
Le radici ebraiche della Calabria
Lo storico Enrico Tromba ci accompagna in un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo. Iniziando dai fatti più noti di epoca moderna riporta alle origini dell’ebraismo in Calabria.
Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di don Valerio Chiovaro, sacerdote reggino in questi giorni pellegrino a Gerusalemme, sulla festa ebraica dello Yom-Kippur che ricorre oggi
Oggi è Yom- Kippur, il giorno della espiazione, tra i giorni più sacri in Israele e per il popolo ebraico. Qui, a Gerusalemme, tutto tace. Persino le strade sono sbarrate, chiuse. Oggi non ci si muove. È sospesa ogni attività mondana, si digiuna: non si mangia e non si beve. Tutto è orientato alla espiazione. Si concludono, infatti, i "giorni terribili" cominciati con Rosh haShanah. Dieci giorni di rilettura della propria vita, di pentimento. I peccati contro Dio e contro i fratelli vengono riconosciuti e si chiede perdono, per poter essere scritti nel libro dei giusti.
Le celebrazioni cominciano col Kol Nidre che scioglie tutti i voti assunti durante l'anno e prelude all'ultimo grande giudizio. Poi una serie di preghiere recitate prima in silenzio, quindi in coro seguendo uno degli "animatori".
Ci si veste in bianco, per indicare la purezza dell'anima e si indossa il tallit gadol, il grande mantello di preghiera che include e sotto-pone l'uomo in uno spazio sacro. Secondo la prescrizione di Numeri 15,37-40:
37 Il Il Signore aggiunse a Mosè:
38 "Parla agli Israeliti e ordina loro che si facciano, di generazione in generazione, fiocchi agli angoli delle loro vesti e che mettano al fiocco di ogni angolo un cordone di porpora viola.
39 Avrete tali fiocchi e, quando li guarderete, vi ricorderete di tutti i comandi del Signore per metterli in pratica; non andrete vagando dietro il vostro cuore e i vostri occhi, seguendo i quali vi prostituite.
40 Così vi ricorderete di tutti i miei comandi, li metterete in pratica e sarete santi per il vostro Dio.
ai quattro angoli del mantello vi sono gli zizzit, frange ciascuna con un filo doppio, legato con cinque nodi. Il significato è quello di ricordare e vivere i 613 precetti, e, così, di dare a Dio il primato su ogni attività, dimodoché ogni "fare" sia in Lui, nel rispetto delle sue leggi. Tutto questo è "indossato", nel tallit, infatti, il valore numerico della parola zizzit è 600; 8 sono i fili (2 per ciascuna delle 4 frange) e 5 i nodi, per un totale, appunto, di 613, il numero delle prescrizioni mosaiche.
Le frange poste ai quattro angoli del mantello simboleggiano anche i quattro angeli del carro della visione di Ezechiele (quattro angeli con quattro facce e quattro ali) e ricordano al pio israelita che egli stesso è chiamato alla santità e trasportato come su ali di aquila (salmo 90).
Indossato il tallit e cantata la Kol Nidre si continua con le altre preghiere. Il suono dello shofar, che dieci giorni prima ha accompagnato lo Rosh haShanah -chiamato per questo anche "giorno del soffio"- adesso segna la fine del digiuno. Lo shofar, un corno di un capo di bestiame minuto, ricorda la teofania sul Sinai (Es 19,16) e il sacrificio di Isacco. Quindi rende presente a Dio la fede di Abramo, padre del popolo e, per questa, invoca un giudizio benevolo su tutto Israele.
Il carattere penitenziale di questi giorni e, infine, dello Yom Kippur è segnato non da un cupo grigiore, ma da una gioia che si apre, terminato dello Yom Kippur, alla serena certezza che Dio, che conosce le debolezze dell'uomo, è pronto al giudizio benevolo e al perdono. All'uomo, di contro, è lasciata la responsabilità di vivere ogni giorno del nuovo anno, dentro la gioia del perdono ritrovato e sempre nella memoria attualizzata della bontà di Dio. L'uomo , entro questa memoria attuale, è chiamato al "ritorno", alla conversione, in ebraico alla shuva, celebrata solennemente nel sabato precedente, secondo ciò che è detto nel profeta Osea (14,2-10):
2 Torna (shuva) dunque, Israele, al Signore tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità.
3 Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: "Togli ogni iniquità: accetta ciò che è bene e ti offriremo il frutto delle nostre labbra.
4 Assur non ci salverà, non cavalcheremo più su cavalli, né chiameremo più dio nostro l' opera delle nostre mani, poiché presso di te l'orfano trova misericordia".
5 Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poiché la mia ira si è allontanata da loro.
6 Sarò come rugiada per Israele; esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano,
7 si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell' olivo e la fragranza del Libano.
8 Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, coltiveranno le vigne, famose come il vino del Libano.
9 Efraim, che ha ancora in comune con gli idoli? Io l'esaudisco e veglio su di lui; io sono come un cipresso sempre verde, grazie a me si trova frutto.
10 Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda; poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi v'inciampano.
E questo per tutto l'anno, fino al prossimo Rosh haShanah. Non trovate sia molto bello? E allora siamo saggi, siamo giusti, vestiamo il tallit dei comandamenti e, al suono dello shofar, dedichiamo in po' del nostro tempo ad un buon esame di coscienza per ritornare a Dio che ci accoglie all'ombra delle sue ali e ci guarisce da ogni infedeltà, amandoci di vero cuore.
Lo storico Enrico Tromba ci accompagna in un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo. Iniziando dai fatti più noti di epoca moderna riporta alle origini dell’ebraismo in Calabria.
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