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Attraversare la soglia tra il reale e il possibile, tra la vita e il racconto, tra il mondo adulto e quello bambino. Per Anna Calarco, attrice e formatrice teatrale dell’associazione Spazio Teatro di Reggio Calabria, il teatro è prima di tutto un gesto educativo e creativo, uno spazio in cui i più piccoli possono scoprire se stessi attraverso l’ascolto, l’immaginazione e la condivisione. Da oltre vent’anni, il suo lavoro accompagna bambini e ragazzi in percorsi dove la scena è strumento di espressione e crescita.
Il teatro come porta d’accesso al possibile, strumento di crescita e scoperta. Anna Calarco, attrice e formatrice teatrale, crea esperienze artistiche per bambini e ragazzi, valorizzando la loro capacità di interpretare e trasformare la realtà attraverso la creatività.
Punto di riferimento del suo lavoro è l’Associazione Spazio Teatro di Reggio Calabria, di cui è anche socia, che da 25 anni promuove la cultura teatrale attraverso la produzione e distribuzione di spettacoli, l’organizzazione di rassegne e festival e la formazione di giovani attori.
Una soglia sempre aperta tra il mondo bambino e il mondo adulto. Quello che mi propongo di fare, con il mio lavoro teatrale insieme ai bambini, è questo gesto di attraversamento: dalla realtà, dal mondo conosciuto, al regno del possibile. Ai bambini parliamo sempre della verità della finzione, un concetto che diventa più difficile da capire man mano che si cresce. Ha a che fare con l’autenticità di ciò che si racconta e soprattutto del perché si racconta.
PER APPROFONDIRE: Il teatro, arte della vita e palestra di creatività
Per i bambini piccoli attraversare la soglia, avanti e indietro, è un gesto naturale. Coi bambini usiamo pochissimi oggetti, facendo teatro, per una scelta ben precisa, per un fare acquisito da tanto proprio perché sono naturalmente pronti e disponibili a varcare quella soglia senza bisogno di altro che non la loro creatività.
Per me Italo Calvino è un autore del cuore, che ha molto contribuito alla formazione del mio gusto letterario, e non solo. Moltissimo anche per il suo lavoro di analisi della letteratura. L’idea del Racconto Cosmicomico è stata molto spesso materiale di lavoro nei laboratori con i ragazzi dai 13 anni in su. Il centenario dalla sua nascita ha fornito la giusta occasione per condensare i vari materiali e anche per raccogliere le impressioni che avevano raccolto fin lì. In particolare questa: dell’opera di Calvino spesso si perde proprio la sua fase più “fantastica” e libera. Nei diversi percorsi con i ragazzi, avevamo notato che molte delle storie meno conosciute di Calvino e scarsamente incontrate a scuola, in realtà, parlavano ai ragazzi e alle ragazze, riuscivano a toccare in loro corde importanti. Così abbiamo provato questo avvicinamento. E ha funzionato.
Il legame con il teatro è quel gesto di soglia di cui parlavo prima. Il teatro è sempre racconto. E il racconto ha il potere di svelare e di accompagnare verso quella soglia. Nei Laboratori Pazzi di Storie cerco di dare a ogni bambina e bambino un suo spazio e un suo tempo per ricercare la propria capacità espressiva, unica. Il più possibile lontani da giudizi, stereotipi e cliché. Costruiamo dei percorsi che ci permettano prima di tutto di connetterci con la nostra autenticità.
Quello che Calvino suggerisce, conferendo a questa entità un nome praticamente impronunciabile, è proprio il fatto che è impossibile dargli una forma, un’immagine o una biografia definite, come si fa solitamente con un normale personaggio. Qfwfq, nella mia interpretazione, rappresenta il racconto vero e proprio e la necessità del racconto per riconoscersi pienamente, al di là della forma e delle contingenze. Allo stesso tempo il racconto di Qfwfq non è obiettivo, è soggettivo e paradossale, contradditorio e “fluido”. L’idea di fluidità è stata l’altra chiave. Quello che portiamo è un racconto che parte da uno spunto surreale, grottesco, caratterizzato da una sottile ironia, ma arriva a un culmine universale e umano.
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