E a pagare le conseguenze sono i malati cronici del territorio a cui non si riescono a dare le giuste risposte».

Corruzione, parola-chiave per Paola Serranò, oncologa di lungo corso e attualmente consigliera comunale, che non ha risparmiato critiche al «privato speculativo» che ha affossato l'Asp reggina. E come un gioco dell'oca si torna sempre allo stesso punto. Quale posizione prendere? Il Sindaco come massima autorità sanitaria del territorio come deve agire?

I Consigli congiunti e aperti di ieri sera, purtroppo, non sembrano aver dato una risposta chiara in tal senso. Corruzione e incompetenza, dicevamo. «Le Comunità per i tossicodipendenti non vengono pagate da un anno perché manca il funzionario che firma la delibera», denuncia Luciano Squillaci, presidente della Fict e portavoce del neonato "Coordinamento Articolo 32". Al centro dell'intervento di Squillaci c'è il «prezzo sociale» che sarà pagato qualora il dissesto diventi realtà. «Una società che non si prende cura dei figli più deboli, sta iniziando a morire. Ma noi continueremo a lottare - conclude - perché non abbiamo abbandonato la speranza».

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