Avvenire di Calabria

Famiglia, scuola e parrocchia sono chiamate a condividere una via in netta controtendenza

Educarsi all’amore, ma sul serio

Fortunato Di Noto *

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Educarsi all’amore in una società tendenzialmente condizionata dalla mercificazione sessuale, dal corpo sessuale digitalizzato, dalla fruizione libera e senza particolari filtri della pornografia, dal cyber bullismo sessuale e aggiungiamo dai contenuti espliciti di volgarità gratuita senza freni.

Una società – non tanto parallela – che subisce i condizionamenti delle lobby dell’industria porno e di tutto l’indotto che gira attorno con cifre stratosferiche di guadagno dicono lecito dato che si tratta di libera scelta di adulti con adulti con una linea rossa che sfocia nella schiavitù sessuale e in tutte quelle nuove forme che hanno il potere e condizionano persone fragili, vulnerabili, rese appetibile dai mangiatore di corpi come oggetti.

Dimenticando che sono persone.

I nostri bambini, adolescenti e giovani costantemente bombardati da ciò che abbiamo descritto fanno fatica a comprendere che la sessualità non è mercificazione né attivare mente, corpo e anima su una educazione all’amore nella capacità del rispetto reciproco e che nessuno ha il potere di dominare sull’altro.

Gli stessi genitori, educatori fanno fatica.

Sarebbe utile capire e conoscere quanti di loro – fin dalla nascita dei loro figli – hanno educato alla sessualità e all’amore, se loro stessi vivono tale fondamentale esperienza umana con equilibrio, se forse non hanno loro, per primi, bisogno di educarsi all’amore.

La sessualità è come parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo. Educare ad essa significa inoltre rendere visibili ciò che si è, comunicare ed esprime vivendolo l’amore umano «dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società».

Le questioni della vita sessuale nei giovani. Sono urgenti, ma non tanto quanto come quelle delle domande esistenziali. E sappiamo tutti, come è stridente la metodologia di imporre solo percorsi educativi, anche scolastici, per quanto riguarda l’utilizzo del preservativo o degli anticoncezionali.

La liberazione sessuale conquistata negli anni Sessanta non ha liberato nessuno ma, al contrario, ha deresponsabilizzato gli uomini e isolato le donne a vedersela da sole con la maternità e le gravi questioni che ancora li perseguitano nel vederle come oggetti sessuali da strumentalizzare e da sottomettere.

Che i metodi naturali sono il modo migliore per vivere responsabilmente la propria sessualità.

Che i divieti servono eccome per crescere liberi e il “vietato vietare” si è rivelato solo una trappola. Che siamo passati dal «non bisogna avere relazioni sessuali prima del matrimonio» al «bisogna avere relazioni sessuali il prima possibile» di cui sono schiavi i giovani di oggi e che non è proprio vero che ci rende consapevoli della profondità di una relazione che possa diventare stabile, forte, duratura, generativa e la risposta alla domanda chi sono e tu chi sei per me.

Insieme possiamo realizzare e rispondere alla domanda della nostra vocazione umana.

Insegnare più il sapere della filosofia che percorsi non identificati di relazione alla affettività e sessualità dove la battaglia si fa sempre più dura sulla questione del gender e non solo, la discriminazione e l’omofobia, il razzismo sessuale e la schiavitù si supera con una cultura che sappia coltivare la bellezza dell’uomo che con il creato deve saperci vivere e convivere. Un percorso molto più arduo e faticoso, ma possibile, dove l’altro viene riconosciuto umano e non come oggetto da utilizzare, sfruttare, consumare e scartare.

Chi frequenta i giovani, ma anche i bambini, sa bene che una delle vie non è la guerra tra genere maschile e femminile, cosa che sembra accadere nelle discussioni e anche nei gruppi dove si vive il predominio che non la condivisione e il rispetto delle diversità intesa come ricchezza da donare. La vita abbia sempre la prevalenza, anche contro l’aborto generato dal rifiuto della meraviglia e stupore della vita, molto spesso, anzi assente nella educazione dei minori, dei giovani e più in generale degli adulti. Stupirsi della bellezza della vita generata dall’amore sessuale. Sappiamo benissimo che quanto detto avrebbe bisogno di maggiore approfondimento. È il rischio della sintesi.

Cosa fare in situazioni così magmatiche?

«Io non sono un uomo, una donna se…», mercifico il corpo, se non rispetto la dignità dell’altro, se espongo – anche attraverso i social – la mia intima relazione, se il conformismo mi induce a recare danni nell’altro che devo amare e non sfruttare, che sappia rispettare le scelte altrui della propria castità e verginità, se non riesce a autodeterminarmi nel rispetto della relazione umana, se non rispetto la dignità dei piccoli, dei deboli e dei vulnerabili, se non frantumo il già fragile nell’altro, se non alimento il mercato della pornografia, anche quella minorile.

Io non sono un uomo e una donna se… completate voi l’elenco e iniziamo questa rivoluzione culturale ed esistenziale.

* sacerdote presidente Associazione Meter

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