Di chi è la responsabilità? Mia, tua. No, forse vostra. Entrando nello studio di Roberto Di Palma, procuratore facente funzioni presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, ci potremmo aspettare un atteggiamento inquisitore. Invece, quando parliamo dei casi di violenza tra i minori, il magistrato di lungo corso sveste la toga per indossare i panni dell’adulto. Sì, perché a furia di ricercare le cause che scatenano comportamenti scorretti o addirittura illegali, l’attuale procuratore reggino si è scontrato in vuoti educativi incancreniti. Le definisce “famiglie adolescenti” parafrasando il titolo di un libro cult di Massimo Ammaniti.
Chi sono i ragazzi che arrivano in Tribunale?
Occorre delineare almeno tre “categorie”. In primis, ci sono quei ragazzi che un tempo sarebbe stati definiti come «indisciplinati». Totalmente estranei a contesti mafiosi o di degrado socioeconomico. Spesso e volentieri per assenza di figure familiari forti intraprendono strade sbagliate: risse, furti e bullismo sono alcuni dei reati più frequenti. Altri casi emergenti riguardano i reati a sfondo sessuale, una vera piaga per i nostri tempi: parecchi fascicoli vengono iscritti per pedopornografia e revenge porn.
Poi ci sono quelli che lo slang mediatico definisce “baby-gang” o “rampolli di mafia”?
Rapine, estorsioni, ricettazione, ma anche lesioni personali che però vanno lette in un’ottica associativa. In loro conta tantissimo l’estrazione familiare o anche il territorio da cui provengono: sono atti prodromici per diventare ‘ndranghetista. Si tratta, usando il gergo mafioso, di “azionisti” che vogliono mettersi in mostra agli occhi dei clan. È un vero e proprio serbatoio per le famiglie mafiose con un risvolto ancora più triste: questi giovani non si rendono conto che diverranno dei “vuoti a perdere” che una volta usati verranno “parcheggiati” dalle ‘ndrine. A questi si affiancano, invece, l’espressione giovanile della borghesia mafiosa i cui reati sono più caratteristici e organici all’organizzazione malavitosa.
Una “vita spericolata” pubblicizzata sui Social network...
Uno dei primi step della crescita è l’inserimento, cioè che ciascuno si senta accettato e inserito nel gruppo. Lechallenge, le sfide che gli adolescenti si lanciano sui Social network, sono il punto di incontro tra l’essere e l’essere riconosciuto. Che poi è una forma antropologica vecchia quanto il mondo: parliamo di iniziazioni e battesimi. Oggi viene mediato attraverso uno smartphone; l’uniformazione estetica, d’altronde, oggi è evidentissima: stesse scarpe, stessi jeans, stesso maglione. Questo ha un riscontro anche sotto l’aspetto dei reati: chi nasce in determinate realtà, non può non fare furti. Lo stesso avviene per i reati sessuali: spessissimo sono situazioni vissute e sviluppate in gruppo.
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