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Oggi è la Giornata dedicata ai pazienti affetti da fibromialgia, patologia senza volto ma molto invalidante. Per l'occasione, ospitiamo la riflessione e la testimonianza di Iolanda Votano, paziente e presidente dell'Associazione reggina fibromialgia.
Il 12 maggio si celebra la Giornata mondiale della Fibromialgia. Da persona affetta da tale sindrome, ho fondato l’Associazione reggina fibromialgia con l’intento di dar voce a chi non ne ha. A quanti, come me, vivono la stessa situazione invalidante sia a livello fisico che sociale.
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La fibromialgia è una sindrome che fa parte dell’universo del dolore cronico; condizione che colpisce 13 milioni di persone in Italia - per l’80% donne e il restante uomini e bambini - con una condizione quotidiana di dolore e difficoltà a vivere una vita libera e autonoma. Il fibromialgico soffre, infatti, di dolori diffusi in tutte le parti del corpo, dolori muscolo-scheletrici, gambe senza riposo, disturbi del sonno, Fibroflog memoria.
Non esistono esami strumentali specifici che riescano ad identificare immediatamente la patologia. Per cui la persona che soffre di tale sindrome è priva di documentazione che ne certifichi la malattia. Il paziente è costretto ad un lungo pellegrinaggio di quattro anni e più, prima di poter ottenere una diagnosi. Il più delle volte, proprio per via del fatto che non esiste un esame specifico che attesti tale sindrome, i medici la classificano con altre malattie di tipo psichiatrico, come la depressione o l’ansia sociale.
Una situazione che ti porta ad essere incompreso non solo dalla società, ma anche dalla famiglia. L’impressione è che tu sia un malato “invisibile”. Tutto ciò perché, ancora, lo Stato Italiano non ha riconosciuto tale malattia e non l’ha inserita nei livelli essenziali di assistenza (Lea). Il costo delle terapie mediche, occupazionali ed esami strumentali, è molto elevato. Solo la idrochinesi terapia arriva ad aggirarsi attorno ai mille euro l’anno. Tutto ciò con grave onere e tagliando fuori dalle cure chi vive in condizioni economiche disagiate.
Il fibromialgico, inoltre, può perdere il lavoro a causa delle sue innumerevoli assenze lavorative provocate dalla condizione di dolore fisico che può diventare insopportabile. In ambito locale, oltre alle attività di sensibilizzazione, l’Associazione, in questi primi anni di attività, ha presentato nel 2019 al Consiglio regionale della Calabria una mozione - chiedendone l’approvazione – in cui si richiedeva di riconoscere questa sindrome come una malattia, l’accesso alla diagnosi e ai trattamenti, il codice di esenzione all’interno del sistema sanitario regionale e il riconoscimento del diritto allo Smart working, per i lavoratori affetti da tale sindrome.
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Molti sono i passi in avanti ancora da compiere. Io, così come gli altri soci dell’Associazione, nel nostro piccolo continueremo a sensibilizzare e divulgare tale sindrome affinché venga riconosciuta come patologia. Allo stesso tempo, come pazienti che vivono il disagio sulla propria pelle, ad aiutare altri come noi a non isolarsi, ma a riconquistare dignità come malati, ma soprattutto persone, bisognose di cure e diritti.
* presidente Associazione reggina fibromialgia
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