
“Millennium”, il “nuovo” racconto della ‘ndrangheta: 97 indagati in tutta Italia
Coinvolti politici, imprenditori e funzionari. Tra gli arrestati anche figure chiave delle cosche Alvaro e Barbaro
Quasi trecento Comuni “infettati” in poco più di vent’anni. Il virus “mafia” non conosce limiti territoriali quando deve inquinare gli appalti e la gestione della Pubblica amministrazione. E gli enti locali, con particolare riferimento ai Comuni, sono i soggetti prediletti dalle consorterie mafiose.
«Un fenomeno in espansione, specialmente al Nord Italia», ha detto Alessandro Pajno, presidente del Consiglio di Stato in un’audizione alla Commissione Antimafia nei giorni scorsi. Un allarme suffragato dai numeri: «L’infiltrazione si fa più pervasiva – ha detto Pajno – con fenomeni ormai diffusi di illegalità, di corruttela e favoritismi nelle amministrazioni locali».
Rispetto al trend in aumento nel settentrione si segnala il ruolo egemone che sta avendo la ’ndrangheta capace di «grande espansione e radicamento dei clan». Un modello corroborato in Calabria dove i numeri si fanno ancora più preoccupanti: il 30% dei Comuni commissariati sono proprio in questa regione (fonte Avviso Pubblico) con picchi altissimi a Reggio Calabria dove sono stati sciolti 58 consigli comunali dal 1991 ad oggi.
Secondo Gerardo Dominijanni, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, il motivo della profonda pervasività delle ’ndrine è da ricercare proprio nei gangli della Pubblica amministrazione: «C’è un fenomeno di autoconservazione dello status quo – spiega Dominijanni – che crea, inevitabilmente, delle vere e proprie sacche di potere. Proprio nello scontro tra le diverse sacche, nei dissidi, è lì che la ’ndrangheta trova lo spazio ideale per la sua infiltrazione». Insomma sembrerebbe che l’apparato pubblico favorisca le cosche: «Recentemente la tecnica legislativa, invece di semplificare le norme, le sta complicando. Se una procedura è complessa – sottolinea il magistrato reggino – se porta a contenziosi e interpretazioni, allora è quasi fisiologico che per “sbloccarla” si debba ricorrere alla “banca del favore” e alla corruzione».
Corruzione e ’ndrangheta per Dominijanni, quindi, camminano a braccetto. Eppure la legge sullo scioglimento per infiltrazione mafiosa “salva” in toto i dirigenti e i funzionari dell’ente: «Le legge andrebbe rivista, basti pensare alla grandissima influenza che hanno i funzionari pubblici rispetto ai politici». Un punto di vista sposato in pieno dal Presidente della Commissione Giustizia del Senato, Nico D’Ascola: «Sono convinto che bisogna intervenire per modificare questa legge», dichiara D’Ascola.
Non ha dubbi il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho: «La politica buona, quella che si muove negli interessi dei cittadini, deve guardarsi da una politica inquinata creata dalla ’ndrangheta».
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