Avvenire di Calabria

La Fict, la Federazione italiana della comunità terapeutica, interviene sulla Giornata mondiale di Lotta alla droga

Lotta alla droga, la Fict: «Ridare dignità ai servizi»

Le parole del presidente nazionale, il reggino Squillaci che traccia il profilo di un argomento di «drammaticità attualità»

di Luciano Squillaci *

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La Fict, la Federazione italiana della comunità terapeutica, interviene sulla Giornata mondiale di Lotta alla droga. Leggi le parole del presidente nazionale, il reggino Luciano Squillaci che traccia il profilo di un argomento di «drammaticità attualità».

La riflessione di Squillaci (Fict) sulla Giornata di lotta alla droga

Anche quest’anno il 26 giugno si è celebrata la “Giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga” istituita dall’Onu, ed anche quest’anno abbiamo assistito alla solita passarella di politici e altri referenti istituzionali che ci hanno ricordato di come il problema dipendenze sia un problema globale che deve impegnarci tutti in una lotta senza quartiere per la libertà, la legalità e la vita.

E abbiamo assistito alla solita carrellata ipocrita di luoghi comuni. Eppure il tema scelto dall’Organizzazione delle Nazioni unite sarebbe anche accattivante: «Affrontare le sfide della droga nelle crisi sanitarie e umanitarie». Evidentemente un argomento di drammatica attualità.


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Recentemente, al convegno nazionale dell’Ufficio per la Pastorale della Salute della Cei, abbiamo presentato dati che dimostrano chiaramente come la droga e le cosiddette dipendenze comportamentali, il gioco d’azzardo, le dipendenze tecnologiche, da internet, da social, sono una piaga che non si è fermata neanche con il covid.

La relazione al Parlamento, sui dati del 2020, riferisce di 125 mila persone con problemi di dipendenza da sostanze illegali, ma conta esclusivamente gli “utenti” in carico al Servizio Sanitario, cioè a quella parte limitata di soggetti che si riescono ancora ad intercettare attraverso il sistema “ufficiale” dei servizi.

Manca tutto un altro pezzo di fenomeno, che si stima essere 5 volte superiore (parliamo di oltre mezzo milione di italiani) e che, invece, non si riesce ad intercettare con servizi ampiamente superati, regolamentati da un legge di oltre 30 anni fa. Di fatto i Ser.D. e le Comunità riescono a “prendere in carico” solo un quinto delle persone che avrebbero bisogno di aiuto. Ed i numeri sono ancora più impressionanti se consideriamo tutto il resto del mondo delle dipendenze, in primis quelle cosiddette comportamentali (internet, gioco, ecc.), ma anche alcol e psicofarmaci.

Numeri che il covid se possibile ha persino aggravato, aprendo la strada a nuove psicosi e dipendenze, mostrando la via di nuovi mercati, meno impegnativi e molto più pericolosi: si stima che il “dark web”, la parte oscura della rete, abbia più che triplicato il fatturato sulle sostanze stupefacenti. Emblematica in tal senso l’operazione di polizia internazionale denominata senza troppa fantasia DarkMarket che ha portato ad identificare quasi 500 mila utenti di oltre 2.400 venditori negli Usa, in Australia ed Europa. Più di 320 mila transazioni eseguite con bitcoin e money transfer.

Sembrerebbe la trama di un film se non fosse la drammatica nuova realtà virtuale in cui si muovono da esperti navigati i nostri adolescenti. Non possiamo stupirci, quindi, se in Europa contiamo quasi 6 mila morti di overdose ogni anno (di cui 350 solo in Italia) e se il 26% dei nostri ragazzi in età scolare, più di 1 su 4, ha fatto uso di sostanze illegali nello scorso anno. Messa così sembra davvero che abbiamo ormai perso la battaglia e, ciò che è peggio, abbiamo perso la speranza.


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E poi c’è la Calabria, ancora più marginale, ultima tra gli ultimi anche nella lotta alla droga. Nonostante il lavoro a dir poco eroico degli operatori dei servizi pubblici e delle comunità terapeutiche, il mondo delle dipendenze vaga disperso nella crisi strutturale del sistema sanitario.

Puntualmente dimenticato, da politici e burocrati regionali, il sistema dei servizi contro le dipendenze in Calabria sta lottando per la sopravvivenza con investimenti a dir poco irrisori e totalmente insufficienti, senza alcuna programmazione e soprattutto nel più completo disinteresse delle Aziende Sanitarie. Eppure ha ancora senso celebrare il 26 giugno, fosse solo perché almeno per quel giorno riacquistiamo il diritto ad essere ascoltati.

Allora proviamo a dirlo chiaramente: inseguire le sostanze non serve, è una battaglia che abbiamo già ampiamente perduto. Occorre ripartire dalle persone, da un investimento educativo serio, restituendo la “speranza” ai nostri ragazzi, mostrando loro in concreto la possibilità di essere protagonisti del proprio cammino, non semplici destinatari di proposte altrui, peraltro tiepide e stantie.

Occorre restituire dignità ai servizi che lottano quotidianamente sui territori, garantendo l’ascolto strutturato degli operatori. Questo è l’unico modo possibile per ripartire, per celebrare davvero il 26 giugno.


* presidente nazionale Fict

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