Avvenire di Calabria

Il corso di formazione si è svolto presso l'Auditorium Don Orione del Santuario di Sant'Antonio

Infermieri, tra scienza, spiritualità ed etica: incontro al Gom

Il confronto è stato organizzato dall'Opi, dall'Ufficio di Pastorale per la Salute della diocesi reggina e dalla Cappellania dell'Ospedale reggino

di Luigi Sorrenti*

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Infermieri e operatori della sanità a confronto a Reggio Calabria. “Investire nell’assistenza infermieristica con impegno scientifico, etico-professionale e culturale per garantire il diritto alla salute” è il titolo del corso di formazione per operatori sanitari organizzato dall’Ordine delle professioni infermieristiche di Reggio Calabria, dall’Ufficio per la Pastorale della salute dell’arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova e dalla cappellania ospedaliera del Grande ospedale metropolitano reggina.

Il corso di formazione è stato ospitato lo scorso 21 giugno nell’Auditorium Don Orione presso il Santuario di Sant’Antonio di Reggio Calabria. È stata un’importante occasione di confronto sulle tematiche legate al mondo della sanità, in particolare per quanto attiene alla realtà reggina. Ad aprire i lavori, soffermandosi sulla «spiritualità nella cura», è stato monsignor Antonio Donghi, presbitero della diocesi di Bergamo e docente emerito. È intervenuto sul tema: ”Infermieristica, professione in continua evoluzione: passato, presente e prospettive future”.


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«La bellezza più grande dell’amore è il silenzio, perché la carezza è la più grande terapia dell'ammalato» ha detto monsignor Donghi nel corso del suo intervento, nel suscitare stupore evangelico, che nasce con lo sguardo dell’amore e ti invade e ti libera da ogni pensiero/prigione. L’intervento di monsignor Donghi, però, non è stato il solo carico di spunti interessanti. Altrettanti contributi, infatti, li hanno offerti infermieri, volontari, sacerdoti e medici intervenuti.

Don Pietro Sergi, portando i saluti dell’Arcivescovo Morrone in apertura del corso ha detto: «L’infermiere è servizio di amore e dedizione a una persona che vi porta nell'esperienza del bisogno inestirpabile che noi siamo; la Chiesa è vicina a voi mentre vi formate a entrare nel mistero del dolore e della vita, mistero di fragilità e grandezza». Don de Biasi ha invece raccontato la sua personale esperienza vissuta al Cottolengo dove si è confrontato con «un’umanità che o ti mette in gioco o ti spaventa e scappi; i malati non ti dicono mai se fa caldo o fa freddo, tocca a te capirlo e scoprirlo: non è mai sufficiente fare le cose che vanno fatte, andare oltre è indispensabile».

Intervenendo per la direzione sanitaria del Gom, la dottoressa Farisano si è soffermata sull’etica professionale, oggi – ha detto - «al centro dell’impegno dell’infermiere».

Il responsabile scientifico del corso, insieme a don Stefano Iacopino, Carmine Federico, ha aggiunto, dicendo: «siamo passati dal curare a prenderci cura, curiamo la persona con la sua malattia, e i suoi affetti». Il dottore Domenico Quattrone, direttore dell’Unità di Terapia del dolore, il quale ha moderato i lavori, ha affermato: «Ci vuole forza d'animo oltre che nervi saldi per tamponare la fiumana di persone che si rivolgono a noi, ci vuole carità per trovare l'eccesso di pazienza necessario; siamo strumenti semplici e insufficienti: per soddisfare la domanda di salute serve uno spirito di corpo per dare di più; ci sono piccoli eroi dai piccoli gesti che cambiano le cose nel piccolo della nostra realtà».

Interessanti anche gli interventi di Mario Cucinotta, coordinatore UOC Chirurgia d’Urgenza del Gom e docente universitario e di Francesca Moscato, Coordinatrice UOC di Ortopedia e Traumatologia. «Il nuovo Codice deontologico 2019 rappresenta per l’infermiere uno strumento per esprimere la propria competenza e la propria umanità, il saper curare e il saper prendersi cura», ha detto Moscato. E, ancora: «nell'agire professionale, l’Infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l'ascolto e il dialogo».

Mario Cucinotta, raccontando la lunga storia del Movimento Infermieristico, nel fare la sintesi di tutti gli interventi del corso ha citato Florence Nightingale, la fondatrice dell'assistenza infermieristica moderna: «L’infermieristica non è semplicemente tecnica, ma un sapere che coinvolge anima, mente e immaginazione».

Il corso si è concluso con il dibattito attorno a tre relazioni: «Nascono le U.S.C.A. contro il nemico invisibile» di Bruna Occhibelli, infermiera U.S.C.A. Coordinatrice Distretto di RC; “Donare – Donandosi: la presenza infermieristica in AVIS”, Silvio Favale Infermiere terapia intensiva cardiochirurgia GOM; “Il ruolo delle cure palliative nell’offerta sanitaria alle persone fragili”, Dottoressa Paola Serranò, Responsabile UOCP – Asp di Reggio Calabria.

Occhibelli si è soffermata sulle «Usca del distretto di Reggio Calabria» costituite da un team di medici e infermieri, impegnati nella gestione domiciliare dei casi covid o sospetti covid e nell'assistenza e sorveglianza sanitaria. «Mettono al servizio del paziente - ha detto Occhibelli - non solo la professionalità e la competenza tecnica, ma anche il proprio cuore . Lo hanno fatto in un momento di paura e fragilità provocato dal virus e continuano a farlo».

La relazione finale, “Il ruolo delle cure palliative nell’offerta sanitaria alle persone fragili”, della Dottoressa Paola Serranò non ha nascosto, ma ha messo in evidenza le criticità del settore, soffermandosi anche sugli aspetti etici che vanno oltre la sfera scientifica: «Le cure palliative – ha detto la dottoressa Serranò – coniugano le competenze tecniche con atteggiamenti improntati alla compassione, all’Empatia, intesa come capacità qualitativa dell’operatore sanitario di accogliere e prendersi cura della persona fragile, con un autentico interesse a promuovere il suo bene, con il desiderio di voler entrare in intimità con lei e con la sua famiglia».

Hanno partecipato al dibattito anche Mario Morabito infermiere U.S.C.A. e volontario Croce Rossa, Daniela Dattola Presidente comitato Croce rossa italiana di Reggio Calabria.

Corso per infermieri a Reggio Calabria, la relazione di monsignor Donghi

Ascoltare monsignor Donghi mentre illumina per tutti “La spiritualità nella cura” è come incontrare l’amore di Dio mentre ci cerca col linguaggio dell’uomo di Dio: le sue parole, accompagnate sempre dal tono giusto, aiutano a scoprire l’invisibile che hai davanti e che non vedi, che hai in te e non senti, ma che poi, dopo l’ascolto, vive nel tuo cuore solo perché adesso lo vedi e lo senti.

«Regalami il tuo dramma e io ti darò una speranza, radicale!». Sono parole fortissime e sorprendenti: accogliere il malato come dono è la verità dell’incontro più profondo. Lasciare entrare il malato nella mia vita con il suo dramma, per abbracciarlo con lo sguardo dell’amore. Se la vita spirituale è l’incontro di due interiorità, Gesù e l’uomo, l’operatore sanitario è un uomo che incontra un altro uomo, lo incontra con lo sguardo del cuore che accoglie il dolore, il mistero del dolore: amare è stare vicino al malato nella semplicità di un sorriso, non dare soluzioni. Così come «la fede non è andare in chiesa ma stabilire relazioni veramente umane, collaborare col malato è un fatto di relazione», ha detto ancora monsignor Donghi durante il corso di formazione riservato agli infermieri e agli operatori sanitari del Gom di Reggio Calabria.


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«Affrontare la bellezza della vita – ha aggiunto Donghi – è vita spirituale: credere non è capire, la vita non si capisce si vive, la fede è affidarsi. Amare è vivere, amare un ammalato è vivere la vita, il dono della vita. La spiritualità scopre ciò che è essenziale nella vita, ciò che dà forza e forma alla vita, per cui val la pena lottare anche nella malattia: la comprensione del limite, scoperta drammatica ma non senza speranza, è il grande valore della malattia. La malattia ha un senso: generiamo negli altri la fede come fiducia, affidamento, speranza. Anche per gli studiosi la malattia è il luogo di sperimentazione dei propri limiti: all’ammalato che si chiude occorre dare il coraggio di essere stesso, di accettare i propri limiti, perché anche la malattia aiuta ad essere se stessi, è scuola di vita e luogo di umanizzazione. È la profezia del senso della vita».

*Segretario Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute

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