Avvenire di Calabria

Scorrendo il pensiero del compianto arcivescovo reggino morto ad Annà di Melito 79 anni fa, emergono spunti ancora attuali

Montalbetti, l’educazione che forma corpo e anima

Nel Patto Educativo Globale, i segni della passione educativa del presule veneto

di Domenica Calabrò

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Ricorre, oggi, il 79 esimo anniversario della morte di monsignor Enrico Montalbetti, arcivescovo reggino, tra le vittime di un bombardamento ad opera degli Alleati avvenuto il 31 gennaio del 1943. Il presule era ospite della villa dei marchesi Ramirez - erroneamente scambiata per un centro operativo militare - ad Annà di Melito di Porto Salvo, dove si era recato in visita pastorale e celebrato la messa nella vicina parrocchia.


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Patto Educativo Globale e pensiero di Montalbetti

Papa Francesco, nell’incontro del 5 ottobre 2021, sul Patto Educativo Globale.  Religioni ed Educazione, propone l’impegno per e con le nuove generazioni, invitando a rinnovare la passione per una educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, di dialogo costruttivo, di mutua comprensione. Questo Patto deve coinvolgere gli sforzi di tutti in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni, e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna.

In tutti gli interventi del papa si avverte il riflesso di una passione educativa che lo accompagna da sempre e gli fa intravedere nella famiglia, nella scuola, nell’università e nei vari luoghi deputati alla formazione di ragazzi e dei giovani altrettanti mezzi indispensabili per portare le future generazioni ad acquisire una coscienza morale, a penetrare dentro la realtà, per cogliervi i valori che possono rappresentare un’autentica bussola nella complessità del mondo contemporaneo.

Una passione educativa che si rinnova è chiamata a sanare alcune fratture profonde. Una di queste fratture è la causa della separazione della realtà dalla trascendenza. La crisi più grande dell’educazione in generale nasce dalla divisione profonda che l’uomo sperimenta in sé stesso. Dal punto di vista della visione cristiana questa frattura è intesa come la conseguenza della chiusura alla trascendenza.

Il ruolo dell'educazione, un'idea moderna

Se è vero che l’uomo non è limitato al solo orizzonte temporale ma, vivendo nella storia, conserva integralmente la sua vocazione eterna, allora l’educazione deve introdurre i ragazzi e i giovani nella realtà totale, di cui una dimensione fondamentale è l’apertura al trascendente, la quale rende possibile dischiudersi alla speranza. Per sanare questa frattura verticale tra l’uomo e l’assoluto, è necessario avere come punto di riferimento un’antropologia “integrale” e allo stesso tempo “concreta”, che permetta alla persona umana di guardare oltre, di dilatare gli orizzonti della ragione e del cuore. In questa impresa, la figura e il pensiero di Monsignor Enrico Montalbetti possono offrire un contributo sorprendente.

Da pastore, educatore e guida Enrico Montalbetti, ha avuto una particolare passione per l’educazione dei giovani come attesta il suo testamento spirituale: «Vorrei avere un'altra vita per darla ai giovani!».  Egli ha sempre stimolato a un cosciente e deciso impegno di migliorare, di costruire qualcosa che aiuti se stessi e gli altri a operare un’adesione sempre più personale a Cristo; a maturare una maggiore mentalità di fede per realizzare, pur nell’esperienza dei propri limiti, il superamento di tutto ciò che pone resistenza alla realizzazione della propria missione e vocazione.

Naturale e soprannaturale, il doppio fine dell'educazione

Secondo Enrico Montalbetti, Dio ha elevato l’uomo dal naturale al soprannaturale. Di conseguenza, esistono due tipi di educazione: la naturale e la soprannaturale. L’educazione naturale costituisce la base della soprannaturale e la condizione necessaria per poter costruire validamente l’edificio educativo. Ambedue i tipi di educazione si contraddistinguono nettamente attraverso il loro fine.

Nel suo scritto L’educazione della ragazza, egli afferma: «La natura delle cose si comprende dal fine che ha ciascuna di esse. Il fine naturale immediato di ogni educazione è di fare del fanciullo un galantuomo; il fine soprannaturale immediato è di farne un perfetto cristiano. Il fine naturale ultimo è il conseguimento della felicità secondo le esigenze e le facoltà della natura umana; il fine ultimo soprannaturale è la visione beatifica».

Educare naturalisticamente sarebbe come lo avrebbero potuto fare i grandi maestri: «Seneca, Platone, Socrate, ignorando cioè Gesù Cristo e ignorando che l’uomo è stato fatto per un ordine di vita superiore che lo libera dai lacci della natura». Nelle sue Lezioni alle mamme sull’educazione cristiana dei fanciulli e delle ragazze sull’educazione soprannaturale, Enrico Montalbetti puntualizza più volte: «È un argomento di capitale importanza perché, molte volte trascurata, l’educazione soprannaturale investe tutta l’educazione del fanciullo. Diciamo educazione soprannaturale in quanto posta a quella naturalistica, che dovrebbe svolgersi prescindendo dalla Fede e dalla Grazia».

La centralità della persona, fondamentale!

La centralità della persona umana per Enrico Montalbetti è fondamentale. Egli afferma: «L’uomo non è una cosa, un numero, è una persona; le persone non fanno un numero, non si sommano: ognuna vale per sé; ognuna è come sola di fronte al suo problema, poiché ognuno ha un problema da risolvere, un destino di cui nessuno lo può liberare, né privare, in cui nessuno lo può sostituire».

La persona umana è considerata nella sua centralità aperta e finalizzata, nel suo significato più profondo in virtù del principio fondamentale secondo cui la persona è fine e non un mezzo. Ogni persona umana, secondo Enrico Montalbetti, è in certo modo un centro, in quanto il “tutto” deve ad essa servire per raggiungere il fine. Essa è dunque irripetibile, è quell’unica «parola» di Dio creatore che non si ripete, e nel contesto delle altre storie umane ha una sua intrinseca storia da svolgere.

Per Enrico Montalbetti l’unicità e l’irripetibilità della persona sono un principio fondamentale. Perciò egli esclude l’educazione in serie: «L’educazione deve essere attiva e non passiva, perché il bambino deve cooperare col maestro per formare sé stesso. Non lo si può plasmare passivamente come la cera, ma lo si deve coltivare come una pianta, cioè come la pianta il bambino deve reagire. Educare il bambino passivamente […] significherebbe far di lui un fantoccio. Noi non dobbiamo eccedere, sostituendoci al bambino pretendendo da lui un’adesione automatica a quanto gli vorremmo imporre, ma neppure dobbiamo lasciarlo fare da solo!».

Montalbetti e la pedagogia di Dio

Enrico Montalbetti considera la rivelazione nella stessa pregnanza educativa. Dio ama tanto l’uomo che lo prende per mano in Cristo. In questa trama educativa la figura di Cristo emerge nella sua indiscussa centralità tra gli eventi che lo precedono e la svolta storica da Lui originata. Cristo coagula in sé e rivela al mondo il senso dell’intera azione storica ed educativa di Dio. Attraverso le sue parole, i suoi gesti e la sua stessa persona Gesù rivela l’intento di Dio, e in Lui l’uomo può corrispondere al piano di salvezza.

Monsignor Montalbetti non considera la fede formulata solo nella sua connotazione informativa o esclusivamente dottrinale, ma la fede concepita in chiave educativa, ripensata in una visione più ampia, come rapporto con la persona di Dio, e storicamente in Cristo. Così, nella condizione di peccato e di decadenza, la persona umana redenta in Cristo è resa capace di una risposta con fede ragionevole, illuminata, costante; non vano sentimento; non tradizionalismo cieco; ma fede degna di uomini.

L'uomo cristico

L’inscindibile unità di vita tra l’uomo e la comunità, tra fede e cultura è costantemente al centro delle preoccupazioni di Enrico Montalbetti. Alla base del suo modello di cristiano, c’è un riferimento all’atto educativo che fa pensare alla generazione: il cristiano è questa creatura nuova, l’uomo cristicoEducare vuol dire condurre l’uomo al perfezionamento integrale del suo essere; educare cristianamente vuol dire formare Cristo nei fanciulli. Educare è […] come una seconda creazione. La Sacra Scrittura dice che il Signore creò il mondo in due tempi: nel primo tempo il caos, la massa informe, e nel secondo, la creazione ordinata di tutto ciò che esiste. Perciò, l’uomo nuovo è l’uomo innestato in Cristo.

Il ruolo dell'educatore: formare nuove creature

Come il Signore che nel secondo tempo della creazione trasse il mondo ordinato dal caos, l’educatore tende a formare nuove creature. I fanciulli e le fanciulle sono dei caos dai quali bisogna trarre la seconda creazione. Voi siete incaricate di fare queste creature nuove, perché educare vuol dire appunto fare creature nuove.

Con l’immagine sulla nuova creazione, il vescovo Montalbetti esprime quanto sia complessa l’azione di formazione della persona umana e introduce al laborioso compito di chi sente dentro di sé la vocazione di educatore, ossia collaboratore del Creatore nel condurre l’uomo al perfezionamento integrale del suo essere, il quale consiste nel formare Cristo in lui.

Enrico Montalbetti sottolinea una visione globale della persona, per cui lo sviluppo armonioso e integrale della personalità costituisce la base di una autentica educazione. Per raggiungere questo equilibrio integrale sono richiesti educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici che siano sempre più artigiani delle future generazioni.

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