Avvenire di Calabria

Quali sono i numeri reali del volontariato in Italia? Difficile stabilirli e, a volte, anche leggerli.

Volontariato in Italia, l’analisi: meno numeri, più qualità

Eppure dietro a un calo, secondo gli esperti, aumenta la qualità del tempo speso in prossimità

di Giovanni Serra

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Quali sono i numeri reali del volontariato in Italia? Difficile stabilirli e, a volte, anche leggerli. Eppure dietro a un calo, secondo gli esperti, aumenta la qualità del tempo speso in prossimità.

Come cambia il volontariato in Italia: i numeri

Il dato più evidente nel Censimento ISTAT sul non profit italiano è sicuramente il calo drammatico dei volontari. Fra il 2015 e il 2021 si passa da 5,5 milioni a 4,6. Dunque, circa 900 mila volontari in meno, un dato certamente preoccupante. Quello che va precisato, però, è che l’Istat non evidenzia una riduzione del volontariato in Italia – su questo non sono stati forniti dati – quanto una riduzione dei volontari nelle istituzioni non profit.


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Ciò che si può dire è che vi siano meno volontari nelle organizzazioni censite, non meno persone impegnate in azioni gratuite nel Paese. Alcuni commentatori hanno interpretato questo fatto come l’esito delle restrizioni dovute al Covid: il distanziamento sociale avrebbe indotto molti a ritirarsi nel privato.

Non si può escludere questo, benché tutti abbiamo avuto modo di osservare come proprio la drammaticità del periodo pandemico abbia indotto tante persone a darsi da fare gratuitamente per gli altri, dunque a fare volontariato. In attesa di conoscere i dati di dettaglio raccolti dall’Istat, possiamo provare a fare una considerazione.

Se i volontari amano di meno impegnarsi nelle organizzazioni del Terzo settore, questo potrebbe anche essere un problema che dipende dalle organizzazioni stesse. Ci sono alcune domande che sarebbe opportuno farsi, dalla cui risposta forse può dipendere il futuro del volontariato organizzato.

Ad esempio, quale tipo di volontariato è richiesto oggi? Le proposte di volontariato sono compatibili con la vita sempre più complicata di giovani e adulti nel tempo della precarietà lavorativa e di un welfare largamente a carico delle famiglie?

Ancora, quale spazio è offerto ai volontari, perché siano effettivamente partecipi della vita e delle scelte delle organizzazioni? Come si organizzano i tempi delle associazioni, perché siano conciliabili con gli altri tempi della vita? E infine, quanto sono coerenti le missioni delle organizzazioni con i grandi temi che sfidano la società attuale e che mobilitano tanti giovani (la crisi ambientale e i diritti negati, fra tutti)? E quanta bellezza (o quanta stanchezza) si percepisce nell’agire dei volontari storici, perché sia attrattiva di nuovo impegno?


PER APPROFONDIRE: Verso la Casa comune del Volontariato, a Reggio Calabria “rinasce” il Movi


I risultati del Censimento saranno ulteriore occasione di pessimismo associativo e poco più, se non riusciranno a scuotere i nostri gruppi e le nostre organizzazioni perché smettano di dare le spalle al futuro.

Scopo del Terzo settore dovrebbe essere quello di contribuire ad un’inversione di rotta, alla costruzione di un mondo in cui l’uguaglianza di fatto è costruita sulla base di pratiche di cooperazione e sulla costruzione di legami di condivisione.

Allora forse sarebbe meglio che quel pezzo di Terzo settore straricco, quello che assorbe il 50% delle risorse del 5xmille pur rappresentando poco più dell’1% delle organizzazioni, prenda atto di essere qualcosa di diverso dal Terzo settore della condivisione e della relazione e smetta di beneficiare dell’alone di benemerenza che le centinaia di migliaia di piccole e medie organizzazioni conquistano con il loro impegno locale, faticoso e quotidiano.

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