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«Rendiamo noto di aver notificato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) contro il Comune di Reggio Calabria relativamente alla vicenda dei nostri manifesti “Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta #StopAborto” in seguito oscurati dall’attuale amministrazione». A renderlo noto, è l'associazione ProVita&Famiglia onlus
Dopo aver analizzato gli atti forniti, l'associazione, fa sapere attraverso una nota, è venuta a conoscenza di una email inviata alla Hermes dall’assessore comunale alle Politiche Giovanili, Sport, Pari Opportunità e Politiche di genere, Giuseppina Palmenta, con la quale si chiedeva «di procedere all’oscuramento» dei manifesti «perché in contrasto con quanto contenuto nel regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e del servizio pubbliche affissioni: "È vietata ogni forma di esposizione pubblicitaria di immagini o messaggi che incitino alla violenza, all’odio razziale, alla discriminazione, al gioco d’azzardo in denaro e inoltre alla commercializzazione dei prodotti di tabacco"».
Quanto emerso dagli atti, insieme all’effettivo oscuramente dei manifesti, «oltre ad essere stati pregiudizievoli sotto il profilo economico, rappresentano - ancora ProVita - una grave violazione dei diritti di espressione della nostra associazione, pertanto siamo stati costretti a ricorrere alla Giustizia riparatrice. In forza di una semplice email ordinaria di un’assessore alla società che gestisce un pubblico servizio, e dunque non di un provvedimento né di organi amministrativo né di indirizzo politico, né del Sindaco, né della Giunta, né del Consiglio Comunale, ma di una email di un’assessore, Hermes ha oscurato i manifesti la cui affissione era stata legittimamente richiesta e pagata e che, allorquando davvero si volesse scrutinare la fondatezza nel merito di una email, non violano alcuna norma regolamentare».
Il messaggio veicolato dal manifesto, ha invece motivo di ritenere l'associazione, «appare perfettamente coerente non solo con idealità culturali del tutto lecite e legittime, ma è addirittura coerente sia con il citato regolamento comunale che con norme positive dello Stato italiano poste a diretta tutela della maternità e della vita nascente fin dal suo inizio. Pertanto, a fronte dell’inopinata di un'assessore a mezzo email, si è richiesto il risarcimento di ogni danno patito nella misura che sarà dimostrata in corso di causa, ivi compresa la restituzione delle somme versate».
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