Monsignor Lanza, l’arcivescovo che si fece carico dei problemi del Mezzogiorno
Dal convegno di Reggio l’appello a tradurre la Lettera collettiva del ’48 in scelte pastorali e civili per il Mezzogiorno di oggi
di Redazione Web
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Nel Seminario arcivescovile Pio XI studiosi e vescovi riscoprono l’eredità sociale del giovane arcivescovo cosentino a 75 anni dalla scomparsa
Nell’Aula magna “monsignor V. Mondello” del Seminario arcivescovile Pio XI, si è tenuto sabato scorso il convegno «Monsignor Antonio Lanza, arcivescovo di Reggio Calabria, tra questione meridionale e formazione del laicato», promosso dal Movimento ecclesiale di impegno culturale, dalla Conferenza episcopale calabra, dall’Istituto di formazione politico-sociale che porta il nome del presule e dalla Fuci. L’appuntamento – prima tappa delle celebrazioni per il 75° anniversario della morte del vescovo cosentino – ha rilanciato l’attualità del suo pensiero meridionalista e la centralità della dottrina sociale nella sua azione pastorale.
Ad aprire i lavori è stato l’arcivescovo metropolita Fortunato Morrone, ricordando «il dovere di rileggere la storia per comprendere il presente» e invitando la Chiesa calabrese a farsi artigiana di fraternità sulle orme di Lanza. Nei saluti istituzionali l’ingegnere Paolo Restuccia (Meic) e il costituzionalista Luigi D’Andrea hanno tracciato il profilo di un pastore capace di intrecciare Vangelo e riscatto sociale, gettando le basi di un meridionalismo attento alla dignità della persona.
Una figura dal pensiero attuale
Magda Galati, direttrice dell’Istituto “monsignor Lanza”, ha contestualizzato la celebre lettera collettiva dei vescovi del 1948: «La testimonianza di Monsignor Antonio Lanza è stata veramente significativa per l’unione tra la questione sociale, in particolare la questione meridionale, e la comunità ecclesiale. La Lettera collettiva dei vescovi a proposito delle questioni del mezzogiorno ha provato a mettere insieme la pastorale con la questione sociale». Come don Farias ci ricordava nei suoi scritti, ha proseguito la Galati, «Monsignor Antonio Lanza è un contemplativo nell'azione, quindi agiva sempre con grande spessore e profondità spirituale, ma guardando alla realtà, ai segni dei tempi per adeguare la dottrina sociale della Chiesa alla luce dei segni dei tempi».
La lectio magistralis affidata allo storico Vittorio De Marco (Università del Salento) ha ripercorso la genesi e la portata della Lettera collettiva dell’episcopato del Sud, definita «pietra angolare per l’intera Chiesa meridionale». Lo studioso ha spiegato che «Lanza ha saputo leggere i segni dei tempi, guardando con ottimismo anche al futuro. La lettera pastorale, che diventa poi patrimonio di tutta la Chiesa meridionale, parla della dignità della persona umana, della dignità del lavoro, della sussidiarietà dello Stato, del problema del mondo contadino, dei problemi secolari del mezzogiorno e chiama la Chiesa ad essere protagonista del riscatto di tutto il mondo meridionale, quello contadino e anche quello non contadino». La seconda lectio è stata affidata a Padre Pasquale Triulcio, pfi, direttore dell'Archivio storico diocesano di Reggio Calabria - Bova. Il sacerdote religioso ha trattato il tema: "Il ruolo del laicato nella pastorale di Mons. Antonio Lanza" attraverso fonti d’archivio recuperate presso l’archivio apostolico vaticano oltre che presso il diocesano. Triulcio ha compiuto un excursus sul ruolo del laicato nella pastorale di Lanza, disegnando la rete di relazioni da lui intrecciata: Veronese, Moro, Mariotti, etc. Un vescovo che - precorrendo il Vaticano II - ha compreso il ruolo decisivo delle donne. Scriveva: «i laici devono essere attivamente partecipi all’azione della chiesa».
Il tratto spirituale e l’eredità pastorale di Lanza sono stati messi in luce dal vescovo Franco Milito, che ha invitato a custodirne l’esempio: «Gli uomini grandi, quale è stato Monsignor Lanza, non tramontano mai. Il corpo necessariamente conosce le sue evoluzioni naturali ma il pensiero, lo spirito, l'eredità sfidano anche i tempi e oggi stiamo anche a vedere questa realtà».
Oggi è bello ricordare questa figura – ha chiosato il vescovo emerito di Oppido-Palmi, «speriamo che in futuro possa essere ripresa anche da altri aspetti, profondamente su di lui». Una memoria storica arricchita dai contributi della professoressa Maria Pia Mazzitelli, che ha ripercorso le tappe salienti della vita del presule – nato a Castiglione Cosentino nel 1905, arcivescovo reggino a trentotto anni e scomparso prematuramente nel 1950 – e dai ricordi di Franca Minuto Peri e di monsignor Antonino Denisi, testimoni diretti del suo magistero.
Oggi l'appuntamento nella Cattedrale di Cosenza
Nei messaggi conclusivi gli organizzatori hanno auspicato che la ricerca sul pensiero di Lanza prosegua, traducendosi in prassi pastorale e progetti formativi all’altezza delle sfide sociali del Mezzogiorno contemporaneo. Oggi 23 giugno, l’anniversario della morte sarà ricordato con una concelebrazione nella cattedrale di Cosenza: un ponte ideale fra le due diocesi che, a settantacinque anni di distanza, continuano a sentirsi custodi dell’eredità di quel «contemplativo nell’azione» capace di coniugare fede e promozione umana.
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