Avvenire di Calabria

In occasione della Giornata mondiale della Sclerosi multipla condividiamo una significativa storia che insegna come nonostante le difficoltà della vita si possa andare avanti

Oltre la sclerosi multipla, la testimonianza di Menia: «Coltivare i propri sogni, la migliore terapia»

La giovane calabrese da anni contrasta la malattia senza mai smettere di portare avanti le proprie ambizioni: prima di tutto essere mamma

di Mariarita Sciarrone

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Ogni anno, il 30 maggio, si celebra la Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla. Questa patologia infiammatoria colpisce il sistema nervoso centrale e può insorgere a qualsiasi età.

Una giornata per sensibilizzare l'opinione pubblica e sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla

La diagnosi precoce della Sclerosi Multipla è cruciale per prevenire l’evoluzione della malattia nella sua forma progressiva più pericolosa.


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Questa giornata rappresenta un’importante occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la ricerca. In Italia, in particolare, l'Aism (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) organizza numerose iniziative, creando connessioni tra le persone e promuovendo la consapevolezza e il supporto per chi è affetto da questa malattia.

La testimonianza di Menia: Oltre la sclerosi multipla, ci sono i sogni

Per sottolineare l’importanza di giornate come questa, abbiamo voluto condividere la storia e la testimonianza di Menia Cutrupi. Un forte messaggio di resilienza quello che viene fuori dal suo racconto: «realizzare sogni è possibile, nonostante le avversità della vita», spiega.


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Chiacchierare con Menia Cutrupi è come aprire una finestra su un futuro pieno di possibilità. Ex ingegnera, coach e scrittrice, Menia, classe 1982, ha fatto della resilienza uno strumento per fronteggiare gli “ammazzasogni” della vita, come li definisce nel suo libro “È vietato calpestare i sogni”. La sua storia, raccontata in occasione della Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, offre speranza e ispirazione a chi, come lei, ha affrontato momenti di sconforto legati alla malattia, dimostrando che i sogni possono diventare realtà nonostante le avversità.

Sulla tua bio di instagram scrivi “ex ingegnera e aspirante psicologa”. Come hai deciso questo grande cambiamento?

Per raccontarlo devo fare un passo indietro. Diventare ingegnere non era il mio sogno, ma quello di mio padre, che non è riuscito a realizzarlo perché troppo impegnato nel suo lavoro. Studiavo ingegneria a Pisa quando mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla, avevo poco più di vent’anni ed è stato un fulmine a ciel sereno che ha completamente stravolto la mia vita da studentessa universitaria. Sono stati anni molto difficili in cui sono riuscita comunque a diventare madre di due splendidi bambini e a conseguire la laurea triennale in ingegneria industriale. Quando la malattia mi dava tregua lavoravo in cantiere, quando stavo peggio mi fermavo in ufficio. Non era il lavoro dei miei sogni ma era pur sempre un lavoro nella città in cui vivevo, Reggio Calabria, e lo consideravo un grande privilegio.


PER APPROFONDIRE: Sclerosi multipla, la vita di pazienti e familiari a Reggio Calabria: «Camminiamo insieme»


Nel 2015, assieme ed altre 33 persone, ho perso il lavoro. Non mi sono scoraggiata ed ho avviato assieme ad un caro amico una startup. Negli anni in cui gestivo l’azienda, ho iniziato a formarmi come Coach, prima, e come counselor poi, diventando una consulente aziendale. In quel momento il mondo della psicologia ha cominciato ad affascinarmi sempre di più.

Quando hai capito che avresti potuto realizzare questo sogno?

Nel 2019 mi sono trasferita in Puglia per amore, continuando a seguire i progetti dell’azienda da remoto. È stato durante il lokdown che ho capito, finalmente, che desideravo diventare una psicologa, poco prima che un nuovo “Ammazzasogni” bussasse alla mia porta. Nel gennaio del 2021 mi hanno diagnosticato la neuromielite, una malattia che in pochi mesi mi ha costretta sulla sedia a rotelle per spostarmi. Nei momenti più critici studiare mi ha dato la stessa gioia che provavo nel fare le cose che amavo, come andare in escursione o in bicicletta, e che la malattia mi ha violentemente tolto. Così, un passo alla volta, nel 2023 ho conseguito la laurea in Scienze e tecniche psicologiche. Adesso sto proseguendo gli studi e, se tutto andrà bene, a luglio 2025 coronerò il mio sogno di abilitarmi alla professione. Mi piacerebbe lavorare sulle persone con disabilità per aiutarle sia nell’orientamento che nel sostegno psicologico rispetto alle tematiche del lavoro, dopo aver provato personalmente cosa vuol dire stare male e non avere sostegni.

Quali momenti in questi anni ti hanno fatto sentire maggiormente realizzata e quali quelli più difficili che hai dovuto affrontare?

Avere dei figli mi ha dato una spinta in più nel continuare a credere nel futuro, nel fare dei nuovi progetti, ma anche aver messo in discussione le mie scelte professionali e iscrivermi all’università a 38 anni, aver scritto un libro tutto mio. I momenti difficili sono stati tantissimi, la paura per questa nuova diagnosi, il dolore fisico ed emotivo nell’affrontare il percorso di cure ed il dover accettare una disabilità dinamica che ha reso necessario l’utilizzo di ausili per la mia deambulazione. Ma la consapevolezza passa necessariamente dall’accettazione e dalla comprensione che ogni sforzo, ogni prova, abbia un senso che comprendiamo soltanto dopo averlo vissuto. Il mio “senso” è stato quello di aver capito di avere un uomo speciale al mio fianco, che mi ha accompagnato passo dopo passo in questo difficile percorso e che, oggi gioisce con me dei traguardi raggiunti.

Cosa conta per te oggi, oltre la famiglia?

Contano i sogni, che sono catalizzatori di futuro. Nei momenti più difficili mi sono immaginata nel mio studio da psicologa o in aziende a supportare il lavoro delle persone con disabilità e questo mi ha aiutata molto a vivere il presente. Conta la bellezza. Vado in ospedale quasi ogni giorno, tra riabilitazione, terapia, controlli, a volte ho quasi l’impressione di essere schiacciata da questa situazione, ma ho imparato a guardare le cose attraverso la bellezza e tutto assume un significato diverso, guardando, ad esempio, con quanta umanità ci si prende cura degli altri nei luoghi di sofferenza. Ho dato priorità alle cose che mi nutrono e mi fanno stare bene, dando un valore diverso al mio tempo e imparando ad usarlo con cura.

C’è un messaggio vuoi lasciare a chi come te affronta i tuoi problemi di salute?

Di mettersi al centro e liberarsi dai pesi lavorativi, relazionali per essere più leggeri, perché la malattia ti appesantisce molto anche se non si vede da fuori. Certe volte chi sta male è come se sentisse il bisogno di dimostrare al mondo di essere un super eroe per essere legittimato e questo lo sottopone a sforzi non indifferenti, fisici ma soprattutto mentali. Io voglio aiutare le persone a capire che non è cosi, perché è già dura affrontare una malattia e non dobbiamo dimostrare niente, dobbiamo solo impegnarci per il nostro benessere.


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Ci sono dei giorni in cui ci si sente arresi ed è soprattutto in quei momenti che è importante trattasi con gentilezza, senza rinunciare al futuro: avere una malattia non significa essere la malattia, siamo persone e continuiamo ad esserlo anche dopo la diagnosi. Abbiamo sogni da realizzare e tante cose belle da vivere.

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