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Oggi, domenica 5 giugno, Solennità di Pentecoste, si celebra la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo. Con la Pasqua e il Natale, la Solennità di Pentecoste costituisce una delle feste più importanti del calendario liturgico e segna l’avvio della chiamata missionaria della Chiesa.
La solennità di Pentecoste, culmine del tempo pasquale, invita a contemplare particolarmente la presenza dello Spirito Santo, quale “compimento” della vita intima di Dio, e la sua missione storico-salvifica che attualizza ogni promessa che il Padre ha compiuto nel Figlio Crocifisso e Risorto. Egli è la “Gloria” che Figlio e Padre gratuitamente si donano (Gregorio di Nissa); agisce agli inizi della creazione; realizza pienamente le speranze messianiche con l’Incarnazione del Verbo il cui apice si compie nell’evento Pasquale; interviene nel tempo della Chiesa guidando l’opera di Dio fino alla sua perfezione ultima (Basilio Magno).
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Pur essendo Dio lo Spirito Santo è quella Persona la cui peculiarità non è annunciare sé stessa ma essere tutto per il Padre ed il Figlio, manifestando in essi la logica del suo “Essere-Amore”. Il Mistero Trinitario è conoscibile, nei limiti delle possibilità umane, perché Dio stesso, dischiudendo la sua Vita intima, l’ha comunicata come Mistero d’Amore.
Nel medioevo Riccardo di San Vittore, interpretando l’espressione giovannea «Dio è Amore» (1 Gv 6,14) ha sottolineato che l’amore vissuto implica, per sua natura, pluralità di persone; questa sottolineatura si è mostrata logicamente coerente nella meditazione del rapporto “duale” PadreFiglio. Seguendo alcune suggestioni proposte da Joseph Ratzinger si rileva come questa forma di “dualità” lascia in ombra la presenza dello Spirito rischiando di chiudersi in sé stessa.
Solo attraverso una “fenomenologia” dell’amore che riflette sul “dono” e sul “donarsi” si può evincere come il rapporto Padre-Figlio implichi un “Terzo”: non si dà una dualità neutra poiché questa rischia di risolversi o in contrapposizione che non giunge mai all’unità o in unione che dissolve i termini della relazione. Per mantenere la contrapposizione in armonia con l’unità è essenziale un’apertura che “trascende” entrambi i termini in un unico Dono il quale, coincidendo in Dio, è lo Spirito Santo come dono–comunione. Agostino di Ippona afferma che lo Spirito “è dato come dono di Dio, in modo tale che è anche lui, in quanto Dio, a darsi” (La Trinità, XV, 19, 36): come nel Mistero lo Spirito è il “Dono” che Padre e Figlio si offrono reciprocamente cosi lo stesso Spirito è il Dono per eccellenza che Essi inviano all’umanità giorno di Pentecoste. Il teologo Sergej Bulgakov, con espressioni arditissime, afferma che l’essere dello Spirito è «annientamento» perché non esiste per sé stesso ma per il Padre ed il Figlio quale gioia e amore di entrambi divenendo, a sua volta, “oggetto” del loro amore: è l’umiltà di Dio che vive il suo esser-amore “fuori” di sé, nell’altro (Padre e Figlio) come Comunione.
Questa Comunione si “prolunga” nella storia con il Dono dello stesso Spirito che dilata la “corporeità” di Cristo, Parola del Padre, mediante la nascita della Chiesa: in quest’evento il Regno di Dio non solo è in mezzo a noi (Lc 17, 21) ma è in noi e ci edifica quale popolo della nuova ed eterna Alleanza assimilato a Cristo Risorto, nel quale la storia della salvezza giunge alla sua realizzazione dotando l’umanità redenta di «un cuore nuovo» e di «uno spirito nuovo» (Ez 36, 26- 27). Nel brano di Atti si Il “Viaggio nella Pentecoste”, secondo l’artista Egardo De Guzman (Filippine) Come le colonne del Bernini, lo Spirito Santo sostiene ed edifica la Chiesa (foto Carconi /Ansa) dice che dopo che lo Spirito comunicò sé stesso ai discepoli sotto forma di lingue di fuoco, questi «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi» (At 2,1 -13).
L’icona di Pentecoste narra che i discepoli sono seduti nell’atteggiamento di chi attende la Parola per interiorizzarla. Lo Spirito Creatore, come soffio di vita (ruah) che formò il cosmo donandogli bellezza, adesso «alita» sulla Chiesa, nuova creazione, posandosi sui presenti nella forma di «lingue» (glòssai) di fuoco suscitando il dono dell’unità significato dalla forza di esprimersi con un linguaggio “universale” (katholikos).
In tal contesto Gerusalemme, luogo della Pasqua di Cristo, diviene il centro del “cosmo” dove le lingue e le culture si ritrovano unite e non “disperse” come a Babele: il Paraclito comunicando la vita divina alla Chiesa, quale “corpo” della Parola fatta carne, dona anche il “linguaggio” della Parola stessa che supera ogni barriera culturale, linguistica e geografica creando in Cristo l’unità dei figli di Dio Padre. Ciò che è intrinsecamente legato al Mistero di Cristo è attuato dallo stesso Spirito nella vita della Chiesa: Dio Padre con la sua grazia opera la comunicazione della vita del Figlio Gesù nel grembo fecondo della Chiesa per opera dello Spirito Santo a coloro che rinascono dall’acque e dallo Spirito (Gv 3,5) analogamente alla comunicazione della vita del Verbo operata dal Padre e dallo Spirito nel grembo verginale di Maria, prototipo della Chiesa, la cui figura è il fonte battesimale.
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Nel cenacolo, quale spazio “cristologico”, lo stesso Spirito sigilla nella comunità apostolica quei caratteri che contraddistinguono la Chiesa nella sua missione, “dilatando” storicamente l’azione di Cristo il quale istituisce il memoriale delle sua Pasqua (Mc 14, 22- 24; At 2,42) e dona il potere di rimettere i peccati (Gv 20,23) (leiturgia); lava i piedi ai discepoli e insegna loro a fare altrettanto (Gv 13, 5-14) (diakonia) realizza in sé l’unità, della quale l’Eucaristia è segno tangibile ed efficace (At 4, 32) (koinonia), comandando di vivere la missione evangelizzatrice (Mt 28, 19) (martyria).
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