Avvenire di Calabria

Il ricordo della comunità parrocchiale di Santa Maria e i XII Apostoli di Bagnara ricordano il compianto sacerdote recentemente scomparso

La comunità di Bagnara ricorda don Sarino: le testimonianze

Dall'amico religioso ai parrocchiani: «La sua memoria è per noi tutti e chi lo ha conosciuto una benedizione e un dono grandissimi»

di Autori Vari

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Vi proponiamo il ricordo che fra Eugenio Clemenza, dell'Ordine dei frati minori, fa di don Rosario, per tutti Sarino, Pietropaolo, abate di Santa Maria e i XII Apostoli di Bagnara Calabra, recentemente scomparso a causa di un male incurabile.

Bagnara ricorda don Sarino, Nico Gaglioti: «Ecco qualche istantanea di un lungo ministero»

Ripercorrere quasi 38 anni di ministero pastorale, quanto è durato quello di Don Sarino a Bagnara, è impresa che presupporrebbe uno sforzo collettaneo e sfocerebbe necessariamente in un profluvio di pagine. In questa sede e in questo momento è meglio limitarsi ad alcuni flash che ne traccino uno spaccato, quantunque sommario e incompleto.

Il ministero di Don Sarino iniziò alle ore 18.15 circa di sabato 28 settembre 1985, quando l’Arcivescovo Mons. Aurelio Sorrentino gli impose la mozzetta –la mantellina di seta violacea con bottoni rossi, foderata di rosso cremisi e orlata da una striscia di ermellino– ed è proseguito ininterrottamente fino alla notte del 22 luglio 2023, quando Egli è ritornato alla Casa del Padre.


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Il riferimento alla mozzetta –che, secondo uno stile notoriamente improntato alla massima sobrietà, Don Sarino indossava solo in occasioni particolari e con l’unico fine di evitare che cadesse in desuetudine– consente di evidenziare una delle costanti del suo ministero. La mozzetta residua quale unico “ornamento” che, per consuetudine, rimanda alle origini storiche della Parrocchia Abbaziale, ossia all’Abbazia Nullius (in quanto dipendente esclusivamente dal Papa) di “Santa Maria Vergine Gloriosa e i XII Apostoli”, fondata nel 1085 per volontà del Conte Ruggero dei Normanni, il quale la dotò di vasti possedimenti in Calabria e in Sicilia. 

Don Sarino teneva particolarmente alle nobili origini della Parrocchia, cui si lega anche la storia della Città in cui era nato nel 1948. Ciò non, però, alla stregua di mera rievocazione storica, magari fine a sé stessa, ma quale esigenza di trasmettere ai posteri un lascito millenario di fede cristiana e di devozione mariana, tramandato di generazione in generazione. In tale ottica, appena insediato, indisse un anno di celebrazioni per il IX centenario della fondazione dell’Abbazia, che vide alternarsi alle celebrazioni festive (nel 1986 la Processione del 15 agosto attraversò anche le limitrofe Parrocchie di Marinella e Porelli, come segno di più ampia comunione nella Città di Bagnara) significativi momenti culturali (solo per accennare, la Conferenza tenuta dallo storico Mons. Nicola Ferrante e il Concerto del Coro Polifonico “S. Paolo”).

Ma anche successivamente Don Sarino ebbe modo di allacciare rapporti con realtà della Sicilia in passato legate alla vita ecclesiale di Bagnara: così avvenne con la comunità di Castronovo di Sicilia, nel cui Convento dei Cappuccini viene venerata la statua della “Madonna della Bagnara” (qualche anno addietro una delegazione cittadina è stata anche ospitata a Bagnara) ma anche con la Diocesi di Cefalù, fondata sempre da Ruggero e i cui primi due Vescovi –Iocelmo e Arduino- furono appunto Abati di Bagnara (nel settembre del 2000 una delegazione di Cefalù, guidata dal Vescovo dell’epoca Mons. Sgalambro, fece visita nella Chiesa Abbaziale per il Canto dei Vespri, visita ricambiata da un pellegrinaggio parrocchiale a Cefalù).

Nel 2004, la festa del primo centenario della fondazione della Parrocchia

Restando sul pezzo, nel 2004 Don Sarino volle celebrare il 1° centenario della fondazione della Parrocchia, che nel termine “Parrocchia Abbaziale” rievocava le succitate origini: intese ricordare le figure degli Abati che, in passato, avevano servito la Parrocchia (Francesco Macrì, Salvatore Gioffrè e Domenico Cassone) ma anche radunare quanti, sacerdoti e religiosi bagnaresi, all’attualità servivano la Chiesa sparsi per l’Italia. Nel corso di quelle celebrazioni, nel mese di aprile la Parrocchia ospitò anche il reliquiario della Madonna delle Lacrime di Siracusa.

Per l’immediato predecessore, il mai dimenticato Mons. Domenico Cassone, Don Sarino nutriva affetto e profonda stima (è sufficiente rimandare all’articolo che Egli scrisse sull’Avvenire di Calabria in occasione della scomparsa di Mons. Cassone avvenuta l’8 dicembre 1995): il 27 luglio 1986 volle celebrarne solennemente il Giubileo sacerdotale, nel 50° anniversario dell’ordinazione, ottenendo che gli fosse conferita la cittadinanza onoraria e disponendo l’intitolazione in suo nome della “Casa della Gioventù”, costruita progressivamente negli anni del suo ministero ed in atto sede delle attività parrocchiali.

La Chiesa Abbaziale di Bagnara, centro pulsante della vita comunitaria

In un contesto, variegato e complesso, quale è la Parrocchia “S. Maria e i XII Apostoli” Don Sarino considerava la Chiesa Abbaziale quale centro effettivo e pulsante di tutta la vita comunitaria parrocchiale e in quest’ottica avvertì anche la necessità, nel corso del tempo, di abbellirla, ristrutturandola nelle parti malandate e curando il pieno adeguamento liturgico dell’edificio alla riforma post-conciliare. 

Nel 1987 fece restaurare l’antico quadro della Dormitio Mariae, in parte deteriorato, affidandone l’opera al restauratore greco Dimitri Vakalis, che lo restituì alla venerazione il 6 giugno 1987, in occasione dell’inizio dell’Anno Mariano voluto dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Del quadro Don Sarino dava una lettura particolare: rimarcava -con orgoglio di cittadino bagnarese prima ancora che di presbitero ed Abate- l’unicità dell’antichissimo titolo “Santa Maria Vergine Gloriosa e i XII Apostoli”, che riassumeva in sé alcune verità di fede che nel corso dei secoli sarebbero state riconosciute, ossia l’Assunzione in Cielo di Maria da un lato e il titolo di “Maria Madre della Chiesa” dall’altro ed esaltava l’originalità dell’opera dell’ignoto artista,  che aveva dipinto la Dormitio non -come di norma si presenta- distesa su un letto ma in un moto particolare, quasi in procinto di alzarsi per salire in Cielo.


PER APPROFONDIRE: Bagnara, una parrocchia ricca di storia e spiritualità


Seguì la ristrutturazione del presbiterio, con il pavimento in marmi policromi e l’altare basilicale -consacrato il 6 agosto 1989 sempre dall’Arcivescovo Sorrentino- decorato con pannelli di bronzo secondo uno schema che, ancora una volta, legava la vita ecclesiale cittadina a quella civile: mentre il pannello frontale reca l’immagine di Maria con gli Apostoli di “ieri” (i Santi Pietro, Giacomo, Andrea, etc.) e di “oggi” (Giovanni Paolo II, l’Arcivescovo Sorrentino, Madre Teresa di Calcutta, etc.) e il pannello posteriore rappresenta l’annuncio dell’Angelo alle donne dinanzi al sepolcro vuoto, i due pannelli laterali rappresentano, rispettivamente, la fondazione dell’Abbazia ed immagini della storia bagnarese, tra cui alcuni personaggi che nel tempo l’avevano resa illustre –il Capitano Vincenzo Fondacaro, lo scrittore, avvocato e giornalista Vincenzo Morello e l’imprenditore Vincenzo Florio- l’immagine della “Bagnarota” con il tradizionale vestito, la feluca per la pesca del pescespada, il tutto sotto lo sguardo attento della “Memoria” che scrive il libro della Storia.

L’adeguamento liturgico fu poi completato nel tempo: il 16 ottobre 2005 fu benedetto l’ambone, ricavato dall’originario pulpito marmoreo, la Domenica delle Palme del 2006 fu benedetta la sede presidenziale, ricavata da marmi recuperati dal vecchio presbiterio e dalla balaustra che, prima della riforma conciliare, separava il presbiterio dall’aula riservata ai fedeli, mentre la Notte di Pasqua del 2008 fu la volta del fonte battesimale, ricavato dall’originario fonte collocato nell’apposita Cappella all’ingresso della Chiesa, poi trasformata in Cappella per le Confessioni e nella quale appose un grande ed antico dipinto della Crocifissione, recuperato e restaurato. L’ultimo suo lavoro, nell’ottobre scorso, fu il restauro della statua dell’Assunta originariamente collocata sulla facciata della Chiesa, ora posta al suo interno e sostituita da una copia fedele in vetroresina.

La nascita del Coro Polifonico “Santa Maria e i XII Apostoli”

La consacrazione dell’altare costituì l’occasione per la nascita del Coro Polifonico “S. Maria e i XII Apostoli”, che per oltre un decennio avrebbe arricchito, oltre all’animazione liturgica, la vita culturale cittadina, con concerti e partecipazione a rassegne in ambito regionale e a concorsi extra-moenia (il Festival di Musica Sacra Mariana di Frascati nel 1995, nel quale il Coro vinse il 2° premio, e il Concorso tenutosi al Conservatorio di Firenze nel febbraio 1999, ove il Coro si collocò in 2° fascia); Don Sarino, che amava la musica sacra gregoriana e la polifonia classica, incoraggiò l’attività del Coro e lo sostenne personalmente, anche dal punto di vista economico.

L’incoraggiamento generoso –e sempre nella massima discrezione– andava, però, di pari passo alla richiesta (mai però nella logica del “do ut des”) di assiduità di impegno. Don Sarino richiedeva costanza ed abnegazione in primo luogo dagli operatori parrocchiali (e ciò si esprimeva spesso con i noti tratti caratteriali, forti e non sempre inclini alla mediazione, ma mai alla prevaricazione). Più in generale, egli richiamava i suoi interlocutori alla responsabilità e al senso del dovere, da inverarsi non in opere straordinarie ma piuttosto nella difficile quotidianità del contesto –familiare, lavorativo, sociale, anche politico– in cui ognuno è collocato (sovente era l’affermazione per cui “Nihil sine magno labore dii dederunt hominibus”). Ciò, si badi, non sulla base di una sterile concezione del sacrificio fine a sé stesso, ma su una visione che -in ultima analisi e come traspariva dalla trama delle sue omelie, mai prolisse ma anzi centrate su poche ma significative immagini e riferimenti biblici o letterarie che Egli trasponeva con linguaggio accessibile ai fedeli– rimandava alla “responsabilità” dell’uomo quale prosecutore dell’opera creativa di Dio, da esprimere laddove ognuno vive ed opera. 

L’intuizione di don Sarino: le “Missioni del Popolo”

All’ordinarietà della vita quotidiana Don Sarino faceva alternare momenti “straordinari” (ossia “non ordinari”) di vita ecclesiale: nel gennaio 1987 indisse le Missioni al Popolo, avviate contestualmente alla Parrocchie di

Porelli e di Marinella e affidate all’Ordine dei Frati Minori (che da allora hanno costituito –e costituiscono tuttora- una presenza costante nella vita parrocchiale). L’esperienza delle Missioni fu più volte ripetuta negli anni: nel marzo 2000, nell’ambito delle celebrazioni del Grande Giubileo, sempre come Missioni al Popolo e sempre affidate ai Frati Minori, e qualche anno prima nella forma di Missioni dedicate ai giovani della Parrocchia; detti eventi “maggiori” furono periodicamente seguiti, nel corso degli anni, da momenti “dedicati” (ai giovani, alle vocazioni, alla pastorale familiare etc.), svolte, a seconda dei casi, in collaborazione con i frati francescani o con i seminaristi diocesani.

In tale ottica si inquadra anche la breve esperienza religiosa nella Parrocchia: premesso che da tempo le Suore Immacolatine avevano lasciato la Parrocchia, sulla fine degli anni Novanta Don Sarino ottenne –non senza difficoltà e resistenza– che la vita parrocchiale venisse arricchita dalla presenza delle “Suore Francescane Ancelle di Maria”, che, dal febbraio 1999 e per un paio d’anni, avrebbero fatto sentire la loro presenza, condividendo la vita della Comunità. Anche dopo che le Suore ebbero lasciato la Comunità parrocchiale, nell’omelia del Giovedì Santo del 2022 Don Sarino aveva pubblicamente manifestato, sebbene scendere nei dettagli, la speranza di riveder presto la presenza delle Suore nell’ambito nella Parrocchia.

La doppia sensibilità sociale e culturale

Solo accenno va poi fatto all’impegno di Don Sarino sul versante lato sensu socio-culturale. Grande ammiratore dello stile di Indro Montanelli (per uno “scherzo” del destino deceduto come Lui il 22 luglio) nel

1993 volle fondare un periodico, intitolato “Nuovi Orizzonti”, che per anni rappresentò un punto di riferimento non secondario -talvolta polemico- nel dibattito non solo ecclesiale ma anche socio-culturale delle Città.

Nel maggio 2014, poi, un infortunio lo costrinse ad un periodo di forzata immobilità al quale fece seguito una lunga convalescenza e una progressiva riabilitazione: tale condizione -che, nonostante le difficoltà logistiche, non gli impedì di partecipare al pellegrinaggio in Terra Santa, che di frequente organizzava- costituì lo spunto per la raccolta di decine di poesie che egli aveva scritto sin dagli anni della giovinezza, in massima parte tenute per sé senza alcuna forma di pubblicità, inframezzata da racconti della sua esperienza di pellegrino. Nacque così l’anno successivo il volume “Verso Emmaus – quasi un giornale di bordo”, il cui ricavato fu devoluto al Custode di Terra Santa per la realizzazione di opere per il superamento, per quanto possibile, delle barriere architettoniche nei Luoghi Santi.

La quotidianità dell’impegno pastorale

Gli ultimi anni di ministero furono svolti all’insegna della quotidianità dell’impegno pastorale e della ricerca di nuove ed efficaci modalità di comunicazione del Vangelo e, in quest’ottica, dopo reiterate richieste, nel 2020 Don Sarino riuscì ad ottenere la nomina di un Vice Parroco, per affiancarlo -come più volte pubblicamente dichiarato- nell’affrontare il delicato problema della pastorale giovanile (tema sempre presente nella Sua visione) che richiedeva modalità comunicative adeguate alla mutata realtà sociale; visse poi con una certa amarezza, ma in spirito di obbedienza, il trasferimento del Vice Parroco ad altra sede, avvenuto dopo circa un anno.

Da ultimo, poi, l’intenzione di ritirarsi dalla guida della Parrocchia una volta compiuti i 75 anni, come pubblicamente dichiarò al termine della Processione della Dormitio Mariae il 15 agosto 2022 (“Il mio tempo in mezzo a voi è praticamente compiuto”), invitando i fedeli a pregare perché sopraggiungano Pastori illuminati operai nella messe del padrone. Ciò, però, non per un mero desiderio di “pensionamento”, ma per il superiore bene spirituale della Comunità, ritenuta abbisognevole di una guida dotata di forza ed energia di cui riteneva non disporre in modo adeguato (a chi osservava che avrebbe potuto continuare ancora per qualche anno replicava: “Papa Benedetto ha dato a tutti una grande lezione: avrebbe potuto restare lì, onorato e riverito, e invece ha ritenuto, per il bene della Chiesa, di non aver più le forze necessarie”). Per certi versi, un aspetto di quel “Cuore” di cui Don Pippo Curatola (che Lui considerava anche più di un fratello) ha evidenziato all’inizio della Messa esequiale.

Farsi da parte, però, non equivaleva a sparire del tutto, ma magari a ritagliarsi un ruolo confacente alle proprie possibilità: del resto Egli soleva ripetere che vi sono, non solo per i fedeli ma anche per i sacerdoti, diversi modi per servire la Chiesa, in funzione delle condizioni in cui ciascuno si trova a vivere.

Mezzo secolo di sacerdozio a servizio della Chiesa e del prossimo

Al momento in cui è mancato aveva da poco compiuto il 50° anniversario di ordinazione sacerdotale (ricevuta il 2 giugno 1973), ma la concomitanza di altre celebrazioni (l’Incoronazione della Madonna della Montagna il 31 maggio, le Prime Comunioni e la Solennità del Corpus Domini nelle due domeniche successive) lo avevano indotto a differire ad altro momento il suo Giubileo, anche al fine di dargli una più forte e partecipata connotazione comunitaria in un’ottica prettamente pastorale e vocazionale, che andasse cioè al di là di un mero momento celebrativo del quale Egli avrebbe fatto volentieri a meno (il suo desiderio, affermava spesso, sarebbe stato di celebrare il Giubileo sacerdotale nel Cenacolo a Gerusalemme).

Tale intenzione si scontrò con la malattia che, in neanche un mese dalla scoperta, lo portò a fare ritorno alla Casa del Padre, e che affrontò con spirito di totale affidamento alla Provvidenza divina, come traspariva anche dalle commosse parole rivolte l’8 luglio scorso in diretta telefonica, dal letto dell’ospedale, ai fedeli riuniti nella Chiesa Abbaziale per ricevere il Sacramento della Cresima.

Si conclude così, nel segno della Passione, un ministero lungo ed intenso, in merito al quale la carrellata di immagini suesposte può restituire un quadro solo vagamente abbozzato: l’opera del Pastore si esprime infatti piuttosto nel rapporto personale, quotidiano, con ciascun individuo e, in questo senso, ognuno conserva i propri ricordi, fatti di incontri, scambi di opinioni -a volte connotati da una certa dialettica che si poneva nell’ottica della franchezza evangelica (ricordando sempre le parole di Don Pippo Curatola, un po’ come la “Verità”: sul punto Don Sarino alternava richiami biblici “La verità vi farà liberi” a citazioni classiche “Amicus Cato sed magis amica veritas”)– ma anche, quando richiesto, di incoraggiamento e sostegno, sia nella preghiera silenziosa del Pastore ma anche, all’abbisogna, di sostegno materiale –senza che nulla trasparisse ma anzi nella massima discrezione– nelle difficoltà e nelle prove della quotidianità.

Il tutto secondo uno stile improntato al distacco dalle cose venali (era spesso un’impresa fargli accettare la “busta” dell’offerta della Messa è spesso, messo alle strette, diceva “Mettetela  nella cassetta delle offerte”, cioè alla Chiesa, non a lui) ma anche da quelle che lui chiamava ‘piccinerie”, le piccole maldicenze (ciò con un limite, ossia il coinvolgimento di terzi: una  volta letteralmente tuonò dall’altare “Noi preti abbiamo le spalle larghe, ma non consentono che siano messi in mezzo i padri di famiglia”).

Scesa la sera, Don Sarino, rivestito dei paramenti della Sua ordinazione sacerdotale e con l’immagine di Mons. Giovanni Ferro tra le mani (lui già lo venerava come un Santo, attendendo giusto il sigillo ufficiale della Chiesa), dorme ora il riposo del Sabato, in attesa di rivederci tutti (come ripeteva sovente, con voce forte e sicura, ai familiari durante la liturgia esequiale: “Rivedrai tuo padre, tua moglie…!”) per contemplare senza fine il Volto di Dio.

Nico Gaglioti

Maria Rita Foti: «Caro don Sarino, noi la tua famiglia: sarai sempre nel nostro cuore»

Bagnara Calabra, 25 luglio 2023, una giornata inondata da uno tsunami di emozioni, l’intera comunità parrocchiale e civile partecipa incredula al funerale del proprio parroco, Abate Sac. Rosario Pietropaolo, semplicemente don Sarino per tutti coloro che lo hanno conosciuto.

Circa un mese fa si è appresa la delicata notizia che lo avesse colpito una  malattia un po’ più seria, che si sarebbe dovuto ricoverare per ulteriori accertamenti, e noi, sua piccola Chiesa, dopo una prima fase di preoccupazione, lo abbiamo accompagnato in questo momento di prova, stretti a lui per stargli vicino con la preghiera, perché questo il caro Don Sarino ha sempre chiesto: «Pregate per me!».

Tanta fu la commozione l’8 luglio, quando nella sua amata Parrocchia “Santa Maria e i XII Apostoli’’, si celebrava il Sacramento della Confermazione per 70 cresimandi, lui già si trovava ricoverato in ospedale, nella lontana Bologna, lontanissima in quei giorni di apprensione, ma ha voluto fortemente essere presente attraverso una telefonata e, con la voce rotta dalla commozione, il suo primo pensiero è stato quello di ricordare quanto fosse importante ricevere la Cresima, sarebbero diventati ancora di più testimoni dell’Amore e della Presenza Viva di Dio, non più semi ma pianticelle che curate avrebbero dato frutti, e molti li ha chiamati per nome come un padre chiama i propri figli. Sempre durante quella telefonata pubblica, parlò di purificazione, con un filo di voce disse «la malattia purifica, continuate a pregare per me e per chi soffre nel corpo e nello spirito».

Dopo quella toccante telefonata, si rincorrevano le notizie sul suo stato di salute, su un intervento che avrebbe dovuto affrontare e che ha affrontato con coraggio e speranza. In questa estenuante attesa di saperlo presto migliorato, diventava umanamente difficile abbracciare il mistero della sofferenza.

Inondato di affetto, attraverso telefonate, messaggi, preghiere personali e comunitarie, la recita del Santo Rosario, la veglia, la sua famiglia nella fede non lo ha lasciato solo un istante, sempre insieme, bambini, ragazzi, giovanissimi, giovani, adulti, anziani in comunione fraterna, lo abbiamo affidato ogni singolo giorno a Gesù  e a Maria SS. Madre di Dio e Madre Nostra, consapevoli che il Signore ci invita tutti, nonostante la sofferenza, il dolore, lo sconvolgimento dei nostri programmi, ad avere fiducia nella Sua Volontà.

Dispiacere e fiducia nell’ultimo abbraccio dei “suoi” figli

E quando si è appreso della sua nascita in cielo, si è vissuto un lutto corale fatto di dispiacere immenso ma anche di fiducia nel Signore Risorto. Toccante il suo arrivo nella tarda serata del 24 luglio, nella sua Bagnara afosa e silenziosa, il caloroso e commovente abbraccio dei suoi figli nella fede.

Il 25 luglio,  giorno del suo funerale, presieduto dall’Arcivescovo Fortunato Morrone, che gli è stato vicino durante la malattia, la sua amata ‘’Chiesa Madre’’ era gremita, tutti uniti per questo saluto finale, smarriti, commossi, le lacrime rivelatrici di un dolore mai immaginato, nell'incredulità attonita, (è accaduto tutto così in fretta), colmi di sentimenti di affetto e gratitudine, ricordato dai suoi amici più cari, e abbracciato da tutti coloro che sono cresciuti sotto la sua guida  pastorale.

Oggi siamo tutti  più soli, è morto il nostro sacerdote, il nostro pastore, la nostra guida, il nostro punto di riferimento,  era sacerdote con tutto sé stesso: battagliero, instancabile, anche quando ormai le forze cominciavano a venirgli meno, troppo schietto a volte, ma in realtà dietro i suoi modi un po'  'rudi'  nascondeva un grande amore per il nostro paese e i suoi fedeli, chi è andato oltre quella coltre di uomo timido e temperamentoso, lo sa bene quanto fosse buono e generoso. Ci mancherai, ma i tuoi insegnamenti e la tua storia rimarranno nei cuori di tutti.

In questo momento don Sarino caro, ti penso divertito per le tante parole che abbiamo pronunciato e che continueremo a pronunciare per trovare una ragione della tua partenza inaspettata, forse troppe parole per il tuo carattere riservato.

Il  Signore Risorto che  adesso contempli, non più nel mistero, ti doni la pace eterna, ti affidiamo all’abbraccio della misericordia di Dio Padre. Possa il Signore accoglierti e ricompensarti per quanto hai realizzato nella tua vita sacerdotale.

Fra qualche tempo, quando il dolore e lo smarrimento lasceranno spazio ai ricordi, e i ricordi lasceranno spazio alla concretezza di dovere ricominciare senza la tua presenza, dovremo rimboccarci le maniche per continuare umilmente e uniti più che mai, quel servizio che nella reciprocità fraterna, tu Don Sarino ci hai sempre insegnato, tu per primo hai speso tutta la tua vita al servizio della comunità che il Signore ti ha affidato, al servizio della Chiesa, al servizio della «Sequela Christi».

La grande eredità

Ci lasci con una grande eredità. Chiamati a «camminare insieme», con te caro don Sarino che ci guiderai dal cielo.

«Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire» (Qo 3,1-2) , è difficile per noi “Bagnaroti” accettare la tua scomparsa improvvisa, 38 anni tra noi, 50 anni di sacerdozio, ma ci hai insegnato che il Signore è dentro al nostro dolore. Nel dolore e nella vita Gesù ci tiene per mano, una mano tesa, come per Pietro quando sta affondando nella tempesta.  

«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». ( Gv 11,25-26)

Tu credevi carissimo don Sarino ora spetta a noi continuare a credere e testimoniare.

A-Dio  La tua famiglia per sempre.

Maria Rita Foti

Fra Eugenio Clemenza: «Con l'Ordine dei Frati Minori, un'amicizia nata oltre 40 anni fa»

«In memoria mei et in memoria Dei», non so se “questo”  latino è giusto per il mondo, ma è sicuramente giustissimo per don Sarino. Ecco, non trovo altre parole per raccontare e narrare un rapporto, un’amicizia che da più di 40 anni  mi ha legato alla vita e alla storia di don Sarino.

Un racconto e una storia fatti di tanti dialoghi, di tante parole mai “banali”, ma sempre profondi avendo come contenuto, come ci dice Paolo :«il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese» (2 Cor, 11,28).  Ecco, il suo assillo quotidiano per la  sua Comunità, per la sua chiesa di Bagnara. “In memoriam”, nel senso che dentro la mia memoria c’è la sua immagine, immagine mai sbiadita, ma nitifissima e chiara come il suo sguardo da intellettuale vivo e penetrante.

Il suo sguardo è quello che mi ha colpito la prima volta  che l’ho incontrato durante i pochi giorni che sono stato ospite nel Seminario “Pio IX” di Reggio Calabria insieme al suo  amico  carissimo e collega don Pippo Curatola, questi  come Rettore e Sarino come vice Rettore.  Insieme al suo sguardo, porto nella mia memoria la passione  cultura “alta”, anche questa saggia passione mai fine a se stessa,  ma vissuta e approfondita quotidianamente e indirizzata  per il bene e la crescita di una fede adulta e responsabile per i membri della sua  Parrocchia  “Santa Maria e i XII Apostoli

Don Sarino Pietropaolo, un padre a volte "duro" e "burbero", ma amorevole verso i suoi figli

A volte, il suo “assillo”  pastorale lo poteva rendere “duro o burbero”, ma mai irrispettoso, mai distaccato. Conosceva e amava dentro la “sua carne” un altro burbero quale era Paolo: don Sarino ne era passionalmente debitore. Per questo motivo non era mai impreparato o improvvisato, quando si trattava di fede, quando si trattava di far crescere ogni singolo membro della sua Comunità. Quel suo sguardo sempre  attento e lungimirante, sempre mai fine a se stesso, lo rendeva anche “mendicante” a cercare chi lo poteva aiutare, chi poteva  apportare un “carisma” nuovo e allargare, così,  gli spazzi già ricchi della sua Comunità. Da questa attenzione pastorale è nata un’amicizia e una collaborazione con i frati minori di Calabria.

Don Rosario Pietropaolo
Don Rosario Pietropaolo

Collaborazione, nata tanti anni fa, e che mai si è spenta. Collaborazione che ha visto, in questi lunghi anni, momenti importanti  e decisivi. Tra i tanti, le Missioni al Popolo, le tante e variegate novene o tridui, insieme ad un aiuto per il sacramento della Riconciliazione.  Tutto questo è stato possibile grazie alla sua passione pastorale aperta e libera: Non ha voluto mai “fare da solo”, anche se, volte ha potuto dare questa impressione. Chi dice queste parole ne è intimo e nascosto testimone. 

"Assillato" per amore della sua comunità

Il “suo” tavolo da lavoro ne è ancora testimone: pieno di libri, di saggi e il giornale preferito: La Stampa.  In  oltre 40 anni di amicizia e stima reciproca ce ne sono di cose da narrare, ma quello che mi resta di più caro è la sua delicata accoglienza verso di me, e non solo verso di me come per gli altri frati, ma io  ne  coglievo un particolare quando  mi capitava di portare qualche amico era sempre lo stesso Sarino, pronto a soddisfare le più nascoste necessità  e desideri.

A pranzo o a cena, con lui e con il carissimo Mimmo, mi restano come  i momenti intimi e pieni di tanta libera e serena umanità. Ecco, don Sarino “assillato” dalla sua Comunità, ma altrettanto “assillato”  verso chi lo ha conosciuto.  Per questo, la sua memoria è per me e per tutti, una memoria in benedizione e dono grandissimi. Grazie di cuore don Sarino, il Signore ha annotato “nel suo libro” più di quanto i nostri occhi e le nostre parole sono stati di vedere nella tua vita di pastore e di maestro. Amen!!!

Fra Eugenio Clemenza - Ordine Frati Minori di Calabria

Articoli Correlati