Avvenire di Calabria

Chi era Tito Brandsma? Religioso carmelitano, sacerdote, docente a Nimega, brillante giornalista, assistente ecclesiastico dei giornalisti olandesi

Il beato Tito Brandsma, difensore della stampa cattolica e vittima del nazismo

«Quel professore maligno» e la piccola ebrea Anna Franck diventano simboli della resistenza della minuscola Olanda contro «la bestia apocalittica»

di Mario Polisano *

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Il beato Tito Brandsma, difensore della stampa cattolica e vittima del nazismo. Chi era Tito Brandsma? Religioso carmelitano, sacerdote, docente all’università di Nimega, brillante giornalista, assistente ecclesiastico dei giornalisti dell’Olanda occupata dalle orde hitleriane, uomo di intelligenza acuta e di cultura profonda.

Il beato Tito Brandsma, difensore della stampa cattolica e vittima del nazismo

Anno Sjoerd Brandsma, nasce nella fattoria di Oegeklooster, presso Bolsward, nella Frisia Orientale – Paesi Bassi, il 23 febbraio 1881. Il padre, Titus, era un agricoltore benestante, sposato con Tjitsje Postma, si occupava della casa e della famiglia. In famiglia respira un clima sereno e intensa fede cristiana; ogni giorno la mamma percorreva a piedi i due chilometri di distanza dalla Chiesa parrocchiale per partecipare alla santa Messa. Trascorre un’infanzia serena anche se la salute del giovane Anno Sjoerd è così fragile che non gli permette né di lavorare nell’azienda familiare, né di entrare tra i francescani minori, dove compie i primi studi. Terminati gli studi superiori presso i francescano di Megen è convinto dai superiori a cercare un altro ordine religioso più adatto alla sua precaria salute. Anno sceglie i carmelitani di Boxmeer, distante pochi chilometri da Megen, dove entra all’età di 17 anni il 17 settembre 1898. Pochi giorni dopo, il 22 settembre, riveste l’abito religioso dell’Ordine Carmelitano e prende il nome di suo padre, Titus. Nel periodo degli studi passa dal convento di Boxmeer a Zenderen e infine ad Oss.


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Proprio nel convento di Oss, dove trascorrerà 20 anni, darà forma a quella che sarà la forma del suo apostolato: la scrittura e la pubblicazione di testi. Questo impegno che lo vedrà coinvolto per tutta la vita sarà, in buonissima parte, la causa stessa del suo martirio. Compiuti gli studi di filosofia e di teologia, emette la professione religiosa e viene ordinato sacerdote il 17 giugno 1905. Tutti pensano che terminati e gli studi e ordinato sacerdote Tito vada a Roma per proseguire gli studi; i Superiori invece dispongono altro. Ai loro occhi Tito desta qualche preoccupazione e temono che finisca con l’andare fuori strada per le sue idee innovatrici. Gli viene così affidata la mansione di sacrestano del convento. Quando il suo amico e professore, padre Uberto, lo venne a sapere andò ad Oss e fece in modo che padre Tito continuasse gli studi a Roma. Viene inviato a Roma, dove frequenta la facoltà di filosofia della Pontificia Università Gregoriana e segue i corsi di sociologia presso l’Istituto Leoniano. Rientrato in Olanda, insegna filosofia e matematica nello studentato carmelitano di Oss, fino al 1923. Contemporaneamente coltiva la passione giornalistica, pubblica articoli in diversi periodici, di alcuni dei quali diviene capo-redattore; inizia pure la pubblicazione in più volumi delle opere di Santa Teresa in lingua olandese. Nel 1923 diventa professore di filosofia e storia della mistica nella neonata Università Cattolica di Nimega e nell’anno accademico 1932-1933 viene eletto Rettore magnifico. Nel 1935 il Vescovo di Utrecht Mons. Johannes De Jong lo nomina assistente ecclesiastico dell’associazione dei giornalisti cattolici del paese (una trentina di testate giornalistiche). Con la tessera internazionale di giornalista viaggia in Irlanda e negli Stati Uniti, dove tiene conferenze sulla spiritualità e la tradizione carmelitana, raccolte in seguito nel volume The Beauty of Carmel. Nel 1933 in Germania il partito nazionalsocialista aveva eletto come Cancelliere Adolf Hitler. Il 14 marzo 1937 papa Pio XI scrive un’enciclica dove denuncia l’ideologia nazista: la Mit Brennender Sorge. Tra il 1938 e il 1939, mentre in Europa cominciano ad addensarsi le cupe ombre del nazismo, Padre Tito tiene dei corsi all’università sull’ideologia nazista, denunciandone a gran voce la distorsione ideologica e criticandone l’impostazione pagana e antiumana. La guerra, iniziata nel settembre 1939 con l’invasione della Polonia, si scatena anche in occidente: il 10 maggio 1940 i tedeschi invadono l’Olanda, il Belgio, il Lussemburgo e la Francia, imponendo gradualmente la propria ideologia. Il 26 gennaio 1941 i Vescovi della Chiesa Olandese reagiscono con fermezza contro i provvedimenti nazisti e Padre Tito, in prima linea, collabora attivamente con l’episcopato, ben cosciente dei rischi cui va incontro.


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All’inizio di gennaio del 1942 egli, dopo aver avuto il 27 dicembre un incontro con il vescovo di Utrech, viaggia in treno in tutta l’Olanda e visita le redazioni dei giornali cattolici, per consegnare le direttive dell’episcopato e incoraggiare i direttori a resistere alle pressioni naziste. Il 19 gennaio, appena rientrato a Nimega, tiene l’ultima lezione all’università; al rientro in convento, viene arrestato e rinchiuso in una cella del carcere di Scheveningen. Gli è concesso di tenere con sé due libri: la vita di S. Teresa di Gesù di Kwalkman (Het leven van heiligen Theresia, 1908) e il Jezus di C. Verschaeve (1939). In cella padre Tito può dedicarsi a scrivere la vita di S. Teresa e, in mancanza di carta, utilizza il libro sulla vita di Gesù scrivendo tra le righe quella della santa di Ávila. In quel periodo scrive anche un diario, intitolato La mia cella, e la preghiera Davanti all’immagine di Gesù, in cui esprime la propria desolazione, consolata dalla presenza mistica del Signore. Dal suo soggiorno nella cella 577 del carcere padre Tito scriverà: «Beata solitudo. Mi trovo in questa cella come in casa. E finora non mi sono annoiato. Anzi, è il contrario. Sono solo, è vero, ma mai il Signore mi è stato così vicino. Sento la voglia di gridare per la gioia, perché Egli di nuovo nella sua pienezza si è fatto trovare da me …  Egli è il mio unico rifugio e mi sento protetto e felice. Rimarrò qui per sempre, se il Signore così dispone. Raramente sono stato così felice e contento». Il 12 marzo viene condotto nel campo penale di Amersfoort, dove è costretto a lavorare e a vivere in condizioni durissime; il 13 giugno viene trasferito nel campo di smistamento di Kleve, in Germania, e da qui viene condotto con un carro bestiame fino al campo di concentramento di Dachau, dove arriva il 19 giugno 1942. A causa dell’estremo indebolimento della sua salute, già precaria, è internato nell’ospedale da campo, il Revier. Vi rimane fino alla domenica 26 luglio, quando viene ucciso, alle ore 14, con un’iniezione di acido fenico. All’infermiera che lo stava uccidendo padre Tito regala il rosario che un internato gli aveva fabbricato.  La donna dice di non saper pregare, e padre Tito risponde: «Basta che dica Ave Maria». In seguito ella si convertirà e potrà testimoniare al processo di beatificazione, raccontando le ultime ore di vita del Carmelitano. Nel 1952 viene introdotto il processo di beatificazione e canonizzazione: era il primo processo su un presunto martire del nazionalsocialismo. Il 3 novembre 1985, san Giovanni Paolo II proclama Beato padre Titus Brandsma, come martire della fede.


* Studente Istituto superiore di Scienze religiose "Monsignor Vincenzo Zoccali"

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