
Una firma che vale carità speranza e accoglienza
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Come l’astronomia può ispirare e guidare le nuove generazioni? Lo abbiamo chiesto a Luca Peyron, sacerdote della diocesi di Torino e appassionato di astronomia. In questa intervista, ci racconta come le sue osservazioni astronomiche continuano ad arricchire la sua missione pastorale.
La passione per lo spazio affonda le sue radici nell’infanzia, quella per l’astronomia sboccia a Natale del 2021 con il lancio del telescopio spaziale James Webb ed una “tentazione” indotta dai social provvidenzialmente non combattuta. Così ho comprato il mio primo telescopio a cui hanno fatto seguito diversi altri, approfittando del mio cinquantesimo compleanno. Di lì si è aperto un mondo, anzi un cosmo, che è diventato anche un libro, Cieli Sereni ed un sequel di prossima pubblicazione, Sconfinato, per Edizioni San Paolo.
Esplorare il cielo notturno mi fa vivere l’essere figlio amato da quel Padre nostro che il cielo lo ha creato. Pastoralmente la meraviglia dell’osservazione astronomica mi permette di andare oltre e far scoprire a tutte le età della vita che quel nero sopra di noi è colorato del Suo amore.
Tantissimi, troppi per una sola intervista! In modo telegrafico: la meraviglia, la scoperta da fare insieme, il bisogno di essere accompagnati, la bellezza di percorrere strade già segnate da altri e nello stesso tempo di trovarne di nuove, le tantissime prime volte che rimandano continuamente ad un oltre e dunque ad un Altro!
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La prima nebulosa, come la prima comunione, ti dicono che della bellezza e dell’amore non siamo mai paghi! E quell’amore è disponibile a non smettere mai di darsi, letteralmente, per sempre!
La scoperta del cielo notturno è veicolo di tanti elementi formativi: il desiderio di autenticità, la fatica dell’attesa, la consapevolezza della piccolezza, la bellezza dello studio che porta oltre. Il cielo ci educa ad essere contemporaneamente umili ed orgogliosi di essere parte di un tutto straordinario. Non c’è serata osservativa che non si concluda con due considerazioni, tanto semplici, quanto ri-fondative. Non pensavo fosse così bello, non pensavo di poter restare così tanto tempo senza un cellulare. Il cielo ci apre una finestra che non vuoi scorrere via velocemente.
Credo che possano essere una nuova ed inattesa risorsa. Intelligenza artificiale e digitale ci obbligano a riconsiderare che cosa sia l’umano, chi sia l’umano. La loro complessità ci invita a pensare e vivere a corpo, come S. Paolo scrive alle sue chiese. Le nuove tecnologie ci invitano a rimettere insieme il numero e la lettera, non solo perché l’algoritmo è entrambi, ma perché per poter andare nel futuro sempre più avremmo bisogno di una sintesi di tutti i saperi, quelli delle scienze dure così come quelli umanistici, tra questi anche il sapere della fede, la teologia.
L’esempio dei Magi mi sembra decisivo. Uomini saggi che scrutano il cielo con competenza e conoscenza ed hanno un obiettivo di fede, trovare il Re dei Re. L’astronomia è scienza, ma l’esperienza esistenziale che si può fare guardando il cielo può essere anche interpretata e vissuta come una esperienza di fede.
Collimato il telescopio e puntata la camera astronomica un bel salmo o un bel rosario accompagnano le notti del credente alla scoperta del libro della Natura che ha pagine, costitutivamente, divine.
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