Avvenire di Calabria

A capo del sodalizio il boss Orazio e il nipote Paolo Rosario

La longa manus dei De Stefano sul comparto-rifiuti

Federico Minniti

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Quindicimila euro al mese. A tanto ammontava la “quota” da versare mensilmente nelle casse del clan De Stefano. Questa una della risultanze investigative dell’operazione “Trash”, condotta dalla Polizia di Stato su indicazione della Dda di Reggio Calabria che ha disposto 5 arresti. I pagamenti veniva effettuati dalla Fata Morgana Spa, società fallita, e compartecipata per il 50% dal Comune di Reggio Calabria. Soldi pubblici che dovevano rimpinguare il patrimonio criminale di Orazio De Stefano, l’ultimo dei germani del più importante casato della ‘ndrangheta. Seppur detenuto dal 2004, dopo una latitanza di oltre 14 anni, Orazio De Stefano avrebbe impartito il controllo militare della Fata Morgana che per conto di 18 amministrazioni comunali nel reggino, compreso il capoluogo di Provincia, espletava il servizio di raccolta e smaltimento della differenziata. Non solo la “mazzetta” mensile di diverse decine di migliaia di euro, ma soprattutto la possibilità di controllare l’indotto e i fornitori della stessa azienda, influenzandone anche il profilo occupazionale. A svelare questi retroscena è il collaboratore di giustizia, Salvatore Aiello, che dal 2007 al 2010 è stato direttore operativo proprio della Fata Morgana. Aiello è il cugino di Orazio De Stefano, ma è con il nipote di quest’ultimo, Paolo Rosario, che intesse i rapporti. Tra i due prima una preziosa collaborazione, poi le frizioni e le minacce. «Se hai sbagliato ti taglio il collo», avrebbe detto un altro dei fermati Paolo Caponera che assieme ad Andrea Saraceno e Giuseppe Praticò rappresentava il braccio operativo del clan nel controllo del comparto rifiuti. A “garantire” tutti ci pensava quel cognome, De Stefano, capace di coalizzare tutti i clan della provincia anche dietro i propri uomini nel business della monnezza.

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